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Preludio

Da Bruno Corino @CorinoBruno

Preludio
Non esistono racconti morali o immorali. I racconti sono scritti bene o scritti male. Questo è tutto. Oscar Wilde.......

Bella spaghettata! Non c’è che dire. Aglio olio e peperoncino. E ora un desiderio di figa che non dico. Di figa bagnata, aperta, accogliente, ospitale, tenera e gentile e senza punto di domande. Ma dove trovarla a quell’ora di notte? Neanche in sogno. Arrangiarsi, arrangiarsi da solo, altrimenti quel coso rischiava di scoppiarmi dentro i pantaloni. Ma nel momento in cui la mente s’arrovellava, qualcuno suonò alla porta. Chi mai poteva essere a quell’ora di notte? Nel palazzo dove abito ancora non conoscevo nessuno. Guardo attraverso lo spioncino. Nella penombra mi pare di scorgere il viso di una donna sulla quarantina, un viso a me sconosciuto, e tranquillo. Quasi un’apparizione del destino. Capelli corti e tinti di biondo. Occhiali tondi. Vestito nero. Presto detto il motivo di quella visita notturna: la signora tornava da una festa, ma quando tentò di aprire la porta la chiave s’è spezzata nella toppa. Quindi, aveva suonata alla mia porta per aiuto. Il modo in cui mi parlava del suo problema m’apparve quasi un linguaggio simbolico. Un preludio. La soluzione non era semplice. Chiesi se aveva una seconda chiave. Sì, ma non con sé. Intanto che si parlava, la feci accomodare sul divano. Belle gambe. Calze fini, neri e trasparenti. Collo scoperto. Mi chiese se gentilmente poteva togliersi le scarpe. Quei tacchi a spillo le davano fastidio. Per nulla imbarazzato, acconsentii volentieri. Lei cominciò a massaggiarsi i piedi. Aveva ballato per tutta la sera, e ora aveva i piedi indolenziti. Le offrii da bere e andai a sedermi di fronte a lei. Mentre continuava a massaggiarsi il piede con disinvoltura, e a parlarmi della tortura delle scarpe a spillo, delicatamente un lembo della gonna s’era alzato. Lo sguardo cadde sulle parti bianche della coscia, dove terminavano le sue calze autoreggenti. Si diceva dispiaciuta di avermi disturbato a quell’ora di notte, magari stavo per andare a dormire. Poggiando il bicchiere sul tavolino accanto, s’era leggermente inclinata su di sé, aprendo un poco le gambe. Così potei intravedere per qualche secondo la sua nera biancheria. Capivo che quei erano gesti naturali, che non c’era nessuna intenzione di sedurmi. E stranamente il gonfiore che prima sentivo era del tutto scomparso. E pensare che se appena un’ora prima avessi immaginato una scena del genere mi sarei eccitato da morire. Come amici di vecchia data, stavamo discutendo come risolvere il problema per quella notte. Le avevo offerto di sistemarsi per quella notte nella camera degli ospiti. Domani avremmo pensato a chiamare un fabbro per la serratura. In effetti, erano passata la mezzanotte, e neanche a lei sembrava il caso di disturbare qualcuno a quell’ora di notte. Quando lei acconsentì, all’improvviso nella mia mente comparve l’immagine di me solo nel letto condannato per tutta la notte a ripensare alla scena in cui lei si massaggia i piedi. E in effetti le cose andarono proprio così. La signora, S., come mi disse di chiamarsi, dopo averle mostrato il bagno e la sua camera da letto, si infilò a letto, salutandomi con un semplice buonanotte. Io, invece, che fissavo il soffitto e ascoltavo il rumore leggero del traffico notturno. Non vedevo l’ora di addormentarmi e magari di fare almeno un bel sogno erotico con la bella S. che mi apriva le gambe per farmi annusare il profumo della sua figa. E così di nuovo stava tornando il grosso gonfiare quando sentii un leggero bussare alla porta. Era di nuovo lei. Era venuta a chiedermi se poteva fumare in camera. Rimase dietro la porta socchiusa, ma io sapevo che da quella prospettiva poteva scorgermi dall’ombelico in giù. Questa volta però non mi ritrassi, lasciai che lei vedesse alla luce della lampada cosa covasse sotto i miei slip. Risposi che non c’era nessun problema. Lei disse che se non fumava almeno un paio di sigarette non riusciva a prendere sonno. Un po’ come capita a me, dissi prendendo coraggio: se qui non mi si sgonfia neanch’io riesco a prendere sonno. Allora, lei si fece avanti. In questo posso darti una mano. Disse avanzando verso il letto. Aveva addosso quel paio di perizoma neri che fino a qualche minuto prima avevo visto scorrere centinaia di volte nella mia mente. Quando fu sul letto, scostò gli slip e lo tirò fuori: di colpo scomparve nella sua bocca. Sentivo che me lo stringeva delicatamente tra i denti, poi lo prese in mano e con due o tre colpi ben assestati riuscì finalmente a farlo sgorgare come un fiume in piena. Ora, mi disse, vedrai che anche tu riuscirai a prendere sonno. E così fu


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