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Premiata non l’obbedienza ma il “sapere operaio”

Da Brunougolini
Lui, Guido Cafaggini di 54 anni,  è uno di quegli operai super-specializzati, categoria Quinta S, che si danno per scomparsi e che invece esistono. E’ apparso agli onori delle cronache per tre ragioni. Una perché ha vinto un premio riservato al miglior lavoratore dell’anno (promotori i giovani imprenditori e la Manpower).  La seconda perché porta in tasca la tessera Fiom ed è stato delegato sindacale per otto anni. Una testimonianza vivente del fatto che il sindacato della Camusso e di Landini non è un covo di irriducibili nemici dell’impresa, gente che se ne frega delle sorti produttive.
Una terza ragione di questi improvvisi riflettori puntati sull’operaio Cafaggini potrebbe essere suggerita dal fatto che lui lavora da oltre 30 anni alla Nuova Pignone di Firenze. Una fabbrica che racchiude una storia gloriosa di lotte e di accordi, oggi in mano ad una multinazionale, la General  Electric. Quindi non è vero che le multinazionali, per colpa della feroce globalizzazione, devono, per restare in Italia, chiedere agli operai di firmare accordi capestro, di ingoiare ultimatum umilianti. Qui alla Nuova Pignone addirittura si premiano gli operai che mettono il loro sapere, come spesso succede, al servizio dell’impresa, suggerendo modifiche preziose all’organizzazione del lavoro (nel suo caso il reparto dei compressori a centrifuga e turbine a vapore).
In questa stessa fabbrica, racconta Claudio Giardi, un altro delegato Fiom, è stato firmato un accordo che comprende crescenti miglioramenti salariali collegati alla produttività, nonché l’adozione di diciassette turni. Mentre da poco tempo sono state rinnovate le rappresentanze sindacali con 21 delegati su 33 assegnati alla Fiom. Nessuno ha  chiesto di seppellire l’accordo in materia varato nel luglio del 1993. Qui la Fiat e Sacconi non fanno da apripista. Ha dichiarato l’operaio premiato: ''Con il muro contro muro si arriva da poche parti, e se le persone si mettono intorno a un tavolo prima o poi un compromesso si trova''. Ha imparato questo dall’esperienza fatta come delegato negli anni pesanti del passaggio agli americani.
Una vicenda che potrebbe insegnare qualcosa a Marchionne. Sul valore del capitale umano, sul valore del consenso, sulla pericolosità degli ultimatum. Potrebbe anche suggerire qualcosa alla Fiom? Nel racconto del  delegato  Claudio Giardi si intuisce una preferenza per la minoranza Fiom collegata alla Camusso. Nella drammatica vicenda Fiat, c’è stato l’odio anti-Cgil di Sacconi e la non trattativa voluta da Marchionne. Però la Fiom ha registrato qualche incoerenza, magari attraverso le “sparate” di Giorgio Cremaschi.  Insomma sono voci operaie che suggeriscono non facili cedimenti, bensì maturità e serietà perché ''con il muro contro muro si arriva da poche parti…”.  La domanda rimane quella di sempre: sarebbe stato possibile aggirare quel muro Fiat?

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