Magazine Diario personale
"Non puoi farlo!"
Sarah entrò nella stanza degli ospiti come una furia, facendo sbattere la porta contro il muro.
Alex sedeva sul letto, con le mani in grembo, le spalle rilassate e lo sguardo perso nel vuoto.
"Non posso più fermare la reazione a catena. Il programma è distrutto."
Parlò con voce atona, senza guardarla, lo sguardo fisso davanti a sé.
"Allora vuoi davvero che finisca così? *BAM!* un gran botto e... e... Game Over?!"
"Cosa vuoi che faccia?!" scattò Alex, saltando in piedi e poi afflosciandosi di nuovo sul letto.
"L'attività nel nucleo sale rapidamente. Non posso ricostruire il programma in così poco tempo. È finita!"
Si nascose la faccia nelle mani e cominciò a singhiozzare sommessamente.
Sarah le volse le spalle.
"Mi dispiace, Alex, ma dovrò infrangere la nostra promessa" sussurrò. "Non posso lasciarti morire così."
Amy avvertì una fortissima fitta al petto, che s'irradiò alla spalla e al braccio sinistro.
Le ginocchia cedettero e si accasciò sul pavimento di piastrelle del centro commerciale.
"Che ti succede, Amy?" esclamò Dennis, preoccupato, chinandosi su di lei.
"È pallida e la sua pelle è diventata fredda e... sudata" disse Rebecca.
Amy chiuse gli occhi, perché aveva le vertigini e uno sfarfallio di puntini neri davanti alla faccia. Eppure, sapeva che quel dolore non le apparteneva. Si sforzò di riprendere il controllo.
Il dolore scomparve e riprese a respirare liberamente. Con l'aiuto di Dennis si rialzò.
"Dennis, Becca. Sono stanca. Ho freddo. Vorrei tornare a casa."
"Ma certo! Chiamo un taxy!" disse Dennis, il miniPhone in mano. "Non mi sembra il caso di prendere la metro."
Sieg era perplesso. La ragazza si era improvvisamente accasciata.
L'ologramma che riproduceva la camera cilindrica del nocciolo stava virando dal verde al giallo.
I valori sugli schermi salivano in maniera costante. Qualche minuto e sarebbero andati fuori scala.
La ragazza gli aveva mentito? Allora perché era svenuta? Aveva portato a termine la missione.
L'ordine ricevuto era di far esplodere il reattore, no? La sua reazione non era logica.
"È inutile che cerchi una logica nelle azioni di Alex, perché non c'è."
Era stata la ragazza a parlare. Sieg la vide alzarsi in maniera innaturale. Sembrava un'automa.
"Ascoltami, perché abbiamo poco tempo e io non posso restare qui fuori a lungo."
Sieg non capiva. Stava... parlando con un'altra persona?
"Sono una personalità alternativa generata dall'inconscio di Alex per controllare le sue facoltà. Ce ne sono altri come lei. Quelli che ti hanno creato, sono come Alex, o sbaglio? Vieni dalla Fondazione Asgard. Alex si è arrovellata tutto il tempo. Alla fine, la conclusione era logica. Non fate parte della Federazione. Avete una tecnologia troppo avanzata per essere tirapiedi dell'OSF. L'unica altra forza in gioco con il potere e la tecnologia per potersi permettere di infiltrare un'intera nave nella Flotta è Midgard. O meglio, la Fondazione Asgard dei fratelli Ratatosk."
"Come fai ad avere tutte queste informazioni?"
"Semplice deduzione. Alex era troppo agitata per unire i punti."
"Alex... È il nome della ragazza?"
"Ah, giusto, a voi ha rifilato uno dei suoi alias. Io mi chiamo Sarah, comunque."
Sieg lanciò un'occhiata all'ologramma del nocciolo. Stava virando verso l'arancione.
Sarah colse il suo sguardo.
"Ascoltami!" esclamò, per attirare la sua attenzione e si portò una mano al petto. "Questo corpo è in stato di shock. Sto usando l'abilità nascosta di Alex per mantenerlo in condizioni di relativa stabilità, ma non posso prolungare questa condizione per più di pochi minuti. Non posso nemmeno fermare la reazione a catena, perché il programma che controllava il reattore è andato. Fritto da un daemon che Alex non ha visto finché non si è attivato e a quel punto era troppo tardi. Il daemon era programmato per buttare Alex fuori dal sistema, surriscaldare il nocciolo e friggere il computer."
"Potrei lasciarti qui. Alex... La ragazza ha ammesso di essere una spia. Che la sua missione era far esplodere il reattore."
La colonna stava virando dall'arancio al rosso.
"Alex vi darà tutte le informazioni che vorrete sui suoi... chiamiamoli datori di lavoro. Mi sembra uno scambio equo. Dopotutto, voi di Midgard, eravate qui per carpire informazioni, no?"
Lo schermo che guardava sulla camera del reattore saltò e si spense.
"Gli scudi anti-radiazioni non sono progettati per proteggere questa sala se l'attività nel nucleo supera i livelli di guardia. Se restiamo ancora qui, friggeremo come le uova col bacon. Allora?"
"Davvero non puoi più fare niente?"
"No. Ti conviene portarci via da qui e dire al tuo capitano di far evacuare tutte le navi in orbita. Questo pianeta diventerà una supernova tra venti minuti e poi un buco nero."
