Liberatemi dall’idea di libertà
Dio liberami dall’idea di dio
E tu, amandomi,
mostrami la beffa dell’amore.
Di questo si tratta: combattere giorno dopo giorno contro i propri demoni. Le certezze che credevamo acquisite sono ponti distrutti dal primo terremoto. Lo scisma della coscienza tra bene e male è il sisma di un territorio largamente inesplorato.
Occorre essere avventurieri di se stessi, addentrarci nell’oblio di sé, perdersi egoisticamente a proprio danno.
Siamo prigionieri della libertà, vogliamo, pretendiamo, bramiamo gabbie, ritmi, parapetti ai quali sorreggerci per non cadere nel vuoto. Non ci fidiamo sufficientemente mai delle nostre capacità di volo e, con ogni probabilità, non ci fidiamo degli altri.
Tutto si perde poi nello stesso gorgo: libertà e non-libertà sono la medesima cosa, sono la stessa prigione.
Ecco perché affermo l’esigenza, l’indispensabilità di una bussola, o di un aletiometro, come lo definiva Pullman in Queste Oscure Materie.
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Occorre sapere costantemente dov’è il nostro Nord. Siamo nomadi non perché siamo noi a spostarci, ma perché sono i luoghi, i pensieri, i fatti a mutare intorno a noi. E ogni qualvolta speriamo nel cambiamento, noi ci illudiamo, e siamo facilmente tentati dall’ultima deriva antropocentrica new-age, magari più chic se si può attaccare sullo zaino o sfoderare nell’ultimo status di Facebook.
Ci rendiamo conto di cosa stiamo diventando?
Non Facebook, ma Zombiebook. Quando i nostri nipoti o i nuovi visitatori della terra avranno analizzato i terabyte di memoria lasciati in eredità all’universo, vedranno cosa siamo diventati.
Millantatori di libertà defraudate del vero significato, mercanti di truffe, venditori e compratori dell’io.
Che tu, mio caro ardente lettore affamato, possa trovare il tuo aletiometro, la tua verità, e non perderti mai.