Vi avviso, se state pensando di stare per leggere la scaletta del concerto di stasera dei Pixies, avete sbagliato blog.
Perchè come dice Francesco, qui regaliamo emozioni e a me i resoconti maniacali dei concerti non hanno mai emozionato molto. Quindi preparatevi ad un’altro tipo di lettura, io non scrivo quello che non leggerei. E sono una che scrive sermoni lunghi lunghi quando l’argomento tocca le sue corde. Quindi sedetevi, prendetevi una mela (tenetene un po’ per dopo che il viaggio è lungo), e mettete un vinile dei Pixies sul giradischi.
Oggi è stata una giornata particolare. Io lavoro nell’edificio accanto all’Alcatraz e ogni volta che c’è un concerto, mi luccicano gli occhi nel vedere la mattina i preparativi per i concerti, i primi banchetti delle t-shirt che a pranzo si sono già moltiplicati e che fanno compagnia a poco a poco al pullman degli artisti.
Però mi contengo sempre dalla voglia di urlare dalla finestre dell’edificio dove lavoro: “Arrivo! Stasera vengo anch’io!” e non solo perchè i colleghi mi prenderebbero per matta, credetemi che sarebbe il meno
Oggi era diverso, lo ammetto mi sono avvicinata più volte alla finestra. Oggi c’erano loro, i miei Pixies.
E ripeto, i miei Pixies. Perchè io la musica la divoro da sempre, ma ci sono pochi gruppi che sento miei, ovvero che considero essenziali nella mia vita.
I Pixies gli ho scoperti a Londra. Era il 2001, diciamo che mi ero trasferita per studiare l’inglese, fare una scuole di fotografia..ecc (no, non ero scappata di casa, quella è un’altra versione un bel po’ più intimistica), e vivevo in una casa senza finestre.
Eh sì, perchè quando l’avevo affittata non me n’ero accorta che pur di smollare la stanza a qualcuno avevano messo una splendida plastica finto vetro.
Che cosa c’entra questo con i Pixies? Io e la mia conquilina, la Nana (con cui dividevo sempre stanze di un metro quadrato e due materassi buttati lì), la notte non dormivamo perchè faceva freddo. E lavoravamo duro, io in un supermercato e lei in un coffee bar e la mattina andavamo a scuola..chi aveva tempo per trovare un’altra casa? Quindi ascoltavamo la musica dei conquilini (che la notte facevano casino probabilmete per scaldarsi..). Così una notte ci siamo ritrovate ad ascoltare Monkey Gone to Heaven. Io sono uscita di testa. E la notte dopo e quella ancora. Il coinquilino in questione per fortuna era un ossessivo come me. Quando un pezzo mi piace, lo metto a ripetizione, lui aveva la stessa abitudine odiosa per il resto degli abitanti della casa ma adorabile per me e per la Nana. E così ho conosciuto i Pixies. Con la loro canzone dal testo più visionario e fantascientifico.
Poi sono passata gli anni, io ho accumulato cd dei Pixies, ho abitato in diverse case (per fortuna con le finestre), ma loro c’erano sempre.
Anche quando a Madrid all’università ho fatto il mio primo video. “Fate un collage di cose che vi rappresentino”. Io non sapevo montare ma sapevo che dovevo riuscire a mettere insieme una cozzaglia di cose. Ecco, una cozzaglia stramba di cose era l’espressione massima di quello che ero. Così ho montato la musica di In Heaven con Eraserhead di Lynch e poi ho continuato con l’ordine sparso di assurdità. Calcolate che da quel video poi è nata la mia passione per Eraserhead e la mia tesi. Su YouTube ho trovato qualcosa di simile che vi consiglio:
E un paio di volte ho provato a vederli in concerto. Nulla, succedeva sempre qualche sfiga (perchè io una buona dose di sfiga me la porto sempre dietro con nonchalance) e clamoroso fu l’anno che andai al festival di Benicassim e non li vidi perchè arrivai in ritardo post furto di tutto quello che mi ero portata a dietro. E oggi stavo per perdermeli un’altra volta. Ancora.
Mi sono ritrovata in ufficio senza biglietto. Attaccata all’Alcatraz. I bagarini, i banchetti delle magliette, i pullman dei musicisti. Tutti lì pronti per iniziare. Io no invece. Così lontana, così vicina. Sold out. Mannaggia a me e alla memoria neuronale che a volte fa black out e che non mi ha permesso di comprare per tempo il biglietto.
Esci torni a casa e sulla strada i bagarini ti fermano. Ma io i bagarini non so mai se mi vogliono dare la sola o no. T’immagini se spendi magari 60 euro per un concerto e il biglietto è fake? Doppio colpo al cuore. Il mio cuore di scossoni ne ha già avuti abbastanza. Meglio di no quindi. Sono tornata a casa mesta mesta. Doccia e caffè. Poi però mi sono ascoltata Where is My Mind e mi sono messa in marcia verso l’Alcatraz, così come automatismo senza pensarci. Dritta dritta come uno zombie appena risorto.
E sono entrata. Non vi dirò come e perchè (niente di scabroso o niente che abbia compromesso le mie finanze), ma a me è sembrato che venisse giù una scimmia dal cielo e mi facesse un regalo indescrivibile. Il concerto l’ho passato saltando e non stando ferma, lo ammetto, l’emozione era tanta e la concetrazione poca. Ed è per questo che stasera sto scrivendo di getto con Hey in sottofondo, ben sapendo che il vicino di sopra mi odierà e che non vi ho detto una sola parola della scaletta. Hanno suonato bene, non preoccupatevi. Qualsiasi cosa vi diranno i maligni acidelli, hanno spaccato.