Dopo aver analizzato la situazione nella Eastern Conference (da chi rischia di restare fuori dai playoff a chi i playoff dovrebbe riuscire a farli), ci spostiamo sull’altra costa per dare uno sguardo a come sono cambiati, se lo sono, i rapporti di forza all’interno dell’ultra competitiva Western Conference dalla quale sono usciti gli ultimi due campioni NBA, Spurs nel 2014 e Warriors nel 2015, dopo il Draft 2015 e il mercato dei free agent. Vediamo il Power Ranking dell’Ovest partendo dalle squadre che al momento non sembrano in grado di lottare per un posto ai playoffs ma che dovranno accontentarsi di navigare a vista, sperando al massimo di inserirsi se qualcuno davanti inciampa: tra queste anche i Kings di Marco Belinelli e i Nuggets di Danilo Gallinari.
#15 Portland Trail-Blazers
E’ certamente un bel balzo all’indietro il passare dall’essere una delle imprescindibili forze ai playoff degli ultimi anni dell’Ovest all’essere probabilmente la squadra peggiore della Western Conference. Damian Lillard, per restare tra le strade di Portland, ha firmato un contratto pauroso da 120 milioni di dollari per le prossime 5 stagioni, mentre il resto del quintetto ha fatto le valigie accasandosi altrove. In cambio sono arrivati giocatori interessanti, ma non certamente al livello dei predecessori. Il cambio più radicale sarà quello tra LaMarcus Aldridge e Ed Davis, arrivato dai Lakers e decisamente meno intrigante (eufemismo) del nuovo big man degli Spurs. Ci saranno poi Gerald Henderson, Al Farouq Aminu e Mason Plumlee a completare un quintetto che è soltanto l’ombra del fantastico team visto l’anno passato. Occhio a Noah Vonleh, preso dagli Hornets insieme a Henderson nell’affare Nicolas Batum. Per il resto, i tifosi dei Blazers si prendano pure un anno sabbatico.
#14 Los Angeles Lakers
Lakers e Clippers, oggi come oggi, sono agli antipodi. I poli, però, si sono invertiti e a fare da padrone non sono più i giocatori in maglia gialloviola. Il rientro del leggendario Kobe Bryant, per altro senza avere un’idea di quali siano ormai le sue condizioni fisiche, non basta e non basterà ai Lakers per togliersi dall’anonimato in cui vivono ormai da qualche stagione a questa parte. Lou Williams, Brandon Bass e Roy Hibbert sono di un livello leggermente superiore rispetto ai due innesti dell’anno passato, Jeremy Lin e Carlos Boozer, ma non sono giocatori che avrebbero giocato in questa squadra qualche anno fa, nemmeno dalla panchina forse. E soprattutto non erano i primi obiettivi di mercato del GM Kupchak. Le speranze sono tutte nelle mani di Julius Randle, rottosi alla prima uscita della sua regular season da rookie e atteso al pronto riscatto quest’anno, e di D’Angelo Russell, grandissima speranza del futuro losangelino oltre che seconda scelta assoluta allo scorso Draft. Per il resto c’è davvero poco da dire e da sognare per questi Lakers se non che, in una delle ultime stagioni di Kobe in NBA, saranno costretti vedere i Clippers campioni mentre la sua squadra è sotto terra.
#13 Denver Nuggets
L’aver confermato il nostro Danilo Gallinari per i prossimi due anni a 34 milioni di dollari potrebbe essere l’unica buona notizia dell’estate dei Nuggets, insieme con l’ottima scelta al Draft di Emmanuel Mudiay. Ty Lawson ha lasciato Mile High City e, nell’insieme, Denver sembra molto meno competitiva anche degli scorsi due anni, in cui nemmeno ha raggiunto i playoff. Kenneth Faried è sembrato il Manimal di cui tutti hanno parlato nel tempo soltanto con la maglia della nazionale, lasciando la squadra senza la sua grinta ed energia per lunga parte della stagione. Randy Foye ed il centro sophomore Jusuf Nurkic, invece, non sono per nulla all’altezza nel quintetto di una squadra di Western Conference. Dai Rockets, in cambio di Lawson, sono arrivati tanti pezzi da valutare (tra cui il greco Kostas Papanikolaou mentre il playmaker Pablo Prigioni è stato tagliato e ha firmato coi Clippers), ma questo non basta a definire i Nuggets competitivi per la prossima corsa alla post-season. Ci sarà certamente più spazio per il Gallo per dimostrare tutto il suo talento, in una landa desolata com’è ad oggi Denver.
