Ho appreso dal giornale che un uomo di 41 anni si e' suicidato. Ma non e' il fatto in se che ha catturato la mia attenzione: per quanto sia contro natura, ogni giorno nel mondo qualcuno lo fa. Il punto e' che la motivazione principale che lo ha spinto a compiere questo gesto e' stato il suo lavoro, o meglio il suo non lavoro. Era precario. Uno dei tanti, dei troppi che affollano gli uffici di tutta Italia. Ma Luigi ( nome di fantasia) non era come gli altri. Lui era sensibile. Non sopportava l' idea di non avere certezze, non alla sua eta'.
Cosi' una mattina di inizio estate ha deciso che per lui era abbastanza,che non poteva piu' fare il giornalista a cottimo. Ha scritto un biglietto, poche righe, e poi l ha fatta finita, cosi', senza alcun ripensamento.
Era da tanto che Luigi ci pensava ma non l' aveva mai detto a nessuno. Si, perche'anche se l' avesse fatto gli avrebbero risposto di avere pazienza, che tanto per tutti era cosi'. Evidentemente non per lui. Non vedeva piu' speranza e quando ad un uomo togli la speranza, gli togli il futuro.
Ed e' questo che ha fatto lo stato: ci ha tolto ogni sicurezza del domani. Con le sue leggi assurde sul lavoro che ci hanno reso schiavi di un presente senza futuro.
Oggi lo stato ha ucciso Luigi, domani a chi tocca?
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