Mosca. Dopo il terzo processo per l’omicidio della giornalista russa Anna Politkovskaja, nemica dichiarata di Putin e uccisa il 7 ottobre 2006 fuori casa sua, il Tribunale ha condannato tutti gli imputati, pur non individuando i mandanti.
Condannati all’ergastolo i membri di una famiglia cecena: Rustam Makhmudov e suo zio Lom-Ali Gaitukayev, ritenuti rispettivamente il braccio e la mente del delitto. Condannati per complicità nell’assassinio anche i due fratelli di Makhmudov, Dzhabrail e Ibragim, a 14 e 12 anni di detenzione. Infine, è stato condannato a 20 anni l’ex capo della polizia moscovita, Serghiei Khadzhikurbanov, perché ritenuto uno degli organizzatori del crimine.
Il giudice Pavel Melekhin ha così accolto quasi in pieno le richieste dell’accusa, che lo scorso 27 maggio aveva chiesto, oltre all’ergastolo per i due principali responsabili, pene dai 22 ai 15 anni per gli altri implicati. Non solo: è stata accolta anche la richiesta di risarcimento, equivalente a cinque milioni di rubli (poco più di 100.000 euro), da parte dei familiari della giornalista uccisa.
I cinque imputati erano già stati ritenuti colpevoli lo scorso 20 maggio da una giuria popolare, e, in un precedente processo, venne condannato ad 11 anni anche l’ex poliziotto Dimitri Pavliucenko, che confessò di aver fatto pedinare Anna Politkovskaja.
La cronista russa, molto famosa per le inchieste e i reportage da lei effettuati sulle violazioni dei diritti umani in Cecenia, lavorava per il giornale Novaya Gazeta. Il vice-direttore della testata, Serghiei Sokholov, ha dichiarato all’agenzia Ria Novosti che “le indagini sull’assassinio devono proseguire finché non sarà trovato chi c’è dietro l’omicidio”. Gli fa eco uno dei figli della giornalista assassinata, che subito dopo la sentenza ha dichiarato di non sentirsi “del tutto soddisfatto”, in quanto “individuare il mandante è la cosa più importante”.