Obiettivamente, rispetto al passato rimane il Museo del violino, al suo esordio ampiamente criticato, ma che la stessa sinistra oggi vede come uno strumento di grande rilancio culturale urbano. La storia culturale di Cremona riparte da qui, tutto il resto si è azzerato da solo, scomparso, morto e sepolto a testimonianza che sono stati fatti molti errori di valutazione in assenza, allora come oggi, di una pianificazione a lungo termine che avesse degli obiettivi collettivi e non ambizioni personali.
Non sono mai stata fra i sostenitori del Museo, non essendo un contenitore che risponde alle esigenze della cittadinanza, specialmente di quella più giovane, ma la ragione principale del mio atteggiamento “critico” è legata ai forti condizionamenti culturali che questa realtà sarà in grado di esercitare sulle scelte future della politica locale.
Credo che questo sia il grande limite di un’operazione che non si fonda sulla progettualità e che non ha tenuto conto di tante variabili negative, puntando quasi essenzialmente sulla spettacolarità architettonica.
L’amara verità è che Cremona sarà sempre più legata alla liuteria, ma poco alla musica, nonostante i buoni propositi dei futuri candidati a sindaco, poiché questo comparto assorbirà gran parte delle risorse disponibili, impedendo alla cultura più alternativa di costruire un percorso distintivo e competitivo nello scenario nazionale.
Le cose da fare sono ovvie e non servono proclami per ricordarcelo, mentre occorre sapere nome e cognome di chi sarà il vero regista delle iniziative proposte dai partiti, colui o coloro che risponderanno in prima persona di azioni e di strategie anche quando saranno sbagliate.
Mi piacerebbe che alcuni incarichi fossero affidati alla professionalità di chi conosce la materia a 360° e non a chi ha passato la sua vita ad “appendere quadri alla pareti” o ha improvvisato un evento alla spicciolata.
Qui c’è in gioco il futuro di migliaia di giovani che non possono più aspettare, l’imperativo è uno solo: trovare gente all’altezza.