- STRUMENTI INTERNAZIONALI SUI DIRITTI DEI BAMBINI PRIMA DEL 1989
- LA CONVENZIONE INTERNAZIONALE SUI DIRITTI DEL FANCIULLO (1989)
- I DIRITTI DEI BAMBINI NELLE CONVENZIONI ONU
- I DIRITTI DEI BAMBINI NELLA CONVENZIONE INTERNAZIONALE SUI DIRITTI DELL'INFANZIA
La Convenzione è certamente il più importante tra gli strumenti per la tutela dei diritti dei bambini, anche se non il primo. Precedentemente al 1989 la comunità internazionale si era occupata del problema già due volte. Nel 1924 la Quinta Assemblea Generale della Lega delle Nazioni approvò la Dichiarazione dei Diritti del Bambino (anche nota come Dichiarazione di Ginevra ), che consisteva di cinque principi; il bambino ha diritto: · ad uno sviluppo fisico e mentale, · ad essere nutrito, · curato (in particolare in caso di disastro ha il diritto ai primi soccorsi), · riportato ad una vita normale se demoralizzato, · accudito ed aiutato se orfano. Nel 1959 si tornò sul tema dei diritti dell'infanzia con una nuova Dichiarazione sui Diritti del Bambino, che in questo caso constava di 10 principi in cui si ribadivano i diritti ad un sano sviluppo psico-fisico, a non subire discriminazioni, ad a vere un nome, una nazionalità, assistenza e protezione dallo Stato di appartenenza. Di particolare interesse è inoltre il riconoscimento del diritto all'educazione e a cure particolari nel caso di handicap fisico o mentale. Nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo si era già riconosciuta la necessità di concedere una protezione speciale al bambino, infatti si statuiva che: "il fanciullo, a causa della sua mancanza di maturità fisica e intellettuale, necessita di una protezione e di cure particolare, ivi compresa una protezione legale appropriata, sia prima che dopo la nascita." Altre Convenzioni su specifici diritti e libertà del bambino sono state approvate in seguito dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ma è solo con la Convenzione del 1989 che si ottiene una protezione piena e completa dell'infanzia.
La Convenzione del 1989, infatti, non si limita ad una dichiarazione di principi generali, ma, se ratificata, rappresenta un vero e proprio vincolo giuridico per gli Stati contraenti, che dovranno uniformare le norme di diritto interno a quelle della Convenzione per far sì che i diritti e le libertà in essa proclamati siano resi effettivi.
La Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia è stata a tutt'oggi ratificata da 190 paesi (tra i quali l'Italia): mancano all'appello ormai solo gli Stati Uniti e la Somalia per raggiungere la totalità dei paesi del mondo. Molto è stato fatto per i bambini, ma molto resta ancora da fare: non basta la ratifica della Convenzione per far sì che i soprusi ai danni dell'infanzia finiscano, ma occorre l'effettiva volontà di farlo e, soprattutto, occorre manifestare questa volontà attraverso l'approvazione di atti normativi che riconoscano il bambino come particolare soggetto di diritti. I DIRITTI DEI BAMBINI NELLA CONVENZIONE INTERNAZIONALE SUI DIRITTI DELL'INFANZIA La Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia ha rappresentato un quadro di riferimento organico all'interno del quale collocare tutti gli sforzi compiuti in cinquant'anni a difesa dei diritti dei bambini. Nel corso degli anni ad un'impostazione incentrata sui bisogni essenziali dei bambini si è unita la convinzione che essi abbiano dei diritti, esattamente come gli adulti, diritti civili e politici, sociali, culturali ed economici. Una convinzione che ha portato, attraverso una lunga e complessa elaborazione, protrattasi per oltre dieci anni, alla stesura della Convenzione sui Diritti dell'Infanzia, entrata a far parte della legislazione internazionale il 2 settembre 1990, nove mesi dopo essere stata adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 20 novembre 1989. Il processo di definizione e redazione degli articoli