Ci sono andato anche perché ammetto di aver ricevuto un biglietto gratuito. Ma a quanto pare entrano gratis in parecchi oltre agli addetti ai lavori, cioè: basta che dimostri di aver scritto un libro puoi entrare. Se il prossimo anno non riesco a scroccare niente mi sa che stamperò qualcosa da lulu.com, con tanto di ISBN strafigo in copertina.
E' sabato, è pomeriggio. Mi aspetto un'orda di gente assetata di libri e di cultura, ma quest'orda di gente non la vedo. Non ho una buona memoria e frequento poco le fiere se non quella di Lucca Comics, e lì fai veramente fatica a camminare per quanta gente c'è. Sembrano esserci, insomma, meno persone del solito. Meno gente disposta a comprare, soprattutto. Gli stand più frequentati sono quelli della Minimum Fax, Fanucci e alcuni dedicati alla letteratura per bambini come Gallucci. In quest'ultimo ho comprato l'unico libro che mi ha veramente convinto: Filastrocche della Melevisione di Bruno Tognolini di cui vi parlerò in un prossimo post.
Badate bene, io descrivo ciò che ho visto dalle 16:00 alle 19:30 di sabato, poi magari in altri giorni e in altri orari la situazione era completamente diversa.
Stranamente mi annoio. Quando so che non posso comprare molti libri non mi diverto. Le case editrici sono quasi sempre le stesse e le conferenze di quel giorno a me non interessano proprio. Giro gli stand, tra libri, magliette e tazze da tè. Ebbene sì, si vendono anche magliette e tazze da tè. Adesso potete andare a leggere i blog dei puristi delle fiere del fumetto che si lamentano della stessa cosa quando trovano banchetti peruviani con sottofondo di The sound of silence tra un editore e un altro.
Il libro non tira e il mercato è in crisi. E' una profonda metastasi che si sta allargando alle fiere e al modo di vedere questi spazi culturali. Nel momento in cui in una fiera si accetta chi vende (oltre ai libri) magliette e tazze da tè lasciando fuori tante piccole case editrici che hanno bisogno di visibilità allora si fa una scelta rivolta verso il mercato e alla sopravvivenza della fiera stessa, non certo rivolta alla cultura, alla visibilità delle piccole case editrici o alla tanto amata bibliodivesità sintetizzata dal nome. Tra le piccole case editrici che hanno disertato c'è anche la Delos, una delle poche disposte a pubblicare fantascienza.
Altre piccole case editrici si lamentano perché ritengono questa fiera un circuito chiuso, in cui è quasi impossibile accedere, e sono quindi rimaste fuori. Altre come la Zero91, invece, rivendicano con fierezza di essere dei veri editori, di quelli all'antica, che non chiedono soldi agli autori e che sono disposti a investire il proprio capitale sociale in nome della cultura.
Questo editore ha esposto un grande cartello a proposito, lo potete vedere in foto, e a questo editore ho fatto i miei più sinceri auguri di poter andare avanti a lungo, integro e fiero, a differenza delle altre case editrici a pagamento presenti nella fiera (io ne ho contate tre, ma mi hanno detto che sono molte di più, basterebbe fare un controllo per scoprirlo con certezza).
Gli editori a pagamento non fanno cultura e a questo punto mi chiedo se anche questa fiera faccia cultura. E' cultura quella del gruppo Albatros, del Robin Edizioni e dei vari stand che ti riempiono di volantini con scritto: "Hai un libro nel cassetto?" o di quelli che propongono concorsi per racconti in cui bisogna pagare per partecipare? No, quello semmai è il mercato del pesce. E sono fiero di aver scroccato un biglietto di ingresso per il mercato del pesce. Due anni fa una piccola casa editrice vendeva i libri incartandoli nel giornale come facevano una volta i pescivendoli prima che questo fosse considerato antigienico. Ecco, non ricordo il nome della casa editrice, ma quella geniale strategia di marketing è una efficace sintesi di quello che è sembrata a me questa fiera.
Per il resto, l'unica vera conferenza me la sono creata da solo incontrando e parlando con un amico che purtroppo vedo poco. Fabio Bartoli, autore di Vado, Tokyo e torno e Mangascienza.
Ah, a quanto pare la fiera è in crisi e tra i tanti tagli effettuati nei mesi scorsi ci sono anche quelli alla cultura. Strano, di solito è un settore a cui tutti tengono.