Magazine Cinema
Comincio con il grande Mario Soldati dal suo ultimo film come regista: "Policarpo, ufficiale di scrittura", che vinse a Cannes nel 1959 il premio come Miglior Commedia. Siamo solo all'inizio quindi, e subito è un Olimpo, film meraviglioso in ogni suo aspetto. Chiudo l'incipit citando cosa dissero 2 illustri personaggi riguardo al Mario Soldati scrittore (fonte wiki):
"Fra gli scrittori del novecento italiano, Soldati è l'unico che abbia amato esprimere, costantemente e sempre, la gioia di vivere. Non il piacere di vivere, ma la gioia; il piacere di vivere è quello del turista che visita i luoghi del mondo assaporandone le piacevolezze e le offerte ma trascurandone o rifuggendone gli aspetti vili, o malati, o crudeli; la gioia di vivere non rifugge nulla e nessuno: contempla l'universo e lo esplora in ogni sua miseria e lo assolve."
Natalia Ginzburg
"L'assoluta leggerezza della scrittura di Soldati significa fraternità. Il suo rapporto col lettore non è autoritario, ma mitemente fraterno."
Pier Paolo Pasolini
Esprimere la gioia di vivere... la sua scrittura significa fratenità...
Chi non vorrebbe parole simili sulla propria lapide, dette poi da cotanti personaggi? Non mi metterò certo a fare la biografia del grande scrittore ed intellettuale italiano, ma quelle 2 citazioni, e se ne potrebbero mettere altre che recitano all'unisono, sono talmente belle che era atto dovuto. E poi ribadisco, sembrano la descrizione della quintessenza di questo film!
Siamo nella c.d. Roma Umbertina (1890 - 1910). Il buon Policarpo De' Tappetti (Renato Rascel, da inchinarsi) è impiegato nella pubblica amministrazione come ufficiale di scrittura. Guadagna pochissimo, malapena ci riesce a mantenere la famiglia ed è costretto ad un vita morigeratissima. Non di meno è fiero e zelante nel suo lavoro, al punto da suscitare ben poche simpatie sia tra i colleghi che nel suo capufficio, il Cav. Pancarano (Peppino De Filippo). La scena iniziale è un gioiello di regia e recitazione, con Policarpo che arriva in ufficio per primo, ignorato persino dall'usciere che dorme; entra nel deserto ed enorme ufficio, controlla che ogni singolo componente l'essenziale cancelleria sia al suo posto, si prepara abbigliamento ed accessori per scrivere (compreso un cuscino gonfiabile per la seduta): un Monologo Muto.
Le necessità della vita impongono a Policarpo qualche piccolo opportunismo e molti piccoli risparmi. Ha l'ossessione di ottenere un passaggio di livello al lavoro, per pochissime lire in più al mese che in qualche modo potrebbero cambiargli la vita. Quando scoprirà la bella figlia (Carla Gravina, un bijoux) è insidiata ai giardini nientedimenoché dal rampollo dei Pancarano (Luigi De Filippo, figlio anche nella vita di Peppino) chiamerà i carabinieri, salvo allontanarli appena chiarità l'identità dell'insidiatore. Svariate gag tra i possibili consuoceri Rascel e De Filippo, finché il gagà dei Pancarano tornerà a rincorrer ballerine mentre la pulzella proseguirà il suo filarino con Mario (Renato Salvatori), bravo "meccanico specializzato" della fabbrica di macchine da scrivere, relazione osteggiata da Policarpo finché non scoprirà la sana agiatezza, fatta di piatti abbondanti e brocche piene di vino (e pure caffé-caffé, non quello d'orzo), della famiglia del ragazzo. Ultimo scoglio da superare l'avvento negli uffici proprio delle macchine da scrivere. A questo proposito, inconsapevolmente, troverà il capo divisione (Romolo Valli) intascare una mazzetta per garantire la fornitura proprio alla ditta dove lavora il vero amore della figlia. Lui, grande artista della scrittura e studioso dei caratteri d'ogni corpo e stile, mal digerisce il macchinario, ma troverà modo di far tornare la cosa a suo vantaggio... finale felice e spensierato ovviamente, con un po' di spettacolo, il recupero d'un cavallo imbizzarrito, nei giardini colmi del passeggio festivo, da parte di un carabiniere molto speciale: Amedeo Nazzari.
Altri premi furono il David di Donatello 1959: Targa d'oro a Renato Rascel per la migliore interpretazione. Il Nastro d'argento 1960 per i migliori costumi.
Commedia piacevolissima, garbata e ricca di battute e sfarzo storico nei costumi e nelle ricostruzioni ambientali, con dei colori sgargianti curatissimi dalla fotografia di Giuseppe Rotunno. Cast incredibilmente ricco. Oltre ai già notissimi citati ci sono piccole apparizioni anche di Vittorio De Sica (prestigiatore), Alberto Sordi (ombrellaio ambulante), Ugo Tognazzi (un professore), meno piccole quelle di Ernesto Calindri (collega di Policarpo), Tony Soler (moglie di Policarpo), e tanti altri nomi pregiati del cinema dei '50 italiani, come Memmo Carotenuto, Mario Riva, Maurizio Arena... Una particolare menzione, con l'occasione, per i genitori del meccanico Mario, interpretati da due grandi del teatro dialettale romano, icone storiche del noto Teatro Belli e coniugi anche nella vita: Checco Durante e Anita Durante (nata Bianchi).
E' un ritratto corale di un periodo particolare. L'Italia sognava il boom della democrazia e alcuni personaggi come Policarpo sognavano il personale boom economico, si ponevano come borghesia intermedia ai piedi di scale difficili da superare ma non impossibili. Fatto senza polemiche, con piccole satire sociali sempre all'impronta della verità storica, del rispetto delle persone in ogni loro ruolo e posizione sociale con tanto, tantissimo buon gusto.
Lezione di vita non solo di Cinema. Nel mio Olimpo personale, non si discute.
Robydick
Una bella carrellata di frame accompagnata dalla canzone di Renato Rascel "Il mondo cambia", nel film cantata durante il dopocena dalla famiglia di Mario.
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