Guai in vista per il noto servizio di Poste Italiane S.p.a. “Posta celere”: la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 46 del 11.02.2011, ha dichiarato incostituzionale l’art. 6 del D.P.R. 29.03.1973 n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni) “nella parte in cui dispone che l’Amministrazione ed i concessionari del servizio telegrafico non incontrano alcuna responsabilità per il ritardato recapito delle spedizioni effettuate con il servizio postacelere”.
La questione di legittimità costituzionale della norma appena citata è stata sollevata – con riferimento agli artt. 3 (Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali) e 24 (Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi) della Costituzione – dal Tribunale di Napoli con ordinanza del 05.01.2007.
La società Gestione Epurazione Ambiente GEA S.p.A. spedisce, per il tramite del servizio “Posta Celere”, la documentazione necessaria per la partecipazione ad una gara con procedura negoziata per l’affidamento di lavori riguardanti un impianto di depurazione. La documentazione ha come destinazione Reggio Emilia ma, al contrario, viene spedita a Reggio Calabria. Scadono i temini per la partecipazione, e la società viene esclusa dalla gara.
Pertanto, la GEA S.p.A. cita in giudizio Poste Italiane Sp.A. dinanzi al Tribunale di Napoli al fine di ottenere il risarcimento per i danni subiti a causa dell’esclusione dalla gara. La società fonda la propria pretesa risarcitoria sul fatto che sarebbe risultata vincitrice della gara – se la documentazione inviata fosse stata ricevuta in tempo dal destinatario – perchè il ribasso offerto era maggiore di quello delle altre concorrenti; di conseguenza, chiede l’integrale risarcimento, non essendo sufficiente il rimborso dell’importo speso per la spedizione – un assegno dell’importo di Euro 7,23 per “ritardo recapito invio dell’8 novembre 2002” -.
Il Tribunale adito precisa che l’accoglimento della domanda di risarcimento trova un’ostacolo insuperabile nella circostanza che, all’epoca dei fatti, trovava ancora applicazione l’art. 6 D.P.R. 156/73 (abrogato dall’art. 218 D.L. 1° agosto 2003, n. 259 – Codice delle comunicazioni elettroniche -), il quale prevede l’esclusione o limitazione della responsabilità dell’amministrazione.
Tale previsione è giudicata anacronistica, perchè il servizio postale è stato privatizzato; pertanto, c’è una ingiustificata posizione di privilegio in favore del concessionario del servizio postale, nonostante la natura privatistica del rapporto tra quest’ultimo e chi usufruisce del servizio (applicabile a tutte le fattispecie verificatesi prima dell’abrogazione da parte del D.L. 59/2003 cit.). Il privilegio descritto è in contrasto con il canone di ragionevolezza e il principio di eguaglianza sancito dall’art. 3 Cost., nonchè con l’art. 24 Cost. (in quanto non consente di far valere in giudizio il diritto ad ottenere il risarcimento in misura superiore a quella predeterminata dalla legge).
La Corte Costituzionale ha giudicato fondata la questione di legittimità sollevata dal Tribunale di Napoli. Infatti, come già precisato – in riferimento al servizio telegrafico – nella sentenza della Corte Costituzionale n. 254 del 2002, la mancanza di una disciplina regolatrice della responsabilità del gestore del servizio si traduce in un “privilegio, privo di connessione con obiettive caratteristiche del servizio e, perciò, lesivo, al tempo stesso, del canone di ragionevolezza e del principio di eguaglianza garantiti dall’articolo 3 della Costituzione” (cfr. Corte Cost. 254/2002 cit.).
Ma vi è di più. La Corte Costituzionale precisa, nella sentenza in commento, che il previsto rimborso del solo costo sostenuto per il servizio non assolve alla funzione risarcitoria del danno subito dall’utente, il quale utilizza il servizio “posta celere” proprio per la sua caratteristica di celerità e perchè offre “quel quid pluris garantito dalle caratteristiche prefissate nell’atto della sua istituzione (Decreto ministeriale 28 luglio 1987, n. 564 – istituzione del servizio di postacelere interna)”.
Pertanto, si crea una situazione di ingiustificato privilegio in favore del gestore del servizio postale; al contrario, a parere della Corte, il legislatore avrebbe dovuto realizzare un equilibrio tra le esigenze del gestore e quelle degli utenti del servizio (come da costante giurisprudenza della stessa Corte Costituzionale), poichè con la privatizzazione è venuta meno la concezione puramente amministrativa del servizio postale e, di conseguenza, “la possibilità di collegare tali limitazioni di responsabilità alla necessità di garantire la discrezionalità dell’Amministrazione” ( Corte Costituzionale, sentenza n. 463 del 1997).
Per questi motivi, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 6 del D.P.R. n. 156 del 1973, con la motivazione citata all’inizio di questa nota.
Roma, 14.02.2011 Avv. Daniela Conte
Corte Costituzionale, sentenza n. 46 del 11.02.2011
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