“I pullman? Mica sono di destra o di sinistra”, si difende – bello pragmatico come ormai ben si addice ai dimentichi nipotini di chi aveva pensato di liberarci dai fascisti e di affrancarci dallo sfruttamento – il sindaco Pd di Predappio che rivendica le sue iniziative di marketing legate al brand mussoliniano. E così hanno pagato 30 euro per entrare nella ridente cittadina che commemorava l’anniversario della Marcia su Roma i pullman arrivati da lontane contrade, soprattutto del nord, perché la fiaccola del razzismo, dell’oscurantismo e della violenza e non solo verbale, là ha trovato chi l’ha tenuta accesa.
Eh si perché le parole d’ordine infuocate pronunciate dall’ex sacerdote Giulio Tam, forse mai stato sacerdote ancorchè scismatico, famoso per due slogan: “la mia tonaca è una camicia nera taglia XXL” insieme a “rosario e manganello”, sono riprese direttamente dalla paccottiglia infame dei cretini con l’elmo bicorno: “Gli islamici ci danno un esempio grande, loro si fanno saltare in aria per la fede … E’ arrivata l’immigrazione, adesso tocca a voi difendere il Paese. Dobbiamo attirare le forze divine per fare le prossime battaglie: è un dovere di ogni italiano difendere la propria patria”.
A ascoltarlo dopo aver issato una scabra croce, in nome dell’irrinunciabile binomio del fanatismo fascista, oscurantismo cattolico e fondamentalismo razzista, e aver deposto corone nel sacello, liturgia altrettanto inderogabile nei riti della nostalgia, c’erano rincitrulliti con fez e virgulti altrettanto citrulli con pettinature punk, irriducibilmente convinti della bontà della ricetta indeclinabile della destra purista: autoritarismo, xenofobia, cancellazione di diritti, semmai erogabili dall’alto sotto forma di elargizioni e privilegi, soppressione delle libertà, salvo quella di continuare, loro, a essere irremovibilmente cretini.
Il fatto è che nel corso dei 90 anni successivi alla Marcia su Roma, questi contenuti non solo sono rimasti inalterati e inalienabili per i fascisti, duri e puri, ma sono stati reinterpretati, rappresentati e testimoniati da nuovi celoduristi ma oggi da più sobri ma non meno pericolosi agenti della cancellazione della democrazia, della erosione dello stato di diritto, della sovranità dello stato e dell’autodeterminazione del popolo, in nome del papa re, del duce, del pagliaccio e del mercato
Si dirà erano solo duemila. Si dirà che ormai con la fine delle ideologie non c’è più destra o sinistra, tanto è vero che, opportunamente intervistati alcuni gitanti a Predappio hanno detto che forse voteranno per un super-partes e soprattutto super-idee, Grillo, ideale prosecutore delle imprese epiche mussoliniane e della evaporazione definitiva della politica.. Ma non è vero, non c’è da stare tranquilli. Oggi votano Grillo, ma ieri votavano Berlusconi o Bossi, e sono l’espressione perentoria e allegorica di una indole presente nell’autobiografia della nazione, che si accoccola sia pure accidiosamente nella cuccia di un susseguirsi di leadership a un tempo ridicole e devastanti, il cui fil rouge è lo spregiudicato sovvertimento delle regole, la rivendicazione di impunità, l’aggressiva spettacolarizzazione dei vizi, l’istinto protervo alla liquefazione istituzionale, la diffusione della corruzione come metodo di governo e l’innalzamento degli standard di tolleranza dell’illegalità.
Mentre a Predappio è “tutto esaurito”: alberghi, ristoranti, negozi con i souvenir di Mussolini, mentre si allarga il fronte a difesa del mausoleo dedicato all’assassino Graziani, intanto – così per fare un esempio – sarà condannata a morire per mancanza di finanziamenti la Fondazione Basso.
Ha fatto un buon lavoro in nome della pacificazione una sinistra immemore delle sue stelle polari, della sua funzione di rappresentanza degli sfruttati e anche della sua storia. E un lavoro ancora migliore l’ha fatto una destra, invece protervamente viva e vegeta, se il fascismo e la sua ideologia hanno sempre una implacabile attualità tanto da saper estrarre il peggio che alberga nel sottosuolo nazionale, senza che si manifestino validi antidoti democratici. Oggi favorito da quel disinvolto smemorato “realismo” festosamente disposto a legittimare qualsiasi oltraggio e a infilarsi qualsiasi casacca o tonaca XXL per fare cassetta. E propagandato da una stampa rinunciataria della sua funzione, deliziata dai “fenomeni”, conquistata dal folklore, ammaliata dai balbettii della pre-politica e della post-democrazia.
Il fascismo torna sempre, come Berlusconi. Ma è solo perché non li abbiamo mai mandati via.