della Convenzione ha presentato notevoli novità, rispetto alla storia di altre convenzioni e trattati sui diritti umani. Nei dieci anni necessari alla stesura del testo, infatti, il dibattito tra gli esperti e i giuristi designati dai diversi paesi membri dell'ONU è stato molto ampio e approfondito, e ha dovuto fare i conti anche con diverse impostazioni culturali e giuridiche. Mentre altri trattati precedenti, e la stessa "Dichiarazione dei diritti del bambino" del 1959, erano di fatto espressione della cultura giuridica dell'occidente industrializzato, nella discussione sulla Convenzione i paesi in via di sviluppo hanno giocato un ruolo notevole, intervenendo spesso e portando modifiche e adattamenti sostanziali. Fra gli effetti più evidenti di questa nuova pluralità di impostazioni culturali e giuridiche c'è senza dubbio il forte accento sui diritti materiali dei bambini, e sulla necessità di interventi di cooperazione internazionale a sostegno delle politiche per l'infanzia nei paesi più poveri; c'è il costante richiamo alla tutela dei diritti delle minoranze etniche e linguistiche e alla difesa della propria identità culturale, ma c'è anche, per fare solo l'esempio più vistoso, il richiamo nell'articolo sull'adozione e l'affidamento anche alla forma specifica prevista dal diritto islamico, la kafala. Il risultato è quindi un trattato che può davvero aspirare a essere "universale". Le Nazioni Unite, nel 1989, approvando questa vera e propria "legge" internazionale a difesa dei bambini, hanno affidato all'UNICEF il compito di garantirne e promuoverne l'effettiva applicazione negli Stati che l'hanno ratificata, con un mandato esplicito contenuto nell'art 45. La Convenzione ha determinato un profondo cambiamento nell'atteggiamento del mondo verso l'infanzia: il paese che la ratifica è obbligato per legge ad attuare tutti i provvedimenti necessari per assistere i genitori e le istituzioni nell'adempimento dei loro obblighi nei confronti dell'infanzia, così come in essa stabiliti. Attualmente, il 96% dei bambini del mondo vive in stati legalmente obbligati a tutelarne i diritti. Secondo la definizione della Convenzione sono "bambini" (il termine inglese children, in realtà, andrebbe tradotto con ragazzi o, meglio, con bambini e adolescenti) gli individui di età inferiore ai 18 anni (art. 1), i cui interessi devono essere tenuti nella massima considerazione in ogni circostanza (art. 3). Tutela il diritto a vivere e a sviluppare (art. 6) al massimo il proprio potenziale, nonché il diritto di godere del miglior stato di salute possibile e di beneficiare di servizi medici e di riabilitazione (art. 24), a esprimere la propria opinione (art. 12) e a essere informati (art. 13). I bambini hanno diritto a essere registrati all'anagrafe subito dopo la nascita, nonché ad avere un nome e una nazionalità (art.7), hanno il diritto di avere un'istruzione (art. 28 e 29), quello di giocare (art. 31) e quello di essere tutelati da tutte le forme di sfruttamento e di abuso (art. 34).
La Convenzione riconosce che non tutti i governi dispongono delle risorse necessarie a garantire immediatamente i diritti economici, sociali e culturali richiesti, ma li obbliga a impegnarsi per renderli prioritari e per assicurarli nella misura massima consentita dalle risorse disponibili. Talvolta, l'adempimento dei propri obblighi richiede agli stati di operare dei cambiamenti fondamentali nelle leggi, nella burocrazia, nelle istituzioni, nelle politiche e nei programmi nazionali, per uniformarli ai principi della Convenzione. Come hanno riconosciuto i suoi redattori, si produrrà una trasformazione reale nella vita dei bambini soltanto quando gli atteggiamenti sociali ed etici si conformeranno progressivamente a leggi e principi, e quando gli stessi bambini, come protagonisti del processo, conosceranno i loro diritti tanto da reclamarne il rispetto.
