Trovandomi a redigere il resoconto della mia seconda esperienza alla Fiera del libro di Roma “Più libri più liberi”, esordirei dicendo proprio che, appunto, quella di quest’anno non è stata la mia prima volta in Fiera. E che bissare è stato un piacere. A differenza di taluni saloni del libro, che (per la disperazione dei veri bibliofili) somigliano tanto a delle enormi librerie, la Fiera di Roma è contraddistinta da un carattere decisamente più solare, oltre che sobrio. Mi spiego: proprio come in libreria, anche in certi saloni troviamo editori e autori di bestseller esibiti in primo piano, mentre gli editori e gli autori meno noti sono collocati all’ombra dei primi, in fondo, negli angoli più riposti. La Fiera di Roma ha invece il pregio di dare visibilità alla piccola e media editoria, e il bello è che qui la promozione non è né piccola e né media, ma è immensa.
Chiarisco il concetto. Personalmente, non mi infastidiscono né la grande editoria e né la pubblicità di cui godono taluni autori (purché siano diventati famosi, e non nati famosi, e allora magari se la meritano pure). Il problema della promozione, tuttavia, sussiste ed è innegabile. E mi riferisco alla discrepanza fra la teoria (possibilità, da parte del lettore-acquirente, di scegliere fra tutti i libri che vuole, senza barriere o divieti) e la prassi (impossibilità di fatto, da parte del lettore-acquirente, di operare una scelta che sia davvero un’autentica scelta). Insomma, per farla breve: come potrei anche solo voler leggere dei libri di cui ignoro l’esistenza? Questo, direi, è il nodo gordiano della faccenda. Ma non mi dilungo su questo punto, anche perché illustri pensatori come Adorno, Benjamin e Horkheimer hanno già detto abbastanza sull’industria culturale, sull’imperativo categorico del devi adattarti (alle logiche di mercato), sulla cultura di massa e sulla denominazione impropria di quest’ultima (dato che, in realtà, non si tratta di una cultura della massa, che scaturisce o viene prodotta da essa, ma che viene semmai imposta ad essa). Ma torniamo alla nostra Fiera.

Andrea Corona




