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Più burocrazia, sempre meno libertà di ricerca

Creato il 15 marzo 2015 da Fisiciaroundtheworld

Tbureaucracyempo fa avevo già parlato dei problemi della burocrazia nell’università italiana ed in particolare nel sistema dei concorsi. Questo problema attanaglia l’università italiana da anni ed è fra gli ostacoli maggiori ad una sua maggiore internazionalizzazione (oltre che il problema dei pochi fondi di ricerca e scarse prospettive di carriera se confrontati con università britanniche o USA). Ultimamente c’è stato un incontro sull’università presso la sede del Partito Democratico a Roma. Un’occasione per alcuni per evidenziare le tante differenze con il sistema USA e la mancanza di una direzione politica da parte del MIUR e l’eccessiva burocratizzazione dei processi di valutazione. La burocrazia a cui l’università italiana è soggetta causa seri problemi al nostro sistema della ricerca e lo rende decisamente poco attraente, soprattutto a chi lo guarda dall’estero. Ad esempio, si parla tanto del problema della fuga dei cervelli, ma quello che più conta è la scarsa presenza di docenti stranieri nelle università Italiane. Nel mondo della ricerca è normale andare a lavorare all’estero. Il problema è che l’Italia ha un saldo decisamente negativo, con molti ricercatori italiani che vanno all’estero e pochi stranieri che vengono in Italia. La cosa la si paga anche in termini economici. Nonostante l’Italia investa parecchio nei progetti di finanziamento Europei (programma Horizon 2020) e nonostante i ricercatori di origine Italiana siano tra i primi posti in classifica tra coloro che ottengono accesso a questi finanziamenti da milioni di Euro, l’Italia scende di parecchie posizioni quando si guarda la classifica delle sedi scelte per lo svolgimento dei progetti finanziati (vedere ad esempio i risultati per gli ultimi ERC starting grants e consolidator grants assegnati). Questo porta ad un saldo economico negativo a favore di paesi come Gran Bretagna e Germania (qualcuno ha chiamato questo fenomeno “Robin Hood alla rovescia”).

L’università fa (purtroppo?) parte della pubblica amministrazione per cui la politica dei concorsi è imposta dall’articolo 97 della costituzione italiana. Ma tale articolo non dice che sia necessario presentare domanda via fax o che sia necessario compilare diverse pagine scritte in un linguaggio burocratico. Inoltre, il fatto che l’università italiana faccia parte della pubblica amministrazione fa sottostare i ricercatori italiani a leggi pensate per il sistema pubblico italiano con conseguenze a volte ridicole. Ad esempio, il primo Gennaio di quest’anno è entrata in vigore una nuova normativa sulle spese della pubblica amministrazione (legge di stabilità Dlgs. 190/2014). Questa normativa si applica anche alle spese di registrazione ai convegni. Fino ad oggi, per andare ad un convegno, si pagava la quota di registrazione e si presentava la ricevuta di pagamento per il rimborso alla propria università. Adesso, per essere rimborsati, bisogna farsi rilasciare fattura intestata all’università di appartenenza o far pagare le spese di registrazione direttamente dalla propria università tramite bonifico bancario. Sembrerebbe banale, peccato che per molte organizzazioni all’estero (come l’American Physical Society o APS) il concetto di fattura intestata all’università (con tanto di indicazione di partita IVA) è incomprensibile e molte conferenze non accettano pagamenti via bonifico bancario, ma solo pagamenti online via carta di credito. Per cui, per farla breve, il sottoscritto, per poter essere rimborsato per le spese di partecipazione al April Meeting della APS, ha dovuto contattare gli organizzatori della APS negli USA per spiegare loro perché la loro solita ricevuta non vada più bene (ed hanno avuto non poche difficoltà a capire cosa volessi ed ancora non sono sicuro che sarò rimborsato al 100% dalla mia università).

Insomma invece che cercare di ammodernare l’Italia (ferma ancora all’epoca dei fax) adesso vogliamo imporre la nostra burocrazia anche all’estero. Per cui i ricercatori che vogliono lavorare liberamente si trovano sempre di più sommersi da burocrazia inutile che si presenta a noi ogni settimana (soprattutto per docenti come me che fanno anche parte di commissioni per la selezione di studenti, assegnazione di borse di studio, contratti di ricerca, etc…). L’ossessione per la burocrazia è sicuramente una delle cause per cui l’Italia è poco attraente per chi volesse venire dall’estero (ed anche per chi in Italia ancora ci lavora). Tutto questo mentre alcuni membri del governo continuano a parlare (ipocritamente a questo punto) di internazionalizzazione dell’università.



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