martedì 23 luglio 2013 di L'Abattoir
Tratto da “Tutta colpa della maestra“
Uscì quella mattina che sentiva ancora il sapore di caffè nella bocca e si leccava le labbra ancora calde della tazzina. E si aggiustò i baffi prima di tirare la sigaretta mattutina. Di lavoro ancora ce n’era e non poteva fermarsi.

Il padre svegliò tutti quella notte e per sette giorni e sette notti correva per il paesino e gridava in faccia a tutti il nome della draga, ma nessuno sentiva, chiudevano le gelosie e tornavano alle loro case che tanto le cose non cambiano. Pure un bambino era scomparso perché diceva che l’aveva vista la femmina nera, la draga, mangiare quell’uomo. Che poi va a finire che la draga si mangia il drago, femmine voraci che succhiano sangue e fottono i loro figli. Passarono gli anni e chi doveva parlare parlò, con la forza, dentro alle mura della Vicaria Nova. Qualcuno diceva che sapeva dov’è che riposa adesso. Il bastardo della femmina nera nel frattempo pure la sua donna s’era presa, vigliacco fino alla fine fu. Lo Stato ci andò e se lo portò, ma quando era vecchio e non ci potevano fare niente. Nel frattempo tanto ancora altri ne arrivarono di figli della femmina nera e tutt’ora vanno girando anche se lo Stato dice che c’è stato in quella terra e che fa tante cose per combattere la draga, anche se ogni tanto gli piace allo Stato starci con la draga. Se questa fosse stata una favola di quelle belle arrivava un principe su un cavallo bianco a sconfiggere la draga e a liberare la terra. E di principi un poco ne vennero e la draga se li mangiò uno ad uno manco se fossero ciliegie che una tira l’altra. Ma questa non è una favola bella e un principe azzurro che uccide la draga non c’è mai stato. Ora però gli uomini che se lo ricordano sanno dove piangere Placido Rizzotto.
VB
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