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Poesie dei bambini di Terezin

Da Fiaba

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La fiaba

Martedì 27 Gennaio 2015 11:00 Scritto da redazione

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Le poesie sono state pubblicate dal sito dell'Unione delle Comunità Ebraiche in occasione del "Giorno della Memoria" e riteniamo utile dare massima visibilità a queste opere. La lettura a volte è un ricordo, non sempre piacevole, ma che fa parte di ciò che siamo e pertanto non va cancellato.

A volte la fiaba evoca tempi lontani con il suo "C'era una volta", ma le fiabe devono sempre mostrare anche come affrontare le paure per dare ai bambini il coraggio di trovare una via di felicità e serenità per affrontare il futuro.

Voi, nuvole grigio acciaio

Voi, nuvole grigio acciaio, dal vento frustate,
che correte verso mete sconosciute
Voi, portatevi il quadro dell’azzurro cielo
Voi, portatevi il cinereo fumo
Voi, portatevi della lotta il risso spettro
Voi, difendeteci! Voi, che siete fatte solo di gas.
Veleggiate per i mondi, semplicemente, spazzate dai venti
come l’eterno viandante aspettando la morte
voglio una volta così come voi – i metri misurare
di lontananze future e non tornare più
Voi, cineree nuvole sull’orizzonte
Voi, siate speranza e sempiterno simbolo
Voi, che con il temporale il sole coprite
Vi incalza il tempo! E dietro a voi è il giorno!

Vedem, Hanu Hachenburg (1929 morto nel 1944)

Sono Ebreo

Sono ebreo ed ebreo resto
anche se dalla fame morirò
così al popolo non recherò sconfitta
sempre per il mio popolo sul mio onore combatterò
Orgoglioso del mio popolo sono
che onore ha questo popolo
sempre sarò appresso
sempre di nuovo vivrò

Franta Bass

 
Nostalgia della casa

E’ più di un anno che vivo al ghetto,
nella nera città di Terezin,
e quando penso alla mia casa
so bene di che si tratta.
O mia piccola casa, mia casetta,
perché m’hanno strappato da te,
perché m’hanno portato nella desolazione,
nell’abisso di un nulla senza ritorno?
Oh, come vorrei tornare
a casa mia, fiore di primavera!
Quando vivevo tra le sue mura
io non sapevo quanto l’amavo!
Ora ricordo quei tempi d’oro:
presto ritornerò, ecco, già corro.
Per le strade girano i reclusi
e in ogni volto che incontri
tu vedi che cos’è questo ghetto,
la paura e la miseria.
Squallore e fame, queste è la vita
che noi viviamo quaggiù,
ma nessuno si deve avvedere:
la terra gira e i tempi cambieranno.
Che arrivi dunque quel giorno
in cui ci rivedremo, mia piccola casa!
Ma intanto prezioso mi sei
perché mi posso sognare di te.

1943 Anonimo

 
Lacrime

E dopo di loro la rassegnazione giunge,
lacrime
senza le quali la vita non è,
lacrime
ispirazione alla tristezza
lacrime che scendono senza tregua

Alena Synkovà


Una volta

Una volta una volta arriva
Una volta la consolazione appare
Una volta compare la speranza
Una volta terribilmente si sfoga
Una volta una brocca di lacrime scoppia
Una volta alla morte dice “Taci ormai”
Una volta arriva il giorno giusto
Una volta d’acqua sarà il vino
Una volta di piangere smettiamo
Una volta le ferite si rimarginano
Una volta Giuseppe, Dio questo
vincolo di schiavitù getta
Una volta anche Erode
muore impazzendo dal terrore
Una volta Davide pastore
di porpora si colorirà la tunica
colui che lo inseguiva
diventa storpio il vecchio Re Saul.
Una volta ha fine anche il dolore
della malinconica esistenza
una volta arriva il salvatore
per levare il giogo ai soggiogati
Una volta saremo se vuole il Signore
A Canaan portati
Una volta l’aloe fiorirà
Una volta la palma i frutti dà
Una volta tutto quello che è paura
Una volta passa la nostra povertà
Una volta entriamo nella tenda di Dio
Una volta, una volta per noi germoglierà.

