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Più che una bellezza stiamo una schifezza

Creato il 03 marzo 2014 da Salvatore Cugliari

I calci in culo alla nostra democrazia

La notte degli Oscar è ormai passata. La serata del cinema e dell’animazione è terminata, poche ore fa, lasciando si qualche amaro in bocca a più attori e registi, ma gratificando anche Paolo Sorrentino e la nostra penisola con il premio cinematografico per antonomasia che mancava nella nostra bacheca nazionale da oramai 15 anni. La Grande Bellezza, insomma, dopo un BAFTA Awards e un Golden Globes, è riuscita a portare a casa anche un Oscar come miglior film straniero. In Italia, però, più che una bellezza stiamo proprio una schifezza, non solo dal punto di vista economico ma soprattutto da un punto di vista democratico.

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Renzi è salito al governo da lurido ipocrita, pensando, presumendo o sperando (almeno si spera) di poter, con la stessa identica maggioranza di Letta, cambiare le cose a suon di riforme mensili. Di certo, con questa mossa, più che consenso, si è giocato la sua credibilità di rottamatore diventando, di fatto, un rottamatore rottamato dallo stesso sistema che vuole rottamare.

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Eh Civati che dice? Che racconta? Beh, Civati è, in pratica, un quaquaraquà recidivo. Uno che dice, monita, predica e sondaggia, ma che alla fine, come d’altronde la maggior parte dei politici, non combina un bel nulla, finendo per piegarsi, come sempre, alla celeberrima disciplina di partito. Tutti i politici, parliamoci chiaro, sono dei piccoli quaquaraquà. Certo, chi più e chi meno, nessuno lo mette in dubbio. Ma questo fattore rimane ben radicato in ognuno di loro o forse in ognuno di noi. Quel che è certo è che Pippo Civati, in tutto il PD, rimane il quaquaraquà più credibile sulla piazza.

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Nei palazzi del potere, negli ultimi giorni, si è alzato un  polverone. Antonio Gentile, appena nominato sottosegretario alle Infrastrutture, è stato accusato dal direttore dell’Ora della Calabria, Luciano Regolo, con tanto di registrazione telefonica successivamente trapelata, di aver fatto pressioni per evitare la pubblicazione di un articolo  sul quotidiano calabrese relativo a una indagine nei confronti del figlio. Il senatore Gentile ha subito smentito dichiarando di essere vittima di un ”macchina del fango” lanciata contro di lui e la sua famiglia. Il neo (si presume ormai ex) sottosegretario si dice martire di un complotto e preannuncia, a sua volta, querela contro il giornale che ha denunciato la sua pressione. Gente ben informata, comunque, ha rivelato che il senatore Gentile abbia messo in scena, in vista degli Oscar, questa ridicola pantomima per aggiudicarsi l’ambito premio al miglior montaggio e ai miglior effetti speciali.

Chiudo con Antonio Gentile questo mio post poiché egli incarna la Calabria che non cambia e che non vuol cambiare, incarna l’intero marcio sistema italiano, incarna quel far politica per arrivare a qualcosa e non a qualcuno, alla gente, e ci ricorda, ora più che mai, che più che una bellezza (Sorrentino non me ne voglia a male) stiamo proprio una schifezza.


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