Profumo di caffè dalla cucina, un moscone impazzito contro il vetro, lame di sole che entrano dalle finestre chiuse; la gatta dorme appallottolata sulla poltrona bella e muove ogni tanto un orecchio.
Il rumore del phon dal bagno, la tapparella della cucina che si chiude un po’ troppo di scatto: pomeriggio di settembre, partite tutte e tre – insieme, stavolta – e ti fai chiamare dalla voce squillante di Ice che ha sempre paura di arrivare in ritardo e crea ansia tutt’intorno. Lalolle si sistema i capelli, prepara la borsa da viaggio, ti invita anche lei a sbrigarti.
Scrivi queste poche righe velocemente: anche questo pomeriggio vorrai ricordare, domani. Non hai molto da raccontare, vuoi salire in macchina e stringere il volante, correre sull’autostrada, arrivare a Genova, salutare il mare che quest’anno ti è mancato tanto.
La gatta si stira, scende dalla poltrona, abbandona lo studio gnaulando e si dirige verso la sua ciotola; abbassi anche in questa stanza la tapparella, riordini qualche libro sulla scrivania; chiudi la porta del bagno e sei quasi subito pronta.
Ti porteranno via le nuvole, vedrai il cielo di Liguria: senza rileggere pubblichi ed affidi al vento queste poche parole. Senza impegno senza pretese – duecentosessanta parole, partenza, pomeriggio in città – buona giornata a chi leggerà, buona serata.
Quadri di Charles Courtney Curran
A una mia poesia
Nel migliore dei casi,
poesia, sarai letta attentamente,
commentata e ricordata.Nel peggiore
sarai soltanto letta.Terza eventualità:
verrai sì scritta,
ma subito buttata nel cestino.Potrai approfittare di una quarta soluzione:
scomparirai non scritta
borbottando qualcosa soddisfatta.
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