Ovvero, pamphlet breve semiserio orgogliosamente sessista sulla letteratura per giovani donne.
Sophie Kinsella scrive romanzi per giovani donne. Con la saga di I love shopping ha venduto più di un milione e mezzo di copie nel mondo.
Helen Fielding scrive romanzi per giovani donne. Con la saga di Bridget Jones ha sfondato il tetto dei sedici milioni di copie nel mondo.
Con le dovute proporzioni pure da noi non si scherza: Federica Bosco, coi suoi romanzi, è andata oltre le 200.000 copie.
Eppure si continua a parlare di Chick Lit, ovvero letteratura per pollastrelle.
Questo innesca tutta una serie di domande: una lettrice può acquisire dignità letteraria leggendo libri che siano per giovani donne? Come mai esistono i libri per giovani donne e quelli per tutti? In altre parole: perché la letteratura di genere maschile è ritenuta più universale che maschile e ha una dignità che quella femminile si sogna?
La mia piccola rivoluzione personale inizia con l’adottare il più rispettabile giovani donne al quanto mai agreste e indecoroso termine pollastrella.
Perché, prima o poi, siamo state tutte Bridget Jones, che sì, avrà anche un diario incasinatissimo, ma vuoi mettere un po’ di placida noia ogni tanto; e siamo state tutte Becky, che sì, avrà anche accesso alle boutique più alla moda di Londra, ma vuoi mettere il negozio di golfini fatti all’uncinetto in quella viuzza che non ricordi mai il nome. Siamo state tutte Bridget Jones che dopo tanto penare e lotte con la bilancia riesce finalmente a raggiungere i sospirati 54,5 Kg e quando le amiche la vedono, le dicono: "Ti troviamo così sciupata... Sei malata?"; e siamo state tutte Becky, che in un modo o in un altro, è costretta ad affrontare il fantasma, nemmeno tanto fantasma, perfettino, magrissimo, supergattamorta e soprattutto supersingle dell’ex fidanzata del proprio compagno.Siamo tutte allora pollastrelle?
E se tanto mi dà tanto, per la proprietà transitiva dei generi letterari, perché, ad esempio, i lettori di Nick Hornby non sono tutti, per dirne una, dei poliponi?
La soluzione è racchiusa nella seguente innegabile considerazione: le donne leggono tranquillamente Febbre a 90°, sfido un uomo a leggere Che pasticcio, Bridget Jones! Una donna andrà sempre in libreria a comprare un libro scritto, in linea teorica, più per il pubblico maschile. È invece assai improbabile che un uomo vada a comprare un libro per donne. Se la storia che abbiamo tra le mani, che sia seria o comica o tragicomica o grottesca, ha come personaggio principale un maschio, sai che metterai tutti d’accordo, maschi e femmine; se come personaggio principale metti una donna, sai già come andrà a finire. La questione è che se una donna esclude a priori di poter leggere nella propria vita un romanzo di Le Carré viene trattata con aria di sufficienza, e come minimo si sentirà ripetere quella mezza dozzina di volte: “E comunque non sai cosa ti perdi” ma è del tutto regolare che un uomo si rifiuti di leggere un libro per donne liquidando la questione come “robetta da femmine” e qui, però, nessuno batte ciglio.
Lo dico come ennesimo esempio di settorialità, di come noi donne siamo più propense a intenerirci per i “loro” libri di quanto gli uomini siano disposti a farlo per le nostre romantiche melensaggini.
Pertanto, e venendo al quesito iniziale, mi tocca constatare che sì, la letteratura di genere ha maggiore dignità quando il genere è il maschile.
Eppure perché qualcosa continua a non tornarmi? Anche gli uomini si innamorano. Anche gli uomini sanno cosa significa perdere la testa per una persona che nemmeno li degna di uno sguardo. Quindi la letteratura per giovani donne parla anche a loro, giusto? Invece sembra proprio di no. Anche se poi, di lì a poco, sono capaci di commuoversi per Io e Marley.
TO BE CONTINUED