Per verificare l'applicazione della Convenzione è stato istituito un "Comitato sui Diritti dell'Infanzia", che ha il compito di controllare questo processo di cambiamento. I governi sono obbligati a presentare un rapporto al comitato entro due anni dalla ratifica, e in seguito ogni cinque anni, specificando i provvedimenti presi per modificare le leggi nazionali, per formulare politiche adeguate e attuarle. Il Comitato, composto da dieci esperti, raccoglie oltre alla documentazione presentata dai governi anche documentazione fornita dalle organizzazioni non governative (ONG) e intergovernative, che possono presentare rapporti alternativi a quelli dei governi. Il processo di attuazione della Convenzione sta movendo ancora i primi passi, ma il trattato internazionale per l'infanzia ha già cominciato a raggiungere considerevoli risultati. Su oltre 40 paesi i cui rapporti sono stati esaminati 14 avevano incluso nella loro Costituzione i principi della Convenzione e 35 avevano approvato nuove leggi, o emendato quelle esistenti, per conformarsi a essa. 13 di questi paesi avevano inserito la Convenzione in corsi o programmi di studio per educare l'infanzia sui propri diritti. In tutto il mondo insegnanti, avvocati, ufficiali di polizia e assistenti sociali seguono corsi di formazione sui principi e l'applicazione della Convenzione. Il controllo della Convenzione e le informazioni fornite dai mezzi di comunicazione hanno promosso, a livello internazionale, la consapevolezza di palesi violazioni dei diritti dell'infanzia. Iniziative importanti - come il Congresso Mondiale contro lo Sfruttamento Sessuale dei Bambini, tenutosi a Stoccolma nell'agosto 1996, nonché la Conferenza Internazionale sul Lavoro Minorile, in programma a Oslo per l'ottobre del 1997 - traggono impulso dalla Convenzione e rappresentano un primo passo verso l'eliminazione di questi problemi. Per passare dalle parole ai fatti, dalle promesse dei governi che firmavano la Convenzione alle azioni concrete a difesa dell'infanzia, serviva l'esperienza decennale dell'UNICEF, che oggi, accanto ai diritti "materiali" dei bambini - cibo, acqua, salute - ha un impegno sempre più vasto: quello di difendere ovunque e in tutte le situazioni i bambini, di lottare per il loro diritto di vivere - e non solo sopravvivere - di aiutare le famiglie, le comunità locali, i governi a rispettare i diritti dell'infanzia: che si tratti di impedire lo sfruttamento sessuale dei minori o di aiutare le vittime delle guerre, di prevenire il lavoro minorile o di garantire alle bambine il diritto all'istruzione, di lottare contro pregiudizi e razzismi o di restituire ai bambini dei paesi industrializzati il diritto al gioco e alla gioia di vivere. Per adempiere a questo nuovo ruolo l'UNICEF stesso è giunto a una svolta. Nel suo cinquantesimo anno di vita ha affermato, all'interno della sua "Dichiarazione di Missione", il ruolo guida della Convenzione. Il nuovo mandato presenta implicazioni importanti per l'attività dell'organizzazione. Gli sforzi che negli ultimi vent'anni l'UNICEF ha compiuto a beneficio dell'infanzia hanno lo scopo di ridurre gli aspetti più drammatici della povertà per la maggior parte dei bambini del mondo. Questi obiettivi e questi accordi devono ora essere perseguiti nel contesto della Convenzione. Finché, nel mondo in via di sviluppo, continueranno a imperversare morte e malattie prevenibili, la sopravvivenza dei bambini dovrà rimanere una priorità assoluta. Nell'ambito della Convenzione, l'UNICEF e la comunità mondiale devono però ora anche occuparsi della tutela sociale e di altri importanti bisogni e diritti dell'infanzia. Suscitare una mobilitazione sociale sul tema dei diritti rappresenta quindi per l'UNICEF, l'avvocato dei bambini, un nuovo impegno che si è assunto in tutti i paesi del mondo, in quelli poveri e in quelli del benessere. Ma è un percorso che richiede la partecipazione attiva dell'opinione pubblica mondiale, mobilitando le famiglie, le forze sociali, i governi e la comunità internazionale perché si attuino i provvedimenti necessari al rispetto dei diritti di tutti i bambini.
