Poesia non e' mistificazione del reale

Da Lindapinta

RIFLESSIONE SULLA POESIA

di Ninnj Di Stefano Busà

Poesia non è mistificazione della realtà, o deformazione mentale, come qualcuno può supporre, è invece, una sorta di sinergia che avviene tra l’io e il senso del Bello (con la B maiuscola) che alberga in noi, ci sollecita a dare il meglio di noi stessi attraverso un linguaggio e un apparato “non transeunti” della forma: la parola viene pronunciata e fa da contraltare alla nostra più intima riserva spirituale e intellettuale.

È il linguaggio che si scioglie in mille rivoli e ci porta ad esprimere la vicenda idealizzata o almeno più aderente al ns. bisogno di Bellezza.

Sì, noi, intendo l’umanità tutta ha bisogno di questo nutrimento, come il cibo per il corpo, la poesia alimenta la spiritualità dell’individuo e ne forgia l’intelletto, che viene assorbito da una parentesi leggiadra, più lieve, meno greve che muove verso una (ir)realtà predisponente ad un linguismo meno consumato, più alto e gratificante.

Quando la poesia detta, il poeta rimane tra le sue brame, catturato dalle sue stupefacenti meraviglie, che eguagliano solo “la preghiera” .

Una volta qualcuno mi disse, rivolgendosi alla mia poesia: “tu scrivi versi come se pregassi, con la stessa fede, la stessa religiosità...” Lì per lì, mi apparve come una bestemmia, non osavo paragonare i miei versi ad una preghiera...mi apparve perciò come un complimento fuori luogo, qualcosa di forzoso, un paradosso. Negli anni pensandoci e riflettendo su quella frase infelice, capii che era ponderata e forse anche vera.

Sia vero o no, quanto l’amico esprimeva nei miei confronti, ritengo che davvero vi sia qualcosa di nobile, di elevazione spirituale, di superiore in questa umile arte.

Il poeta non parla mai a se stesso, (chi lo fa è un versaiolo della domenica) non un vero, grande poeta, perché quest’ultimo scrive per il mondo, e quasi certamente non avrà compensazioni in vita.

Salvo scoprire a distanza di cinquant’anni il suo talento e, non è il primo caso, dargli la fama che merita.

La poesia è preghiera nel senso della fede e dell’armonia che in essa vi si racchiudono. La poesia è mistero fondo, invalicabile...perché ad es. taluni individui vi sono trascinati fino allo spasimo e altri sono negati? Perché prende così tanto l’anima, da non poterne più fare a meno? Non è certo per utile, perché “carmina non dant panem” e nemmeno per convenienza, perché della poesia e dei poeti non si è mai avuto un grande giudizio: vox populi la dà come “aria fritta”, una perdita di tempo che sconfina nella nequizie e nel disincanto. Allora come si spiega questo suo andare controcorrente in un mondo che se non la respinge, quanto meno non ha riguardi e considerazioni eccelse per il poeta? Credo che a spiegare la sua origine e la sua validità sia il DNA, si nasce poeti, si può migliorare, potenziare il suo plusvalore, la sua autentica vena, ma alla base di tutto si deve essere appassionati di una lingua che nessuno insegna, la cui maestra è l’anima e da essa trae nutrimento e forma, sensibilità e ispirazione verso un sentire che ci qualifica e ci rende la facoltà di capire l’eccellenza dell’intelletto, traducendolo in parole che non sono state mai usate, e che ci rendono superiori ontologicamente.


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