C’è un motivo ben preciso per cui ho voluto postare questo brano del 1975 di Marcella Bella, che all’epoca ebbe un discreto successo in Italia e anche in Spagna. Il motivo è il seguente: oggi nessuno si potrebbe permettere di pubblicare una canzone dal titolo Negro perché verrebbe automaticamente considerata politicamente scorretta. Il termine “negro”, che nell’italiano degli anni ’70 era usato senza accezioni dispregiative, adesso è fuori servizio, non lo si può più impiegare, dal momento che, oltre alle numerose sigle e svariati vocaboli, abbiamo importato dalla lingua inglese-americana il significato negativo di nigger. Eppure Martin Luther King, che a più riprese pronunciò la parola Negro nel suo famoso discorso del 28 agosto 1963 [1], non era certo un bianco razzista, anzi, con quel termine aveva l’intenzione di indicare proprio la discriminazione dei neri americani (the Negro still is not free)… Il Politically Correct è una visione nata nei contesti liberal e radical della sinistra americana verso la fine degli anni ’80, l’intento era quello di considerare la multiculturalità dei cittadini, di rispettare l’identità delle popolazioni attraverso un uso del linguaggio che non fosse lesivo della dignità degli individui. Questo cambiamento di lessico si è imposto gradualmente, ha permeato il codice espressivo e linguistico non solo dei “progressisti”, ma anche dei rappresentanti della destra politica. In Italia da oltre vent’anni si assiste a questo fenomeno importato, nelle pubbliche assemblee si rifugge dall’uso di parole come “negro”, “frocio” o “zingaro”, si sta molto attenti a non esporsi con dei termini che potrebbero delineare una concezione culturalmente xenofoba o omofobica del mondo. Ma dire “di colore” invece di “negro” cambia la sostanza della realtà? I razzisti esistono, hanno dei riferimenti, non conoscono i progressi scientifici in ambito antropologico, continuano a pensare le stesse cose di un fascista o di un nazista degli anni ’30, solo che, ipocritamente, non vogliono venire allo scoperto con un lessico che li smaschererebbe all’istante, salvo poi formulare degli argomenti inequivocabili. Il razzista odierno pensa “negro”, con un significato stavolta sprezzante rispetto a quello degli anni ’70, però pubblicamente dice “di colore”… Ecco la differenza. E pensando “negro” il razzista (di centro, di destra e di sinistra) intende sempre degli esseri umani inferiori, degli Untermenschen appartenenti a una cultura lontana e più bassa della nostra.
Non è mia intenzione dilungarmi troppo, altrimenti scriverei un saggio, il desiderio mio è quello di affrontare volta per volta gli aspetti controversi del Politically Correct, magari per creare un dibattito, avere dei contributi e analizzare in modo succinto questo argomento partendo anche, perché no?, da un brano di Marcella Bella, con relativo testo, che è esattamente il contrario di una canzone con intenti razzisti, nonostante la parola “negro”.
Negro
(Musica di Gianni Bella, testo di Giancarlo Bigazzi)
Marcella Bella,L’anima dei matti, 1975
Grida se mi devi dire qualche cosa che mi uccide
fallo mentre ballo perché l’anima non vede
tra boschi di bambù non ti ho visto più
e ricordo solo un viso che cantava.
Negro
non puoi fermare un ballo negro
ero la tua donna e il tuo respiro
e pregai quando vidi lei
per avere i suoi capelli lisci quando
quando sei entrato nel mio mondo
negro mi sembravi l’angelo più biondo.
Negro
piove sull’isola su due animali liberi
che giocano e si accoppiano piove su di noi
negro non puoi fermare un ballo negro
negro anche la mia vita è un ballo negro
negro.
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