Sarà anche perché sono atea-agnostica-panteista, ma a me non piace il Natale.
Non che lo odi, mi è assolutamente indifferente.
Dice: ma dai, ci sono tanti aspetti belli, le riunioni di famiglia, le mangiate, i regali.
Le riunioni di famiglia: cioè decine di parenti che non si vedono mai durante l’anno (e un motivo ci sarà) chiusi in pochi metri quadrati. Tale vicinanza coatta causa chiaramente attriti che presto si trasformano in esplosioni, con litigi che partono per qualunque scusa, dalla sottrazione di un fagiolo secco dalla cartella della tombola all’errato ordine gerarchico nella distribuzione delle carte del Mercante in Fiera.
Per quanto riguarda il cibo, a me mangiare piace anche, ma abbuffarmi per più giorni consecutivi di cibi dalla densità calorica pari a quella delle pillole degli astronauti, ottenendo come risultato finale nausea e dolori al fegato, a me non sembra un’attività da ricercare.
Poi, a volerla dire tutta, a me piace il sushi, e il sushi a Natale non si mangia.
Nemmeno i regali mi piacciono: o meglio, i regali mi piacerebbero pure, ma a Natale, a parte pochissimi casi, la gente non fa regali ma “pensierini”, cioè oggetti totalmente inutili, spesso anche di scarso gusto estetico in una scala da bomboniera di Capodimonte a Ru Paul, che servono solo a occupare posto in casa o, come diciamo noi in Piemonte, “acchiappare la polvere”.
E ovviamente vanno ricambiati, per cui devo passare interi pomeriggi in mezzo al freddo e al casino spendendo soldi per comprare chincaglieria da dare in cambio di altra chincagliera che pagherei per non ricevere.
Ma Pontomedusa dice no. E gli unici regali che mi fanno contenta sono i soldi. Tiè.