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Post Tenebras Lux

Creato il 23 maggio 2013 da Eraserhead
Post Tenebras LuxTerminata la proiezione di Post Tenebras Lux (2012), con i sensi ancora assaltati dalle sue immagini, l’impressione immediata è stata quella di trovarsi al cospetto di un’opera che tratta il Male come forse non era mai stato fatto in ambito cinematografico; l’afrore di zolfo, trasposizione puntuale di ben note entità, slitta però sullo sfondo, tanto che il diavolo, qui nelle vesti molto kitsch di un demone rosso fluorescente, non c’entra nemmeno poi tanto, il vero afflato luciferino che Carlos Reygadas immette nel film è un qualcosa che va straordinariamente oltre la patina della visione per incunearsi nei territori della sensazione, avamposti di un cinema che affabula per mezzo di quanto vede e che ripropone con un realismo che sa oscillare con spiazzante disinvoltura tra sogno e realtà; d’altronde in merito a percezioni, onirismo e quant’altro basterebbe prendere il prologo per farsi un’idea di cosa si ha davanti: dieci abbacinanti minuti che ti si appiccicano agli occhi e che penetrano in profondità, giù per quelle corde dell’inquietudine agguantate da una bambina che invocando il nome dei propri famigliari sotto un cielo venato dai fulmini rimanda ad altro di infinitamente più grande, uno smarrimento universale che in fondo riguarda tutti coloro che calpestano il suolo di questo pianeta. Il Male sopraccitato si sedimenta in questi rimandi, epifanie di un dolore Umano che emergono dallo spartito di un geniale concertista: il raptus di Juan nei confronti del cagnetto, le confessioni del gruppo di alcolisti anonimi, la visita dei coniugi nello swinger club francese, il tradimento del Siete e l’ammutolente conclusione che lo vede protagonista (la decapitazione: il Male è nella testa?), tutti segnali pulsanti, allarmi urgenti dentro un contesto naturalistico e non che Reygadas immortala come sa fare soltanto chi ha un talento smisurato come il suo e che sullo schermo in 4:3 scorrono e si calcificano lontani dall’artificio.
Potrà anche essere tacciato di incomprensibilità Post Tenebras Lux, si potrà additare quel zigzagare temporale che lo costituisce, le sue falle logiche o i grandi interrogativi orfani di risposte (ad esempio: Juan vivrà o no?), ma il premio per la miglior regia a Cannes ’12 è un Cinema Nuovo che a fronte di possibili mancanze squaderna una ricchezza espositiva e argomentativa che lo rende un giacimento preziosissimo, un pozzo vergine dal quale attingere a piene mani per restare meravigliati da ogni singolo approccio utilizzato dal regista: si parte dai problemi matrimoniali (retaggio, forse, di Silent Light, 2007) che seppur ordinari si ammantano di una sofferenza sottaciuta ma avvertibile per allargare il raggio d’interesse su tematiche che già sostanziavano il capolavoro precedente (Japón, 2002) e che, quindi, abbracciano l’escatologia, la fine e l’inizio di tutto. A guarnire la portata semantica l’autore messicano erige una sintassi estetica che oserei definire seminale, aldilà della costante sfocatura ovale che sborda i contorni delle riprese (principalmente quelle esterne) e che conferisce una percentuale di straniamento molto elevata, la capacità di Reygadas nello scovare continuamente soluzioni innovative stupisce ed incanta e raggiunge picchi di purezza che ancora non avevamo visto, sequenze che per quanto mi riguarda possono già passare alla Storia del Cinema come quella sulla spiaggia, teatro, peraltro, di un possibile cortocircuito anagrafico da far girare la testa, la cui incisione ottica, alimentata da un sonoro che letteralmente inonda l’apparato uditivo, consegue un livello di intensità tale da produrre con niente (due bambini che zampettano sulla sabbia) quello che chiediamo imploranti all’arte: l’emozione.
Post Tenebras Lux è, oggi, un appuntamento da non perdere perché il film di Reygadas è un film da studiare fotogramma per fotogramma, mai conciliante e sempre intraprendente un’opera del genere meriterebbe approfondimenti ben più corposi di quanto scritto in questa sede, trattato di come può e deve essere ancora il cinema contemporaneo: materia inesauribile su cui tornare e ritornare infinite volte come se ogni nuova visione fosse la prima. In un mondo come il nostro che, senza retorica, ha iniziato da tempo a scivolare in un buio denso e paludoso, la luce può arrivare da una torcia che arde tenace, da uno sconosciuto quarantaduenne nato a Città del Messico che col suo cinema anti-letterale dona Verità (sull’essere, sull’amore, sul sesso, sul dolore, ecc.) ad uno spettatore ignaro e sempre inadeguato a ricevere tali vastità. Post Tenebras Lux

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