Ivo Katz

Lettera a papà

Mammina ha detto, che oggi debbo scriverti
ma ho avuto tempo, nuovi bimbi sono arrivati
dagli ultimi trasporti e giocare volevo
non mi accorgevo come fugge l’istante.
Mi sono sistemato, dormo sul materasso
per terra, per non cadere.
Almeno non c’è bisogno di farsi il letto
ed al mattino dalla finestra vedo il cielo.
Ho un po’ tossito, ma non voglio ammalarmi
così sono felice quando corro in cortile.
Oggi da noi una veglia si terrà
proprio come in estate al campo degli scout.
Canteremo canzoni conosciute
la signorina suonerà la fisarmonica.
So che ti meravigli di come stiamo bene
e che sicuramente ti rallegreresti di stare qui con me.
Qualcos’altro, papà: vieni qui presto
e sia più lieto il tuo volto!
Quando sei triste, mammina allora si dispiace
e dei suoi occhi mi manca lo splendore.
E hai promesso di portarmi i libri
che veramente da leggere non ho nulla,
per favore vieni domani prima che sia buio
del mio grazie puoi essere sicuro.
Ormai debbo finire. Da parte della mamma ti saluto
con impazienza aspetto il suono dei tuoi passi
nel corridoio. Prima che di nuovo con noi sarai
ti saluta e ti bacia il tuo fedele ragazzo.

Hajn

 
E’ così

In quella che è chiamata la piazza di Terezin
è seduto un piccolo vecchio
come se fosse in un giardino.
Ha la barba e un berretto in testa.
Col suo ultimo dente
mastica un pezzo di pane duro.
Mio Dio, col suo ultimo dente:
invece d’una zuppa di lenticchie
povero superstite!
"Koleba":

M. Kosck nato il 30.3.32 morto il 19.10.44 ad Auschwitz
H. Loewy nato il 29.6.31 morto il 4.10.44 ad Auschwitz
Bachner (dati anagrafici non accertati)

Tutti questi bei momenti
si son persi senza rimedio
la mia vita non ha una meta
e per cercarla non ho più le forze.
Ancora una volta soltanto
la tua testa nelle mie mani, prendere
poi chiudere gli occhi
e nelle tenebre andarsene in silenzio.

Anonimo

La farfalla

L’ultima, proprio l’ultima,
Così ricca, smagliante, splendidamente gialla.
Se le lacrime del sole potessero cantare contro una pietra bianca…
Quella, quella gialla
E' portata lievemente in alto.
Se ne è andata, ne sono certo, perché voleva dare un bacio d’addio al mondo.
Per sette settimane ho vissuto qui,
Rinchiuso dentro questo ghetto
Ma qui ho trovato la mia gente.
Mi chiamano le margherite
E le candele che splendono sull’abete bianco nel cortile.
Solo che io non ho visto mai un’altra farfalla.
Quella farfalla era l’ultima.
Le farfalle non vivono qui, nel ghetto.

Pavel Friedmann. 4-6-1942

Paura

Oggi il ghetto prova una paura diversa,
Stretta nella sua morsa, la Morte brandisce una falce di ghiaccio.
Un male malvagio sparge il terrore nella sua scia,
Le vittime della sua ombra piangono e si contorcono.

Oggi il battito di un cuore di padre narra del suo terrore
E le madri nascondono la testa tra le mani.
Adesso qui i bimbi rantolano e muoiono di tifo
Il loro sudario sconta un’amara tassa.

Il mio cuore batte ancora nel mio petto
Mentre gli amici partono per altri mondi.
Forse è meglio – chi può saperlo? –
Assistere a ciò oppure morire oggi?

No, no, mio Dio, voglio vivere!
Senza vedere dissolversi i nostri numeri.
Vogliamo avere un mondo migliore,
Vogliamo lavorare – non dobbiamo morire!

Eva Pichová, dodici anni, Nymburk

Il giardino

Un piccolo giardino,
Fragrante e pieno di rose.
Il viale è stretto,
Lo percorre un piccolo bambino.

Un piccolo bambino, un dolce bambino,
Come quel fiore che sboccia.
Quando il fiore arriverà a fiorire
Il piccolo bambino non ci sarà più.

Franta Bass

 
I bambini di Terezin

Fra i prigionieri del ghetto di Terezin ci furono all’incirca 15.000 bambini, compresi i neonati. Erano in prevalenza bambini degli ebrei cechi, deportati a Terezin insieme ai genitori, in un flusso continuo di trasporti fin dagli inizi dell’esistenza del ghetto. A maggior parte di essi morì nel corso del 1944 nelle camere a gas di Auschwitz. Dopo la guerra non ne ritornò nemmeno un centinaio e di questi nessuno aveva meno di quattordici anni. I bambini sopportarono il destino del campo di concentramento assieme agli altri prigionieri di Terezin.

Leggi la loro storia: I bambini di Terezin.


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