Del resto la Convenzione stessa, nell'art. 42, richiama tutti gli Stati che l'hanno sottoscritta e quindi anche l'Italia (la Convenzione è stata recepita con valore normativo nell'ordinamento giuridico italiano, con la legge n. 176 del 27 maggio 1991) a far conoscere diffusamente i principi e le norme della Convenzione, in modo attivo e adeguato, tanto agli adulti quanto ai bambini e ai giovani.
E proprio in questa direzione l'UNICEF-Italia è impegnato da anni, con iniziative per informare l'opinione pubblica e promuovere la conoscenza e l'attuazione della Convenzione . Già negli anni precedenti l'approvazione definitiva della Convenzione si ritenne necessario coinvolgere tutti gli ambienti della società italiana, e in particolare il mondo della scuola e i ragazzi in prima persona, facendo conoscere il testo provvisorio e rendendo pubblica la discussione in corso a livello internazionale. Questo nella convinzione profonda che fosse necessario, per dare corpo e sostanza concreta alla Convenzione, renderne partecipi e protagonisti tutte quelle componenti della società civile che sono chiamate ad attuarla. Per questo, nell'ultimo decennio, l'UNICEF-Italia ha dedicato alla Convenzione un'attenzione particolare, facendone il centro propulsivo delle campagne di educazione allo sviluppo, che coinvolgono ormai oltre 15.000 scuole italiane con l'appoggio del Ministero della Pubblica Istruzione, e oggetto di corsi di formazione e di aggiornamento per insegnanti che si svolgono in tutto il paese.
La Convenzione è al centro anche di iniziative come il programma "Sindaci Difensori Ideali dei Bambini", che riconosce nei "primi cittadini" l'interlocutore più immediato per l'attuazione capillare di programmi concreti a tutela dei diritti dell'infanzia, o come il "movimento giovani" che raccoglie gruppi volontari di giovani impegnati ad approfondire il testo della Convenzione e a divulgarlo.
Il dibattito sui diritti dei bambini è parte integrante dei 28 Corsi Universitari di Educazione allo Sviluppo che si svolgono ogni anno in altrettanti atenei italiani, costituisce il punto di partenza per la costituzione dei gruppi "Donne del Mondo" che in tutte le regioni e le province si riuniscono e prendono iniziative per le donne e le bambine dei paesi in via di sviluppo, coinvolge giornalisti e operatori dell'informazione su tutte le testate nazionali e locali, impegna l'agenzia di stampa ANSA in un bollettino settimanale ANSA-UNICEF rivolto a giornali, radio, televisioni e alle scuole. Un ultimo chiarimento: la Convenzione sui diritti dell'infanzia è stata pensata e scritta dagli adulti ed è in un certo modo rivolta agli adulti, nel senso che a loro viene fatto obbligo di rispettare i diritti dell'infanzia. La carta dei diritti rappresenta quindi anche una carta dei doveri per tutti coloro, genitori, insegnanti, membri di comunità, Stati, che sono responsabili dell'applicazione dei diritti dei bambini, dei ragazzi e degli adolescenti; ed è a loro che questo volume si rivolge. Ma oltre a richiamare il mondo degli adulti al proprio preciso dovere, all'UNICEF-Italia sta a cuore, nello spirito innovativo della Convenzione stessa - che vede nei bambini e negli adolescenti non solo degli oggetti di tutela, ma dei soggetti di diritto - far conoscere e circolare fra i ragazzi stessi il testo della Convenzione. Per aprire un dibattito, per favorire una nuova consapevolezza e una riflessione matura sulla globalità dei diritti dell'infanzia, sul loro valore universale eppure rispettoso delle specifiche differenze e tradizioni culturali.
Fonte: La rilevanza politico-sociale della Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia (tesi di Laurea di Simonetta Frongia)