Troppi libri ma troppo poco tempo: quanti di noi lettori hanno questo problema? Inutile cercare scuse, l'accumulare libri è un vero e proprio disturbo ossessivo-compulsivo: entriamo in una libreria e, pur sapendo che gli scaffali di casa minacciano crolli mortali al nostro passaggio, dobbiamo comprare un nuovo volume.
La nostra è una sorta di fida alla Fortuna e al Tempo, i grandi antagonisti dell'essere umano, è come se quell'aggiungere tomi ad una mobilia pronta ad esplodere fosse una sfida agli equilibri del mondo che potrebbero travolgerci o come se fossimo convinti di poter trovare davvero tutto il tempo per esaurire gradualmente le scorte. Non illudiamoci: non succederà mai!
Sulla bibliofagia si sono espressi, nel passato, illustri personaggi, e ho pensato ad una sorta di processo virtuale in cui si fronteggiassero un centellinatore di pagine e autori da gourmet e un insaziabile ghiottone. Il primo è l'emblema della moderazione antica, Lucio Anneo Seneca, il secondo il tormentato e vanaglorioso Francesco Petrarca. Due personaggi che, se si sentissero affibbiare queste definizioni, si rivolterebbero nella tomba, ma il privilegio di essere posteri ci permette questo ed altro.
Fin dall'apertura delle sue Lettere morali a Lucilio, precisamente dall'epistola II, Seneca raccomanda al suo giovane pupillo di essere parco e attento nella selezione delle sue letture, di non sprecare il suo tempo vagando da un autore all'altro come da un luogo all'altro senza meta:
Bada, poi, che questa lettura di molti autori e di volumi d'ogni genere non abbia un che di vago e instabile. Bisogna acquisire dimestichezza e nutrimento da alcuni autori, se vuoi trarne qualcosa che risieda fermamente nel tuo animo. Chi sta ovunque non sta in nessun luogo. Quelli che passano la vita in continui spostamenti avranno molti ospiti, ma nessun amico. Di conseguenza, è inevitabile che ciò accada anche a quelli che non si applicano con impegno nello studio, ma si spostano in fretta da un'opera all'altra. Non giova né dà nutrimento al corpo il cibo che appena assunto viene rigettato, niente ostacola la salute quanto il continuo cambiamento delle cure, la ferita non cicatrizza se vi vengono continuamente aggiunte medicazioni, non si rinvigorisce la pianta che è spesso trapiantata: non c'è cosa tanto utile che arrechi vantaggio in un fuggevole passaggio. L'abbondanza di libri è una distrazione; e dunque, poiché non puoi leggere tutti i libri che puoi possedere, è sufficiente che tu possieda quelli che puoi leggere. Mi dirai "Ma voglio sfogliare ora questo libro ora un altro". Assaggiare molte pietanze è tipico di uno stomaco viziato: i cibi variegati non nutrono, ma intossicano. Dunque leggi sempre gli autori già apprezzati e, se qualche volta ti farà piacere rivolgerti ad altri, torna poi ai primi.
Notiamo che Seneca, che raccomanda a Lucilio di selezionare accuratamente le sue letture per non sprecare il proprio tempo, non si trattiene dall'abusare degli attimi tanto preziosi della vita del suo giovane amico, pensando bene di spedirgli ben centoventiquattro missive: professione di umiltà come se piovesse, insomma.
Dall'altro lato della barricata c'è, invece, il poeta laureato Petrarca, che, nello scrivere all'amico Giovanni Anchiseo ( Familiares III, 18), lo invita a ricercare nuovi volumi che possano soddisfare il suo bisogno di leggere, leggere e leggere, un atteggiamento che è in linea col fervore della ricerca degli autori antichi di epoca preumanistica:
Ma, perché tu non mi creda libero ormai da tutti gli umani errori, sappi che ancora mi possiede una insaziabile brama, che fino ad oggi non ho potuto davvero né voluto frenare: infatti mi scuso entro di me col dirmi che la brama di cose degne non è da ritenersi indegna. Aspetti che io ti dica di che genere di malattia si tratta? Ecco: non riesco a saziarmi di libri. E sì che ne posseggo un numero probabilmente superiore al necessario; ma succede anche coi libri come con le altre cose: la fortuna nel cercarli è sprone a una maggiore avidità di possederne. Anzi coi libri si verifica un fatto singolarissimo: l'oro, l'argento, i gioielli, la ricca veste, il palazzo di marmo, il bel podere, i dipinti, il destriero dall'elegante bardatura, e le altre cose del genere, recano con sé un godimento inerte e superficiale; i libri ci danno un diletto che va in profondità, discorrono con noi, ci consigliano e si legano a noi con una sorta di familiarità attiva e penetrante; e il singolo libro non insinua soltanto se stesso nel nostro animo, ma fa penetrare in noi anche i nomi di altri, e così l'uno fa venire il desiderio dell'altro. [...] E tu, se davvero mi vuoi bene, a qualcuno dei tuoi colti amici da' quest'incarico: che vadano in cerca per la Toscana, frughino negli scaffali de' religiosi e degli altri uomini studiosi, se possa uscirne fuori qualcosa che valga non so se ad acquietare o ad acuire la mia sete.
Sono proprio curiosa di sapere come giudicate gli atteggiamenti dei due autori e se comprendiate più quello composto di Seneca o quello febbrile di Petrarca, se, stoicamente, anche voi selezionate con cura i vostri volumi o se, al contrario, volete gustare mille pietanze diverse, anche a costo di imbattervi in qualche cibo sgradito, perché, in fondo, il piacere della lettura fa passare in secondo piano anche la delusione di una scelta sbagliata. Ditemi tutto, cari lettori!
C.M.