Anna Lombroso per il Simplicissimus
Ogni tanto qualcuno declina la solita lamentela nelle sue variabili: questo non è un paese per vecchi, questo non è un paese per donne, questo non è un paese per giovani. In realtà sarebbe più giusto dire che questo non è un paese per poveri, che di vecchi – potenti e impotenti – ce ne sono e ci stanno bene, e donne belle e spregiudicate, e delfini ben collocati. Forse, meglio ancora, si dovrebbe dire che l’Italia non è più un paese per cittadini.
E come si addice a una “mediocrazia” la Tv ne è lo specchio fedele : hanno diritto di parola e visibilità solo i già noti, i già accreditati, i già eleggibili secondo una selezione affine a quella del ceto politico e dirigente, secondo regole familiste, clientelari, di fidelizzazione e appartenenza, oppure secondo le direttive di una combinazione di spettacolo, propaganda e consumismo che ha decretato il successo di una gran varietà di prodotti commerciali: detersivi, merendine, veline, candidati.
Se ne meraviglia la presidente Boldrini, caratterizzata come sempre da una candida indole allo sbalordimento per inaspettate sorprese, poveri o donne che siano, e che si compiace che la Tarantola, quella che non si era “accorta” delle operazioni ancora meno accorte del Mps, abbia preso contezza invece che il concorso di Miss Italia rappresenta un caso simbolico di sfruttamento commerciale del corpo delle donne.
“Credo che ci si debba rallegrare – ha detto Boldrini, a proposito della decisione di cancellare il programma – di una scelta moderna e civile e spero che le ragazze italiane per farsi apprezzare possano avere altre possibilità che non quella di sfilare con un numero. Le ragazze italiane hanno altri talenti”. L’auspicio della terza carica dello Stato, è che la tv pubblica “faccia da calamita per tutte le altre tv e network che, alla Rai, sempre si ispirano”.
Proprio la televisione e tutti i media “possono fare molto per rappresentare più fedelmente l’universo femminile: solo il 2% delle donne in televisione
esprime un parere, parla. Il resto è muto, spesso svestito, non ha modo di esprimere un’opinione”, scopre l’ingenua presidente, che dimostra di essersi persa più di vent’anni di finivest, mediaset, drive in.
E che rivela di non accenderla nemmeno adesso la Tv, se si accontenta che ci venga risparmiata la sfilata di quarti di bue in passerella, lasciandoci però altro bestiame più sgradevole alla vista, che parla sillabando veline dell’agenzia Stefani, messaggi del padrone di tutte le reti, pubbliche e private, volonterose noticine della diversamente destra. Per non dire delle mogli di Briatore che zampettano, dello specchio dei tempi di Gramellini, della coprolalia della Litizzatto di opposizione e di regime tramite walter, delle posture indecenti di una generazione di fazio, ridotta a festosi stuoini, di telegiornali che – proprio nel mood della scoperta tardiva – stanno sul pezzo con qualche giorno – e qualche direttiva dall’alto – di ritardo, che si tratti di kazaki, di suicidi, di fabbriche inquinanti, di povertà e sopraffazione, per non dire della crisi e del suo svolgersi, continuamente smentita, risolta, conclusa, oltrepassata.
Ci duole dover svelare alla signora Boldrini che le donne e i lavoratori, ormai tutti quasi egualmente precari, e gli esodati, e i pensionati, e i giovani, e gli operai, e gli insegnanti, e gli impiegati, e gli immigrati, perdono l’uso e il diritto alla parola quando perdono il lavoro, quando è minacciato, insieme a garanzie e diritti, quando non sono curati, quando non hanno i quattrini per pagare le bollette, quando qualcuno viene immortalato da Bankitalia non mentre vende residuati finanziari, ma ruba una saponetta al supermercato. Le donne sono umiliate e ridotte al silenzio, non quando vanno in Tv, ma quando la Tv pubblica non è un posto che dà voce ai loro bisogni, quando l’obiezione di coscienza lede il più doloroso dei diritti, quando devono stare a casa perché solo uno in famiglia ha accesso a un posto, e si sa che gli uomini continuano guadagnare di più come in quasi tutto il mondo benedetto dai fasti della globalizzazione, quando pesa su di loro l’onere di accudire chi sta male, vecchi e inabili e bambini e matti e portatori di handicap.
C’è poco da gioire per un concorso cancellato, quando i concorsi sono ridotte a formalità per una selezione opaca di amici e amici degli amici. E dove è la bellezza ad essere stata cancellata in favore della bruttezza e della tristezza.