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Polillo:”Serve uno shock, gli italiani rinuncino alle ferie!”

Creato il 18 giugno 2012 da Nicola Spinella @ioparloquantomi

L’ennesima assurdità di un membro dell’esecutivo: secondo l’economista del PRI, sottosegretario all’economia del governo Monti, servirebbe a rilanciare l’economia del nostro paese.

Polillo:”Serve uno shock, gli italiani rinuncino alle ferie!”

Se fossimo in ottobre, potremmo anche prenderla a ridere, benché le affermazioni in questione provengano da un membro del governo in odor di berlusconismo. Gianfranco Polillo, economista romano, è l’unico membro dell’esecutivo che accetta di buon grado le apparizioni televisive.

Voglia di protagonismo o parole consapevoli? Forse è solo colpa di Scipione l’anticiclone, ma il presidente di Enel Stoccaggi si lascia andare ad una considerazione che lascia quantomeno perplessi. Ad un incontro con i giornalisti, in seno ad una riunione di Assolowcost, il sottosegretario ha sostenuto che per far crescere il PIL dell’1% basterebbe che gli italiani rinunciassero ad una settimana di vacanza, ovviamente a parità di costi. Questo, secondo Polillo, significherebbe produrre di più: aumentare gli input di lavoro, senza intervenire sui costi, potrebbe fornire quella scossa elettrica indispensabile per una ripartenza nel breve periodo.

Se questo governo non avesse posto in essere innumerevoli provvedimenti liberticidi, prenderemmo poco sul serio una simile dichiarazione, che viene corroborata da Polillo con dettagli che lasciano intendere come il sottosegretario non abbia ben chiaro il quadro economico italiano: secondo l’economista infatti, in Italia si lavora mediamente nove mesi l’anno, troppo pochi per stabilizzare un’economia che risente di una crisi. Certo, se si credesse davvero a questo dato, dovremmo tutti complimentarci con chi si gode ben tre mesi di vacanze ogni anno. Forse in economia i numeri assumono un valore sempre più prossimo a quello che si vuol far credere ai subalterni. Quindi, in questo caso, è probabile che 9 possa leggersi 11: salvo rarissime eccezioni, per lo più localizzate dalle parti di piazza Montecitorio e palazzo Chigi, la media italiana non sembra corrispondere a quella riferita da Polillo, dal quale avremmo piacere di farci indicare i lavoratori che lavorano così poco.

Nove mesi. Evidentemente il repubblicano, tra quelli che salutarono con immensa soddisfazione la discesa in campo di Berlusconi nel 1994 e che fino a poco tempo fa ne auspicavano l’ascesa al Quirinale, non ha ben chiara la situazione che coinvolge il mercato del lavoro italiano, dove le aziende chiudono quotidianamente nonostante i dipendenti vivano una situazione ai limiti dello sfruttamento e dove la richiesta di ferie, benché spettanti da contratto, vengono viste con sospetto dai datori di lavoro. Solitamente, i comuni mortali che mantengono la casta, non beneficiano di tutti quei giorni di cui parla Polillo, una o due settimane ogni 365 giorni non corrispondono agli oltre 90 giorni che il sottosegretario ha sognato o forse letto su qualche trattato di economia scritto magari da Elsa Fornero, altra fine economista della teoria che quotidianamente viene riportata alla pubblica gogna da un’economia reale ben diversa da quella che insegnano i libri.

Adesso è un politicante, l’ennesimo, a dire agli italiani che è indispensabile fare sacrifici per uscire dalla crisi. Secondo noi basterebbe togliere di mezzo un po’ di parassiti che divorano i libri paga delle finanze pubbliche, ma noi non vantiamo lauree e masters in economia e quindi  non potremmo permetterci simili considerazioni. Ma chi quotidianamente sopravvive alla crisi nella consapevolezza del tentativo di schiavizzazione dell’Italia, avrebbe molto da ridire sul governo dei professori che avrebbe molto da imparare dalla vita reale, fatta di contratti a progetto, a termine, lavoro nero: tutti ambiti lavorativi che le ferie le vedono col binocolo, caro sottosegretario.

Hanno voluto instaurare una partnership privilegiata con la Cina, un paese in cui i sindacati non esistono, i contratti sono scritti sui tovaglioli di McDonald e le garanzie per i lavoratori ridotte a zero. Quando si sono accorti che non era più possibile continuare a competere con un’economia dopata hanno pensato bene di iniziare una cinesizzazione dei nostri standard lavorativi: la tradizione produttiva italiana viene svenduta in nome del profitto, la qualità del made in Italy sopraffatto dai maleodoranti e ruvidi tessuti “made in PRC”. Ci si dovrebbe interrogare con compiutezza sulle ragioni della crisi, evitando di sparare baggianate dall’alto di una cattedra.

Quello che più sorprende è che secondo Polillo, ci sarebbe anche una parte dei sindacati favorevole a siffatto disegno, almeno la parte più “avveduta” (ma potrebbe essere un errore di trascrizione, magari il sottosegretario intendeva “venduta”): convincente come Passera che promette la fine dei lavori sulla Salerno-Reggio per l’anno venturo. Le garanzie che i nostri padri conquistarono negli anni passati, vengono triturate da una classe dirigente inetta e parassita.

Dopo le scelte liberticide della riforma Fornero, l’ennesimo scriteriato portavoce governo che vorrebbe far ripartire la nazione esclusivamente col sacrificio delle classi meno abbienti.

Se gli italiani rinunciassero ad una settimana di ferie l’economia potrebbe ripartire ma se avessero rinunciato alla loro classe dirigente? Forse non si sarebbe mai fermata…


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