"Che ne sarà dei soldati e della popolazione che non è stata ancora evacuata?"
"Diciotto minuti."
"Ammiraglio McIntyre!" ringhiò Tabatha all'immagine dell'ammiraglio della Flotta Maelstrom sullo schermo olografico della plancia. "Non m'interessa se i suoi soldati sono ancora sul pianeta! Non c'è tempo per evacuarli e se non si dà una mossa e non porta le sue navi in un altro Sistema perderà tutta la Flotta! Quante volte ancora debbo spiegarle che - ?!"
Un giovanissimo sottufficiale con il badge giallo e arancione degli ingegneri comparve nello schermo.
«Vecchi trichechi barbuti!» pensò Tabatha.
"Hm. Quindi i rilevamenti confermano...?" chiese McIntyre all'ingegnere.
Il ragazzo chinò il capo in un cenno d'assenso.
"Quanto tempo abbiamo?"
"Quindici, forse diciassette minuti."
"Non potevate puntarli prima i vostri scanner?! Crawford! Ordina alla Flotta di fare un salto d'emergenza! Non m'importa se andiamo a sbattere contro un asteroide! Roberts! Chiamami il Constellation! Voglio le navi da trasporto e gli altri vascelli di supporto fuori da questo Sistema! Il più velocemente possibile! Rendez-vous nel Sistema α Pollux!"
La connessione s'interruppe bruscamente e lo schermo olografico scomparve.
Tabatha si ricompose e tornò ad occupare la propria poltrona di comando.
"Sieg è rientrato? La ragazza è con lui? Bene. Facciamo un salto d'emergenza nel Sistema φEridani. Poi faremo rotta per Midgard."
Amy guardava la televisione rannicchiata sul divano del salotto, raggomitolata sotto un vecchio plaid, con il suo peluche preferito in braccio e il gatto che faceva le fusa accoccolato sul bracciolo del divano.
"Si è sentita male improvvisamente mentre eravamo al centro commerciale..." stava spiegando Dennis, mentre Amy guardava le news sull'assedio di Genesis City mangiandosi un'unghia.
"Sarà stato per il freddo" lo tranquillizzò la signora Owen. "Ora le preparo una bella tisana."
"Noi dovremmo andare, signora Owen" disse Rebecca, tirando il fratello per un lembo della giacca.
"Certo. Fate attenzione quando attraversate la strada."
Rebecca trascinò Dennis in veranda e poi in giardino. La madre di Amy chiuse la porta.
"Ti porto un latte caldo con il miele? Ho anche fatto dei cupcakes con la glassa al limone."
"Non ho fame, mamma. Lasciami guardare la tv."
Sua madre sospirò.
"Lo sai che quando fai così sei proprio uguale ad Alex?"
Eriko aveva sbocconcellato un po' di carote al burro mentre guardava la tv sullo schermo olografico della sua cabina.
Le news parlavano più che altro delle tattiche di guerriglia urbana che l'OSF avevano messo in atto per contrastare l'avanzata dei soldati federali in città e ogni tanto inquadravano spezzoni della rappresaglia.
Ancora nessuna news sullo stato dell'evacuazione e sul numero di profughi che avevano raggiunto il porto spaziale.
Ogni tanto vedeva qualche shuttle attraccare sulle altre navi, dalla vetrata del suo alloggio, ma non aveva più saputo nulla della sua famiglia o dei suoi amici.
Amici. I suoi due amici del cuore, con cui era cresciuta, con lei fin dall'infanzia, erano morti su quel treno.
Eriko prese un sorso d'acqua e si sforzò di finire il piatto, ma non aveva davvero fame.
Quando prese un morso dal muffin al cioccolato però dovette riconoscere che era delizioso e lo mangiò tutto, spazzando via anche le briciole.
Non si sarebbe davvero aspettata che l'accomodassero così bene su una nave militare.
Probabilmente era un'eredità dei tempi in cui la Federazione era un popolo di esploratori.
Se devi passare tanto tempo nello spazio, perché costruire navi scomode? Meglio delle belle navi da crociera mascherate da navi da guerra, no? Era logico.
A un certo punto sentì un gran tramestio di passi in corridoio e le luci prima si spensero e poi divennero rosse.
«A tutto l'equipaggio» risuonò la voce del capitano all'interfono. «Stiamo per eseguire un salto d'emergenza. Tutto il personale si rechi alla propria postazione e si prepari per il salto! Questo è un codice rosso!»
Eriko vide le altre navi eseguire le manovre per liberarsi dall'orbita del pianeta e poi sparire.
Le luci rosse non si erano ancora spente. Ebbe paura e corse a rannicchiarsi sul letto, sotto le coperte.
La tv continuò a ripetere le stesse notizie, finché, in seguito a un lampo accecante e a una spaventosa onda d'urto, lo schermo olografico saltò e si spense.
Amy poteva vedere l'imbarazzo e lo smarrimento dell'anchorman e della sua collega in studio, quando il collegamento con Genesis City saltò improvvisamente. Lo si poteva leggere loro in faccia!
Non avevano la minima idea di cosa fosse successo. Sapevano solo che non riuscivano più a recuperare il segnale.
Venne mandata la pubblicità. A quel punto Amy spense l'oloschermo.
"Mamma, vado a stendermi. Portami un latte con i biscotti in camera. Voglio i choco chips!"
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