Crediti: NASA
Si chiama Space Launch System (SLS) e sarà il razzo più potente della storia delle missioni nello spazio della NASA. La compagnia Boeing ha firmato con l’Agenzia spaziale americana un contratto per 2,8 miliardi di dollari per creare un razzo derivato dallo Space Shuttle di dimensioni enormi in grado di inviare su Marte una squadra di astronauti. Il design avanzato e flessibile di questo vettore sarà utile anche in altre missioni future: il razzo sarà utilizzato per trasportare gli astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale e per lo studio di altri oggetti del sistema solare.
Nel 2010 ill Congresso degli Stati Uniti d’America ha approvato la trasformazione dei missili Ares I ed Ares V in un singolo vettore impiegabile per equipaggi umani e merci. Inizialmente era stata prevista una versione da 70 tonnellate per immissione in orbita bassa (LEO), mentre adesso è in grado di trasportare nello spazio fino a 143 tonnellate di carico. Tutti i motori saranno alimentati da idrogeno e ossigeno liquidi. SLS misura ben 117 metri (quindi 3 volte di più rispetto ai razzi attualmente in uso alla NASA) e il suo primo volo di prova è previsto per il 2017: la prima missione sarà il trasposto della capsula Orion, il cui primo lancio avverrà senza equipaggio. SLS sarà sicuramente molto utile in missioni di rifornimenti e trasporto esperimenti nello spazio.
Il nuovo razzo della NASA supera in metri un altro vettore molto potente, il Saturn V, il colosso di 111 metri di altezza, 10 metri di larghezza e 3000 tonnellate di massa che dal 1969 al 1972 ha portato 12 fortunati astronauti sul suolo lunare. Aveva aveva una capacità di lanciare in orbita bassa 118 tonnellate (anche in questo SLS lo supera). Come molti altri razzi, compreso SLS, Saturn V è un razzo a stadi, nello specifico tre (SLS ne avrà solo due).
Finora Saturn V è stato l’oggetto più grande mai lanciato in aria dall’uomo, ma SLS sarà la nuova star delle missioni spaziali.
Crediti: immagine presa dal sito www.astronautica.us
Fonte: Media INAF | Scritto da Eleonora Ferroni