(c) Errichiello Martin_Series 1_Lebe River Tales_
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Vedere e far vedere, tornare a raccontare quel che si è visto, potremmo dire che ha un senso
esistenzialistico, come l’abitudine a mangiare, a dormire, ma bisogna fare i conti con i propri limiti
linguistici, quelli che ci portiamo con noi dalla nascita, che si sviluppano nella società in cui viviamo, che riconosciamo nei silenzi dei versi, nella familiarità dei dialoghi muti.
In “poesie d’amore (o della pietra)” un progetto narrativo-visuale realizzato in Mali, stato dell’Africa nord- occidentale, abbiamo ricercato, accolto e provato a restituire un tipo di narrazione fedele alla cronologia dei sensi, fedele a tutto ciò che si sottrae ad una percepibilità spazio temporale, l’esperienza, e così il racconto non ha durata, né principio, né fine.
Il carattere processuale della narrazione viene vissuto e rappresentato all’interno del primo passaggio di una ricerca personale, un impegno né ideologico, né politico, ma un mero impegno umano, un ritorno alle origini.
Il progetto si concentra sull’atto dell’osservazione, la sua nascita dialogica, i suoi limiti, i suoi ostacoli, le sue scelte, il suo percorso.
Bisogna muovere all’azione partendo dalla propria identità più autentica, cercare il legame tra la parola e la terra.
“Albero, casa, uomo, e nasce e muore. Albero, casa, uomo e nasce e muore a tutta forza.”
La cultura nella sua interezza è traduzione, e se non sogni come sogna tuo fratello, come sogna tua madre o come sogna tuo padre sarebbe impossibile che qualcuno riuscisse a tradurre il sogno, o tradurre alcune immagini, o tradurre alcuni nessi. Ma la poesia, nel senso profondo del termine, è quanto non può essere tradotto. È solo assistendo autenticamente al respiro delle cose, che possiamo tornare all’origine dei nostri legami, e sfidando l’idea di una sola immagine ci lasciamo condurre…
“Divengo ciò che vedo”.
“Abbiamo lasciato cadere quel sicuro sguardo diretto su ciò che è reale. Non perché il nostro immaginale ci abbia condotto altrove, o perché tutte le forme di abusi alle quali siamo costretti ad assistere abbiano assorbito la sete e la fame di verità, tutt’altro, perché non siamo più capaci di amare, e quindi di scegliere,
e quindi di inseguire, e quindi di esprimere e di nuovo di amare senza simulare, nel senso di mascherare, inalberare, oscurare, travestire, imbarazzare, tacere, turbare, sbandierare, dissimulare, senza trasformare soprattutto, è per questo che questa storia e ogni storia ha cambiato e cambia i nostri corpi riempiendoli di forza d’acqua.”
“poesie d’amore (o della pietra)” progetto narrativo-visuale di Carlotta Napolitano e Martin
Errichiello.
Fotografie di Martin Errichiello.
Testi di Carlotta Napolitano.
Prefazione di Erri De Luca e Alberto Sobrero.
Casa editrice “ad est dell’equatore”, collana “i cubi”.
Istallazione fotografica dal 27 dicembre al 15 gennaio 2011 a Napoli, Castel dell’Ovo, sala delle
prigioni.
(c) Errichiello Martin_Series 1_Lebe River Tales_
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