Il termine placebo e indica una preparazione farmaceutica a base di sostanza farmacologicamente inerte
Il termine placebo deriva dal latino “placere”, “piacerò”, e indica una preparazione farmaceutica a base di sostanza farmacologicamente inerte. L’azione placebo è uno dei fenomeni più facilmente riscontrabili nella pratica medica e nella ricerca clinica, ma al tempo stesso uno dei più misteriosi e controversi.
Essa, infatti, dipende da una molteplicità di parametri che si riferiscono:
- al farmaco: modalità e frequenza di assunzione, costo, conoscenza del farmaco e degli effetti positivi o negativi;
- al medico: professionalità, autorevolezza, capacità di ascolto, empatia, fiducia nella sostanza che prescrive e capacità di convincimento, ritualità nella prescrizione;
- al paziente: personalità, capacità di affidarsi e fidarsi, aspettative rispetto alla sua malattia e alla sua possibilità - voglia di guarire.
Ovviamente molte di queste variabili agiscono in modo non sempre consapevole e qualsiasi effetto terapeutico indotto da un trattamento può trovare una spiegazione attraverso l’effetto placebo. Così il placebo può assumere le connotazioni più diverse: dispregiative quando si riferisce a farmaci venduti senza basi scientifiche, positive quando si vuol dire che in ogni caso un trattamento fa qualcosa di utile, neutro quando è impiegato come elemento di confronto negli studi clinici controllati. Va ricordato che spesso la medicina usa farmaci di non provata efficacia per quella determinata patologia o i cui effetti benefici si manifestano verso patologie differenti da quelle per le quali il farmaco aveva avuto l’autorizzazione (es: la carbamazepina per la nevralgia trigeminale è diventato uno dei principali farmaci per il trattamento dell’epilessia).
Bisogna inoltre considerare che l’efficacia terapeutica è valutata differentemente dal medico e dal paziente: per il medico quello che importa è il miglioramento oggettivo della sintomatologia, per il paziente la valutazione è soggettiva ed è focalizzata più sui sintomi e sulla sensazione di benessere e non sempre coincide solo con un miglioramento del dato obiettivo.
Si parla di effetto placebo per indicare gli effetti positivi della relazione medico paziente sulla guarigione. L'"ambiente" che si crea intorno ad un paziente e al farmaco che si somministra con l’aspettativa di successo terapeutico non possono essere separati dalla valutazione oggettiva e dalla percezione di miglioramento che un paziente ne può avere. Tale situazione è peraltro difficile da definire anche all’interno di studi clinici controllati in cui il placebo avrebbe un ruolo neutro.
È, quindi, difficile definire i confini del placebo e impossibile escludere l’effetto placebo in qualsiasi relazione medica a prescindere dalla sostanza che il medico prescrive. Se, infatti, per la conoscenza biologica della malattia la relazione non serve, per la conoscenza della persona malata e della sua storia essa è indispensabile. I farmaci, così come ogni altra prescrizione, sono vagoni che viaggiano sui binari di una solida relazione: se questa manca resteranno inefficaci. La maggiore attenzione, ormai persa dalla medicina ufficiale che pensa di supplire all’umanità con il tecnicismo, che il medico pone al paziente e che si esplicita attraverso un’accurata anamnesi e un attento ascolto, secondo alcuni spiegherebbe da sola l’aumento dei pazienti che si rivolgono alla medicina omeopatica e le guarigioni che ne derivano.
Sarebbe così “l’effetto placebo” della relazione a spiegare l’aumento di utilizzo dell’omeopatia e delle medicine così dette complementari. Uno studio per valutare l’effetto placebo in pazienti che fanno uso di terapie non convenzionali ha però mostrato come questi pazienti siano più ansiosi di quelli che usano i farmaci convenzionali in contrasto con l’evidenza che la riduzione dell’ansia è il marcatore dell’effetto placebo. Considerare l’omeopatia alla stregua di un placebo è dovuto al fatto che il modello biochimico non riesce a individuare, oltre una certa diluizione e dinamizzazione, la presenza quantitativa della sostanza di origine. Questo vuol dire che l’omeopatia di per sé rappresenta una sfida alla farmacologia e alle sue basi e come tale incontra inevitabili resistenze.
La medicina non è una scienza assoluta ma è il prodotto della cultura e nello stesso tempo apporta cambiamenti culturali: il non aver ancora compreso il perché una cosa funzioni non ci autorizza di per sé a escludere che possa funzionare, oltre il solo “effetto placebo”. Trials clinici hanno infatti evidenziato come la medicina omeopatica abbia effetti differenti e superiori a quelli del placebo.