Uno dei metodi di assuefazione delle masse usate dalle lobby anticlericali e pro-death è quello di sostenere che il proprio Paese sia uno degli ultimi retrogradi a non riconoscere una tale legge, come ad esempio quella sull’eutanasia. Se chi opera questo tipo di pressione psicologica è un attimo più scaltro, eviterà di parlare direttamente “eutanasia” per concentrarsi sul tanto sbandierato (quanto inesistente) “diritto umano all’autodeterminazione”. Questo comportamento lo si è visto dopo il suicidio assistito di Lucio Magri, quando si è voluto far credere -come scrive Alessandra Nucci su “La Bussola Quotidiana”- che l’eutanasia sarebbe legale oltre che nel Benelux (i Paesi nord europei di Olanda, Belgio e Lussemburgo), una popolazione totale che è meno della metà di quella italiana, anche in Canada, Australia e in “alcuni stati” degli USA. Ovviamente è tutto falso.
In Canada, continua l’articolista, l’eutanasia è punita senza eccezioni, ai sensi della sezione 222 del Codice penale, ovvero come omicidio. La sezione 241 dello stesso codice vieta il suicidio assistito e precisa che è proibito assistere, favorire o consigliare il suicidio. In Australia, nel 1995 lo stato del Northern Territory fu il primo nel mondo ad approvare una legge per il “diritto di morire”, con il nome di “Diritti dei malati terminali”, ma nel giro di nove mesi fu abrogato dal Parlamento federale australiano. Oggi l’eutanasia volontaria e il suicidio assistito sono illegali in tutti i territori australiani e le uniche leggi riguardante il fine-vita sono quelle in tema di “direttive mediche avanzate”, nessuna delle quali permette di chiedere un’assistenza attiva al suicidio. Negli Stati Uniti l’eutanasia è illegale ovunque e il suicidio assistito è permesso solo in due stati su 50, l’Oregon e Washington.
Significativo invece è l’osservare il prevedibile piano inclinato a cui sono andati incontro coloro che hanno approvato l’eutanasia. La Svizzera, ad esempio, ha legalizzato il suicidio assistito per “motivi compassionevoli” nel lontano 1942 e oggi è meta di “suicidio turistico”. Arrivano stranieri in buona salute e coppie sposate che hanno fatto un “patto per il suicidio”, il fondatore dell’Istituto “Dignitas” definisce il suicidio assistito una “meravigliosa opportunità”. Nel 2007 ha esteso il servizio benevolo anche a chi è affetto da malattia mentale, ivi compresa la curabilissima depressione. Un altro caso tipico è l’Olanda, che nel 1973 ha depenalizzato l’eutanasia limitatamente all’atto compiuto da un medico per “compassione” verso un malato terminale. Dopo quasi vent’anni la Corte Suprema olandese ha approvato il suicidio assistito per i depressi, nel 1995. Appena due anni dopo, nel 1997, è arrivato il permesso di eutanasia per i neonati disabili. Oggi, attesta la rivista medica The Lancet, l’8 per cento delle morti infantili deriva da iniezione letale. Nel 2006 in Olanda si prevede l’eutanasia dei bambini al di sotto dei 12 anni (Protocollo di Groningen). Nel corso di questi anni ripetuti studi statistici ufficiali attestano l’aumento costante di casi di eutanasia da quando è entrata in vigore la legge, e l’estensione del fenomeno anche a malati non terminali e sempre di più, come in Svizzera, a quelli che semplicemente non hanno più voglia di vivere. Oltretutto in Olanda la classe medica si auto-legittima, visto che chi controlla l’operato dei medici che applicano la legge sull’eutanasia, decidendo per il bene dei pazienti di farli morire, sono altri medici, anche nei casi nei quali l’eutanasia non sia richiesta.
Interessante, continua la Nucci, che in Austria, nel gennaio scorso, siano state ritrovate, vicino ad un ospedale che si voleva ampliare, delle fosse comuni con i resti di 200 malati uccisi probabilmente tra il 1942 e il 1944 in applicazione alla legge sull’eutanasia nazista. Ciò ci ricorda opportunamente che il Mein Kampf prevedeva, fra i progetti “umanitari” da portare avanti in Germania insieme all’eugenetica, anche l’eutanasia. Concludendo: chi ha legalizzato l’eutanasia è solo una piccolissima minoranza di Paesi, i quali si sono ben presto trasformati in veri e propri centri di culto della morte.