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Planetes – vol. 3

Creato il 14 agosto 2012 da Elgraeco @HellGraeco

Planetes – vol. 3

Siamo al terzo volume, il penultimo della saga di Makoto Yukimura e avete ragione, sono passati mesi da che ho recensito il secondo. Ma dovete anche capire quanto siano stati difficili questi mesi per me, e il desiderio che avevo di mollare tutto. E la colpa è, senza giri di parole, di alcuni di voi internauti.
Ma sono sopravvissuto, il blog è sopravvissuto. E la storia, lo slice of life, di questo manga straordinario va in crescendo, affrontando… ma no, non è il verbo giusto, evolvendo il rapporto dell’umanità col cosmo, posta di fronte a un cambiamento, non foss’altro di prospettiva, quella delle infinite distanze siderali. Uno spazio che, rapportato a noi, ci restituirebbe l’esatta misura di ciò che siamo, un rumore di fondo impercettibile nell’universo, alle prese coi corpi celesti.
Sì, certo. Siamo sempre uomini, esseri umani, stiamo lasciando la nostra culla, il nostro pianeta e stiamo scoprendo quando possa essere bello muoversi senza peso. Bello e letale, se si indulge in quella terribile malinconia che induce a riflessioni estreme sull’esistenza, scoprendola vuota.
Hachi continua a prepararsi fisicamente e mentalmente al viaggio verso Giove, e nel frattempo fa esperienza dello spazio. Idee e percezioni nuove conducono a soluzioni nuove. Il viaggio è atto spaventoso, ancor più verso l’ignoto.

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Planetes – vol. 3

Yukimura si prende il lusso di raccontarci altri spaccati di vita, lo stupor malinconico di Hachi che esce per un picnic sul lato nascosto della luna, abbandonandosi a pensieri e ricordi, lasciandosi avvelenare dalla radiazione cosmica.
E di seguito, rientra sulla Terra, a incontrare un’ex-collega addetta alla raccolta del Debris, i rifiuti spaziali. Si permette di confessare che non ha appetiti sessuali, che tutto ciò che lo muove, adesso, è la prospettiva del viaggio, la speranza di trovare nuova consapevolezza. Ciò che invece lo terrorizza è la paura di non avere un posto in cui tornare. Dicono che sia quella, l’unica ragione per cui certi astronauti si perdono nel buio spaziale, e non fanno più ritorno.
E allora l’amore che nasce così, per caso, da uno scambio di battute tra lui e l’amica, ritrova quello scopo di serenità e solidità alla quale aggrapparsi.
Mentre, i ragazzi, sulla terra, non hanno altro sogno, tramite razzi amatoriali preparati e lanciati fuori dell’atmosfera, non hanno altro sogno dicevo, se non quello di staccarsi dalla roccia sulla quale sono nati, e andare via.

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Planetes – vol. 3

Dicotomia complessa, quella di Yukimura che continua a regalarci uno scenario futuristico, l’anno 2077 terrestre, tra i più credibili, realistici e magnifici che abbia mai visto. In più, ci riesce attraverso la plausibile evoluzione della scienza e tecnica, senza elementi estranei che giungano a ravvivare la trama, secondo il non sempre utile sense of wonder.
La meraviglia, in Planetes, è suscitata dalla profondità delle tavole scure, dalla prospettiva culturale che da esse promana. Questo, sempre che si sia lettori abbastanza sensibili per immedesimarsi.
Provate a pensare a voi altri, seduti sul lato oscuro della luna, al buio, o alla sola luce d’un lume, mentre tentate di godervi pace e tanquillità dallo stress del vostro mestiere di astronauti.
Immaginate il silenzio assoluto che vi circonda e ditemi se questo non vi toglie il fiato.
Se al contrario avete bisogno di alieni, scazzottate e tecnologie improbabili, o tipico humour adolescenziale, vi restano due alternative: crescere e leggere Planetes, oppure lasciar perdere.

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E non spiace nemmeno dirlo, dato che ho tra le mani un’opera che nobilita il fumetto quale mezzo d’espressione artistica, data la profondità dei contenuti.
Non credo di essermi mai espresso in tali termini riguardo a altri film e/o libri, ma sono certo che me ne pentirò. La mia ammirazione per quest’autore è incondizionata. Certo, forse perché tocca e gestisce con maestria temi che vorrei arrivare io stesso a padroneggiare, perché incontra il mio favore nella gestione mai banale anche dei rapporti umani più elementari e, in definitiva, perché tratta temi assoluti con rispetto e sensibilità. In pratica è impossibile non ammirarlo.
E mentre tutto il mondo si eccita per pratiche sessuali ridicole descritte in un libro anche più ridicolo, o dibatte se la tecnologia eBook distruggerà la cultura perché non è di carta (ovvero, dibatte di stronzate, come piace fare alla gente), ci si può, grazie a Yukimura, rilassare un’oretta con la lettura di uno dei suoi volumetti, e tornare a sognare come quando eravamo bambini e ci domandavamo il segreto degli aquiloni.
Applausi.

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