L’intervento a Porta a Porta del Presidente del Consiglio Matteo Renzi sul bonus pensioni non è stato certamente esaustivo e non ha affrontato alcuni dei punti più critici correlati o meno alla sentenza della Consulta.
Bruno Vespa aveva ben iniziato la sua intervista, ponendo a Renzi domande pungenti sul decreto legge, che ha approvato l’erogazione di una una tantum solo a certe categorie di pensionati, poi, travolta dall’eloquenza del premier, non ha ripreso alcuni degli argomenti più scabrosi, relativi alla decisione del Governo.
Motivi per i quali il bonus pensioni non soddisfa pienamente la sentenza della Consulta
Riassumiamo brevemente i punti salienti della sentenza della Consulta che doveva rispondere a diversi quesiti d’incostituzionalità relativi al blocco della prequazione delle pensioni, adottato dal Governo Monti per gli anni 2012/2013. Ricordiamo che il blocco riguardava tutte le pensioni di ammontare superiore a tre volte il minimo sociale.
- La Consulta non ha accolto il ricorso basato sul concetto della universalità dell’imposizione fiscale (ogni cittadino deve pagare tasse in funzione dei suoi rdditi), che assimilava il blocco della prequazione ad un prelievo fiscale discriminatorio nei confronti della maggioranza dei pensionati. Il blocco della prequazione, secondo la Consulta, non può essere considerato una discriminazione tributaria, poiché non si è trattato di un maggior prelievo sulle pensioni in atto ma di un blocco delle loro rivalutazioni. Non sono uomo di legge ma a me sembra un bel bizantinismo.
- La Consulta ha accolto, invece, il ricorso basato sulla presunzione che fosse interesse dei pensionati, in particolare di quelli titolari di trattamenti previdenziali modesti, la conservazione del potere di acquisto delle somme percepite. Il decreto legge Fornero che bloccava per due anni la perequazione di pensioni modeste, anche se superiori a tre volte il minimo, sacrificava tale interesse nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio, intaccando in tal modo due diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale: la proporzionalità del trattamento di quiescenza e l’adeguatezza del principio di solidarietà. La Consulta, a questo proposito, richiamava la precedenza sentenza del 2008, quando aveva rigettato quesiti d’incostituzionalità relativi al blocco della perequazione, in quanto applicati per un solo anno e alle pensioni superiori ad otto volte il minimo. Si affermò allora che quel blocco non intaccava in modo determinante il potere d’acquisto dei pensionati coinvolti.
E’ quindi corretto quando, oggi, si afferma che la sentenza della Consulta non obbligava il governo alla restituzione di tutte le somme bloccate a tutti i pensionati, ma l’erogazione di una una tantum chiamata bonus pensioni non risponde certamente alle raccomandazioni della Consulta che, in definitiva, suggeriva di riformulare la legge Fornero. La sentenza contiene ampi spunti per una revisione del blocco delle perequazioni, e nulla ostava ad esempio, a formulare una restituzione, in modo rateizzato, delle intere somme trattenute.
Le pensioni medio alte escluse dal bonus pensioni
Uomini di Governo e del PD si sono, in questi giorni, sbracciati nel sostenere quando fosse moralmente corretto essere intervenuti sulle pensioni minime, in quanto rimanevano escluse solo 650.000 pensionati considerati fortunati e, quindi, chiamati a sacrificarsi in nome delle solidarietà verso i loro colleghi meno fortunati. Principio giustissimo, fatto salvo che, nella grande platea dei pensionati, i veri fortunati sono quelli che percepiscono mini pensioni, ottenute in età diciamo giovanili e con un minimo di contribuzione e politici di vecchia generazione percettori di pensioni multiple.
Si dimentica che in quel gruppo di 650.000 pensionati ci sono moltissimi dirigenti di aziende private che, se percepiscono trattamenti elevati, lo si deve al raggiungimento di alte retribuzioni a prezzo di notevoli sacrifici e al versamento di 30, talvolta quaranta anni di contributi. Persone sicuramente fortunate, non furbe come qualcuno ha avuto il coraggio di definirli, poiché il mercato del lavoro dagli anni 60 sino alla fine degli anni 90 permetteva di avere contratti a tempo indeterminato senza mai una interruzione.
Questo gruppo di pensionati è stato nel tempo sottoposto a blocchi della perequazione e a contributi di solidarietà che, intepretando la Consulta, sono delle vere e proprie discriminazioni tributarie; Renzi, nell’annunciare il bonus pensioni ha fatto presente che dal 1° Gennaio 2016 sarà tolto il blocco della perequazione, ma si è ben guardato di includere nella misura tutte le pensioni.
Sorge allora una domanda: come la mettiamo con il diritto della proporzionalità del trattamento di quiescenza connesso al rapporto previdenziale? E’ chiaro che continuando con il blocco della perequazioni queste pensioni perderanno sempre di più potere d’acquisto che, a un certo punto, diventerà uguale a quello di lavoratori che hanno versato contributi inferiori. Siamo sicuri che questo sia legalmente accettabile?