Se il chiavare non fosse la cosa più importante della vita, la Genesi non comincerebbe di lì. (Cesare Pavese, 1937)
Qualcuno dice che mi sono raffreddata. Etciù. Grazie. Sì, ma non in quel senso. Un amico d’infanzia mi ha anche accusato di essere senza cuore (e lo perdono sempre, ma lui insiste).
Ma finitela. Per aiutare il fato a farmi trovare l’ispirazione giusta per una risposta non meno che signorile, ho passeggiato virtualmente per le strade di San Francisco, dove notoriamente il clima è dolce più dello Stilnovo (o del vino passito, as you like).
Mission nel ’96, nel pieno della rivoluzione dotcom (io trascorrevo un mese a Frisko* complicata ospite del più caro amico del mio cuteissimo ragazzo), mi impressionò più di un bianco accecante sbattuto in faccia dopo orge di optical e beat generated people, per un suo sovrastare, un restarsene frizzante ma sempre perbenino, quartiere esterno al cuore caciarone della town. Che luogo noioso. E con una fastidiosa stagnazione d’aria calda, impedita altrove in città, dalle correnti incrociate provenienti dalla Baia. Ad agosto Mission scottava, e a mezz’ora dall’arrivo, a me già erano spuntati sotto la maglietta i puntini rossi della dermatite.
A Mission, ma mica esisteva allora, invece oggi troneggia l’Armory Building (o Porn Palace). Ne parla qui su Nazione Indiana Silvia Pareschi, promossa da Davide Orecchio. Sicuramente nel ’96 era già passata la data di scadenza dello sdoganamento del sesso libero e gratuito, e una visita all’Armory Building probabilmente costa più di quanto sarei stata disposta a permettermi da neolaureata nel ’96.
Silvia Pareschi, ad ogni buon conto, riferisce i risultati di una ricerca del The Journal of Sexual Medicine: i praticanti di BDSM (praticato in modo Safe, Sane, Consensual – Sicuro, Sano, Consensuale) “risultano più estroversi, più aperti a nuove esperienze, più coscienti di sé e meno nevrotici rispetto al gruppo di controllo”.
E ciò, anche se va nella direzione di Bobbio nel ’47, quando, in difesa de Il Muro di Sartre, sostenne che
Non va in quella di Scurati, oggi, quando avverte
Per me, entrambe le affermazioni sono vere. Davanti allo spopolare della letteratura softcore posso solo sperare che, da questa all’auspicabile presa di coscienza successiva, l’umanità avanzi di un passo nella direzione di scelte (anche editoriali) Sicure, Sane, Consensuali e, perché no, non condizionate dal genere. Quando Pork potrà richiedere l’ultimo di Irene Cao senza che Cindy la viva come una prevaricazione.