Una proposta a dir poco curiosa e singolare giunge dalla Calabria, e potrebbe presentare risvolti interessanti su tutto il territorio nazionale per il prossimo futuro, incentivando la lettura. In sostanza, il concetto alla base dell’iniziativa è molto semplice: “più libri si leggono, meno tempo si resta in carcere”. Una relazione di proporzionalità inversa, dunque, tra il numero di libri letti ed il periodo di detenzione: la lettura diverrebbe, dunque, una strada per i detenuti per provare ad alleggerire le proprie pene ed, in particolare, per ogni libro letto in cella i detenuti potranno usufruire di tre giorni di sconto di pena, fino ad un massimo di 48 giorni di riduzione della pena cumulabili in un anno a seguito della lettura di sedici volumi nel giro dei dodici mesi.
L’idea della lettura in carcere come mezzo per ridurre le pene ha già ricevuto l’approvazione da parte del Consiglio Regionale della Regione Calabria e dovrà passare ora al vaglio della Giunta Regionale e poi del Parlamento. Non si tratta, però, di un’idea “Made in Calabria” ma è stata “importata” dal Brasile dove viene definita “Rimborso attraverso la lettura”. Nella terra Carioca, infatti, un simile esperimento è già stato effettuato ed ha rivelato positivi riscontri anche dal punto di vista del riscatto personale dei detenuti.
Alla luce dell’”appetibilità” della lettura per i detenuti, dunque, dovrà poi essere studiato anche un adeguato meccanismo di controllo e di valutazione dell’effettivo espletamento degli “obblighi” e a tal proposito è stata prevista la presenza di un’apposita commissione di educatori carcerari che, di volta in volta, esamineranno i detenuti in merito alla loro conoscenza degli argomenti dei libri letti evitando, così, il rischio di facili “scorciatoie” nella lettura.
Quali saranno gli ambiti di applicazione dell’iniziativa? Di certo solo le pene di durata superiore a sei mesi di reclusione, al fine di evitare un’eccessiva riduzione per le pene brevi: nel caso delle pene medio-lunghe, invece, l’iniziativa della lettura in carcere potrà essere considerata una sorta di “indulto fondato sulla cultura”, che potrebbe avere il vantaggio di evitare il sovraffollamento delle carceri e, soprattutto, anche importanti ricadute al termine del periodo di pena, nel reinserimento sociale degli ex detenuti.
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