La Polonia avrebbe finanziato per almeno quattro anni l’opposizione al presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko: lo riferisce il quotidiano polacco Rzeczpospolita, precisando che una lista contenente nominativi di organizzazioni politiche, dissidenti, attivisti e media antigovernativi, oggetto del sostegno finanziario di Varsavia sarebbe sarebbe stata pubblicata su alcuni siti d’informazione statunitensi. Il documento, ritenuto attendibile, proverrebbe direttamente dal Dipartimento per la cooperazione del Ministero degli Esteri polacco. Nel documento si fa riferimento ai flussi di denaro trasferiti da Varsavia a Minsk a partire dal 2007, che fino all’inizio 2011 sarebbero serviti ad organizzazioni non governative per la formazione di attivisti in occasione della campagna elettorale del dicembre 2010. Altri fondi, in precedenza, erano stati indirizzati a famiglie di vittime delle repressioni politiche, ad attivisti per i diritti umani e a media antigovernativi, e a rappresentanti della minoranza polacca.
C’è poi un aspetto a margine della vicenda, ma non per questo di poco conto. Il programma di sostegno all’opposizione bielorussa fu varato quando al potere a Varsavia c’era l’guidato dai gemelli Jaroslaw e Lech Kaczynski alla Presidenza della Repubblica. Quest’ultimo, Presidente della Repubblica, morì il 10 aprile 2010 a Smolensk (Russia), nel tragico schianto del Tupolev su cui viaggiava, provocato da una serie di concause tecniche (scarsa manutenzione e malfunzionamento di alcuni radiofari a terra) e meteorologiche (una fitta nebbia sulla pista al momento dell’atterraggio): dalle registrazioni tra la torre di controllo di Smolensk e la cabina è emerso che i controllori di volo russi, preoccupati per le avverse condizioni meteo, circa 20 minuti prima dello schianto consigliarono ai piloti polacchi di dirottare su Minsk, da dove poi la delegazione polacca avrebbe potuto proseguire in macchina il suo viaggio verso Katyn, per commemorare i settant’anni dalla strage voluta da Stalin.
A questo punto, secondo quanto ricostruto dagli inquirenti, i piloti del Tupolev avrebbero informato della situazione i propri superiori presenti a bordo, e sarebbero stati da questi obbligati ad avviare lo stesso le manovre d’atterraggio, nonostante parere contrario dei russi: alla luce delle recenti rivelazioni di Rzeczpospolita, viene spontaneo chiedersi se Kaczynski non volle atterrare in Bielorussia perche aveva paura di qualcosa, o magari solo perchè temeva di poter offrire a Lukashenko un’occasione enorme di propaganda.