#12 Utah Jazz
Se la stagione fosse iniziata dopo il weekend dell’All-Star Game, i Jazz si sarebbero guadagnati i playoff a mani basse. Nel complesso della stagione, però, una squadra con una base tanto giovane, per quanto di un talento incredibilmente elevato, agli alti sono corrisposti degli evidenti bassi, che hanno avuto la meglio soltanto perché Utah si trova nella Western Conference. Dovranno però cominciare senza Dante Exum, quinta scelta del Draft dell’anno passato, che si è rotto il crociato con la nazionale australiana proprio nell’estate che avrebbe dovuto portarlo a cominciare ad ingranare maggiormente la marcia dopo una stagione da rookie certamente non esaltante, mentre Rodney Hood dovrebbe ottenere più minuti sul parquet e spingersi oltre il modesto fatturato della scorsa regular season. Si parla comunque di un classe ’95 e un classe ’92, stessa età di Rudy Gobert, centro francese atteso all’esplosione quest’anno e tra i prospetti più interessanti per il premio di Defensive Player of the Year. Di poco più giovani sono i pilastri della squadra: Derrick Favors (16 punti, 8.2 rimbalzi di media), classe ’91, e, ovviamente, Gordon Hayward, stella di questi Jazz (19.3 punti di media), che ha compiuto 25 anni a marzo. Che possano essere la sorpresa dell’Ovest?
#11 Minnesota Timberwolves
Ad Anthony Bennett, che rischia seriamente di essere tra le prime scelte peggiori mai viste nella storia del basket NBA, e Andrew Wiggins, il quale, al contrario, ha dimostrato nella seconda parte della scorsa stagione di essere un giocatore dalle prospettive straordinarie e pressoché infinite, guadagnandosi il titolo di Rookie of the Year, aggiungete pure Karl-Anthony Towns. Avrete le ultime tre prime scelte al Draft concentrate sotto un unico palazzetto e, Bennett a parte, una scorpacciata di talento potenzialmente devastante. Senza contare che i T-Wolves, oltre ad avere una fame sconfinata di vittorie, hanno, oltre al resto del quintetto composto da Ricky Rubio, sempre atteso al ritorno a mago dell’assist come nell’anno da rookie, Kevin Martin, una sentenza coi piedi dietro l’arco se in forma, e Kevin Garnett, guida spirituale, morale e tecnica della squadra, anche Zach LaVine, atleticamente e verticalmente spaventoso, e la coppia di lunghi Pekovic-Dieng, due anni fa macchina da doppie-doppie, pronti a scalpitare dalla panchina. Tempo al tempo, poi Minnesota potrà tornare ad assaporare palcoscenici migliori.
#10 Phoenix Suns
Il potenziale c’è e, almeno in teoria, potrebbe valere anche uno degli ultimi due posti per i playoff. Sono tanti i dubbi, però, che gravitano intorno ai Suns. Brandon Knight è stato confermato, più che giustamente, a 70 milioni di dollari per i prossimi 5 anni, ma l’anno passato le migliori cose le ha mostrate a Milwaukee, perdendo un po’ di smalto nel trasferimento a Phoenix. Lo stesso contratto era stato firmato da Eric Bledsoe la scorsa estate, ma la guardia non ha confermato i progressi straordinari visti nel suo primo anno in Arizona. La separazione dei gemelli Morris potrebbe essere dannosa per Markieff, che nella sua carriera non si è mai trovato a proprio agio quando è stato separato da Marcus. Il tanto desiderato arrivo di LaMarcus Aldridge avrebbe, di certo, permesso ai Suns di volare ben più alto, considerando anche l’arrivo di Tyson Chandler a far da padrone sotto canestro. La panchina, poi, non convince granché in termini di affidabilità, benché ci siano elementi, su tutti Alex Len, con talento pronto a esplodere. C’è dinamite a Phoenix, vedremo se saprà accendersi e far danni.
#9 Sacramento Kings
Una squadra con Rajon Rondo e DeMarcus Cousins tra le sue fila non dovrebbe trovarsi fuori dalle prime posizioni in una Conference, eppure ad Ovest sono solitamente le squadre più complete e affiatate a prendersi le posizioni di vertice. Certo, se Rondo dovesse trovare un feeling speciale con il compare sotto canestro, saranno dolori per tutti nell’affrontare i Kings. Ben McLemore è in crescita, ma non si è ancora dimostrato un possibile astro nascente se non in termini di agilità ed elevazione. Rondo, che ha firmato per un anno a 10 milioni di dollari, non è l’unico arrivo dell’estate di Sacramento. Tra gli altri Caron Butler, che probabilmente partirà in quintetto nonostante non sia più un giovincello, e due riserve di valore, da cui ci si attende non poco: il nostro Marco Belinelli, arrivato col contratto della vita da 19 milioni di dollari per 3 anni, e Kostas Koufos. Sarà da vedere come funzionerà il meccanismo, considerando anche un compagno di giochi difficile con cui convivere come Rudy Gay. Con l’esperienza di George Karl i Kings potrebbero anche andare più lontano del previsto.