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Pista nera, di Antonio Manzini

Creato il 19 maggio 2015 da Rivista Fralerighe @RivFralerighe

Pista Nera

Titolo: Pista nera
Autore: Antonio Manzini
Anno di pubblicazione: 2013
Pagine: 278
Casa editrice: Sellerio
Genere: Giallo
Formato: Cartaceo ed e-book

Trama (dal sito dell’editore):
Semisepolto in mezzo a una pista sciistica sopra Champoluc, in Val d’Aosta, viene rinvenuto un cadavere. Sul corpo è passato un cingolato in uso per spianare la neve, smembrandolo e rendendolo irriconoscibile. Poche tracce lì intorno per il vicequestore Rocco Schiavone da poco trasferito ad Aosta: briciole di tabacco, lembi di indumenti, resti organici di varia pezzatura e un macabro segno che non si è trattato di un incidente ma di un delitto. La vittima si chiama Leone Miccichè. È un catanese, di famiglia di imprenditori vinicoli, venuto tra le cime e i ghiacciai ad aprire una lussuosa attività turistica, insieme alla moglie Luisa Pec, un’intelligente bellezza del luogo che spicca tra le tante che stuzzicano i facili appetiti del vicequestore. Davanti al quale si aprono tre piste: la vendetta di mafia, i debiti, il delitto passionale. Difficile individuare quella giusta, data la labilità di ogni cosa, dal clima alle passioni alla affidabilità dei testimoni, in quelle strette valli dove tutti sono parenti, tutti perfettamente a loro agio in quelle straricche contrade, tra un negozietto dai prezzi stellari, un bar odoroso di vin brulé, la scuola di sci, il ristorante alla mano dalla cucina divina.
Quello di Schiavone è stato un trasferimento punitivo. È un poliziotto corrotto, ama la bella vita. È violento, sarcastico nel senso più romanesco di esserlo, saccente, infedele, maleducato con le donne, cinico con tutto e chiunque, e odia il suo lavoro. Però ha talento. Mette un tassello dietro l’altro nell’enigma dell’inchiesta, collocandovi vite e caratteri delle persone come fossero frammenti di un puzzle.
Non è un brav’uomo ma non si può non parteggiare per lui, forse per la sua vigorosa antipatia verso i luoghi comuni che ci circondano, forse perché è l’unico baluardo contro il male peggiore, la morte per mano omicida («in natura la morte non ha colpe»), o forse per qualche altro motivo che chiude in fondo al cuore.

Giudizio:
Pista nera si inserisce di diritto in quel filone di “giallo all’italiana” che, sull’onda del successo di Camilleri e del suo Commissario Montalbano, ha ridato linfa vitale alla letteratura di genere di casa nostra.
La vicenda poliziesca – così come è accaduto per il celeberrimo predecessore – si fonde con armonia con gli aspetti più classici della commedia all’italiana. Il giallo “whodunit”, così come lo intendiamo nella sua classica accezione, perde magari qualcosa dal punto di vista della tensione ma acquista appeal sul lettore grazie ad una massiccia dose di ironia, che riesce a far sposare alla perfezione l’aspetto ansiogeno e quello umoristico quasi da avanspettacolo.
Il punto di forza del romanzo è, senza ombra di dubbio, la figura del protagonista. Il vice questore Rocco Schiavone è un personaggio davvero ben costruito: scontroso, spregiudicato, a tratti addirittura irritante, ma allo stesso tempo tenace e pieno di intuito. Nonostante le asperità del carattere, è dotato di un’etica solidissima, che lo rende un poliziotto sagace e testardo, che non si piega di fronte al potere.
Rocco Schiavone non è sicuramente l’investigatore intelligente e pieno di charme a cui siamo abituati dopo decenni di frequentazione di letteratura poliziesca. È un cane sciolto che predilige i metodi spicci ed aggressivi, anticonformista fino al midollo, sessualmente esuberante, che fa largo uso di un linguaggio scurrile e che di tanto in tanto si rolla pure qualche canna nella tranquillità del suo ufficio. Ma sono proprio questi “difetti” (il virgolettato è d’obbligo) della sua personalità a renderlo unico: un moderno antieroe che, nonostante le pecche ed imperfezioni del suo essere costantemente “sopra le righe”, riesce nell’intento di risolvere enigmi apparentemente insolubili.
Pista nera è un romanzo che si legge tutto d’un fiato. È scorrevole, gradevole e ben congegnato e può contare su una scrittura asciutta, ironica ed essenziale: guarda caso le stesse caratteristiche del suo protagonista.
L’intreccio è credibile, ben orchestrato e non mancano certo i colpi di scena: quando Schiavone annusa una pista, le prove paiono spesso puntare verso una direzione opposta.
La location alpina è davvero seducente: uno sperduto angolo di mondo in cui i cognomi si incrociano generazione dopo generazione ed in cui chiunque è sempre un po’ parente del vicino di baita.
Certo, la trama non è originalissima e, a voler cercare il pelo nell’uovo, a volte i dialoghi appaiono un po’ stereotipati. Riesce però a svolgere perfettamente il suo compito: quello di un buon prodotto di intrattenimento che inchioda il lettore alla pagina, tenendolo col fiato sospeso per quasi trecento pagine.
Solo per questo meriterebbe una nota di plauso.

Antonio Manzini

Sull’autore:
Antonio Manzini (Roma, 7 agosto 1964), ha alle spalle un solido passato di attore, regista e sceneggiatore, sia per la tv che per il grande schermo. Tra i film a cui ha preso parte, vanno ricordati “Come Dio comanda” e “Il siero della vanità”.
Ha cominciato a farsi strada nel mondo letterario con i romanzi “Sangue marcio” e “La giostra dei criceti”. Il successo è arrivato però con la serie che vede protagonista Rocco Schiavone.
“Pista nera” (Sellerio, 2013) è il capostipite della serie: il romanzo con cui il vicequestore di Trastevere trapiantato in Valle d’Aosta è entrato nel cuore di migliaia di lettori. A questo libro hanno fatto seguito “La costola di Adamo” (2014) e “Non è stagione” (2015). Del ciclo di Schiavone fanno parte anche i racconti presenti nelle antologie poliziesche “Capodanno in giallo”, “Ferragosto in giallo” e “Regalo di Natale”, pubblicate da Sellerio.

Piergiorgio Vigliani



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