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Tra un massaggio alla moglie per favorire il parto, una birra con gli amici e un barbecue in giardino, Yaron e la sua squadra si preparano intanto a liberare un gruppo di persone prese in ostaggio a un matrimonio da un gruppetto di giovani radicali ebrei.
E Yaron e la sua squadra quando si tratta di sparare non fanno tante distinzioni di razza e di religione.
Leggevo qualche tempo fa che nel mondo ogni anno vengono prodotti circa 25 mila film , più o meno, mentre in Italia ne vengono importati circa 500 tra uscite cinematografiche e in dvd o bluray che dir si voglia.
Forse per vie traverse gli appassionati possono recuperarne altrettanti, diciamo altri 500 l'anno ma mi pare cifra spropositata.
Quindi al di fuori del nostro radar visivo restano fuori sicuramente più di ventimila film l'anno.
Questo Policeman scritto e diretto dall'allora poco più che trentacinquenne Navid Lapid fa parte, per quanto mi riguarda, di quel grosso buco nero che è la cinematografia israeliana.
Buco nero perché praticamente conosciamo poco di quel cinema , anzi direi nulla a parte qualche titolo sporadico arrivato qui in Occidente ( parlo ad esempio di Amos Gitai) o qualche exploit ai vari festival specializzati come i due film di Keshales e Papushado, Rabies e il pluriosannato Big Bad Wolves.
Ora ci troviamo di fronte a questo Policeman che ha fatto incetta di premi in giro per il mondo e che comunque non è stato importato in Italia.
Avevo grosse aspettative per questo film, sulla scorta di recensioni sul filo dell'entusiasmo e forse proprio per questo al termine della visione si è manifestato un pizzico di delusione.
Intendiamoci è visione da consigliare ma non è quel quasi capolavoro che mi aspettavo.
Policeman è un film praticamente diviso in due: la prima parte in cui la cinepresa segue Yaron e la sua squadra, la loro cura per la preparazione fisica, i loro rituali di preparazione, il loro senso di appartenenza, il culto per una certa ostentazione machista fatta di bicipiti gonfi e addominali a tartaruga, una dedizione totale a un lavoro in cui ogni giorno potrebbe essere l'ultimo.
A casa è marito premuroso per la moglie che si sta avvicinando al parto, sul lavoro è veloce e letale come il suo ruolo richiede.
Nella seconda parte invece la cinepresa di Navid Lapid segue un gruppo di radicali ebrei, insofferenti delle regole e di come viene gestito il potere che decidono di organizzare il rapimento di un ricco uomo d'affari israeliano durante il matrimonio della figlia.
Inevitabile che le due anime del film si scontrino in un finale ineluttabile.
Definitivo.
Per Navid Lapid che il film lo ha anche scritto, sarebbe stato facile narrare del nemico arabo che minacciosamente sta alle porte di Israele.
E invece racconta di un nemico che viene da dentro, che trae linfa vitale dalle contraddizioni di una società complessa e stratificata come quella israeliana in cui sono presenti anime molteplici e incompatibili almeno a quanto si apprende da Policeman.
Non viene affrontata la questione palestinese, non viene neanche nominata, quello che preme al giovane regista è raccontare la questione israeliana, la protesta che sorge spontanea in tutta la nazione contro una classe politica corrotta e autoritaria, contro una crisi economica che anche lì addenta ai polpacci.
Da una parte il potere, rappresentato da Yaron e la sua squadra, potere usato anche in modo illecito ( vedi il caso della disciplinare in cui per evitare la condanna gettano le colpe di tutto al loro collega malato terminale di cancro), dall'altra il moto di protesta antagonista alla democrazia che cerca di fare sentire la propria voce commettendo un reato gravissimo che pertanto non può passare sottotraccia.
Policeman mette in scena una quotidianità scialba e ripetitiva, una routine che non ha nulla di attraente e non riesce a fondere in un unico corpo le due anime del film che si incontreranno solo nei pochi secondi finali.
E il non riuscire ad armonizzare i due racconti , presentati in sequenza, è la colpa maggiore del film che forse risulta un po' troppo costruito in funzione della scena finale.
Non hanno nulla di attraente i personaggi di questo film, anzi mettono paura per la loro asetticità in un contesto esplosivo come quello israeliano , una nazione percorsa trasversalmente da fermenti politici che vanno oltre la questione araba o palestinese che sono agitate come vero spauracchio contro tutti coloro che vogliono cambiare qualcosa.
Il merito principale di Policeman è di raccontare da dentro queste contraddizioni.
E si può perdonare il fatto che tutto venga narrato in modo piuttosto schematico.
Il pericolo dell'autoassoluzione è comunque dietro l'angolo.
PERCHE' SI : sguardo diverso sulle contraddizioni della società israeliana, finale di quelli che si fa fatica a dimenticare, per una volta l'arabo e il palestinese non sono il nemico da condannare.
PERCHE' NO : le due anime del film non riescono a fondersi, racconto piuttosto schematico, ritmo compassato nel raccontare una quotidianità che non ha nulla di attraente.
LA SEQUENZA : il saluto con abbraccio tra tutti i membri della squadra dell'antiterrorismo, anche nelle riunioni informali nel tempo libero.
DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :
I magazzini sono pieni di film che non abbiamo visto e che forse non vedremo mai
Israele è un posto molto meno brutto di quello che immaginassi
Anche in Israele esistono le Fiat Punto e i punk
Gli agenti dell'antiterrorismo quando si tratta di sparare non fanno distinzioni di razza o di religione.
( VOTO : 7 / 10 )
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