La D’Urso regredisce a 13 anni per le foto promozionali del libro
Ovvero “Quando un lettore muore.” La poetica D’Ursiana tra fenomeno e noumeno.
Introduzione
Parafrasando una canzone di Giorgia che capita di sentire in radio ultimamente e che riempie il terso aere di gioia e gaiezza, quasi quanto andare a pagare la bolletta dell’Enel alla posta all’ora di punta, dico proprio “Quando un lettore muore”. Sì, perché non si può rimanere vivi dopo essere passati attraverso l’esperienza extrasensoriale della lettura di un libro di Barbara D’Urso. O, perlomeno, si resta vivi, ma si muore nell’anima. La fondatrice di questo blog, sua eccellenza Gioacchina, non paga della passata esperienza con il #mappazzone e i consigli di bellezza che la gentile Barbara ci ha elargito non più di qualche mese orsono, non paga delle patologiche conseguenze che venire a contatto con il diabolico testo apocrifo della presentatrice, dell’attrice, della giornalista, dell’artis, dai, di quella lì che fa i collegamenti in diretta dalla sala parto di Carmen Russo e che ha monopolizzato il già atavico palinsesto della rete ammiraglia Mediaset, ha generato sulla mia già problematica personalità, insomma, Gioacchina non paga ha dato nuovamente sfogo al suo sadismo represso e mi ha sottoposto la recensione del nuovo libro di Barbara D’Urso.
Plot
Sì, Barbara D’Urso ci ha preso gusto e ha da poco aggiornato la sua ricca bibliografia con una nuova opera.
“Ti si legge in faccia”, edito da Mondadori (chissà come mai proprio la Mondadori, deve essere nel contratto) è un manuale smaschera bugiardi per farla semplice, una attenta analisi sociopsicocerebroganglionevrassiale alla scoperta del linguaggio del corpo per essere precisi.
“Perché con le parole puoi mentire, ma il corpo dice sempre la verità.”
Con l’aiuto del life e mental coach Gianluca Liguori, la nostra ormai affezionata amica Barbara ci guida in un viaggio attraverso il corpo, il suo linguaggio, i gesti, gli occhi, le mani e quello che ci dicono senza parlare. Ora, d’accordo. Un libro così ci può stare. Ma perché lo doveva scrivere Barbara D’Urso?
Il libro si apre con una piccola Barbara D’Urso (è sconvolgente pensare che sia stata una bambina) alle prese con un dentino dondolante e l’attesa per l’arrivo del topolino dei dentini. Che cosa tenera! Peccato che il topolino dei dentini sia una bugia, come Babbo Natale o come la ripresa economica entro il 2014 o come Ruby che era la nipote di Mubarak. Chissà se quel topolino che in realtà non mise piede in casa D’Urso aveva già subodorato le conseguenze che il contatto con la D’Urso genera sugli esseri viventi e non viventi (si parla di quarzi scioltisi come neve al sole sotto lo sguardo intenerito della, vabbè diciamolo, presentatrice partenopea.)
Si arriva poi ad un episodio che, beh, chi di noi non aspettava di leggere? Una donna alle prese con la scoperta del suo uomo a letto con un’altra, una donna affranta nel dolore, distrutta, in preda alla rabbia, pronta – come direbbero gli antichi – a menare le mani perché Barbara è forte, è focosa, è sanguigna. E poi, mentre stai per solidarizzare con questo dolore misto tra Margherita Buy ne “I giorni dell’abbandono” e la moglie di Jerry Calà in “Vacanze di Natale a Cortina”, questo miscuglio di sentimenti alti da tragedia greca e di bassi istinti da coppia Boldi-De Sica, mentre questa nemesi, questa trasfigurazione, questa catarsi ti sta guidando verso la solidarietà nei confronti della donna tradita, ecco che:
“La verità? Era tutto organizzato da “Scherzi a parte”!”
Come? Ero lì che stavo per solidarizzare con te, e mi dici così? Niente catarsi. Ma…
“Se avessi saputo interpretare il linguaggio del corpo, esattamente come state imparando a fare voi ora, avrei potuto cogliere mille segnali che mi rivelavano la falsità della messa in scena. E invece… Ci sono cascata in pieno.”
Ah, ecco! E brava la nostra Carmelita D’Urso! Crea la suspance, crea l’immedesimazione, crea l’atmosfera, poi SBEM! ti piazza il colpo di scena e, infine, ecco creato l’aggancio per il tema del suo libro. Tanti, tanti applausi e standing ovation dalla platea (che sono io).
ANALISI
FENOMENO: il nuovo libro della divina Barbara D’Urso si presenta come un ibrido letterario: alterna episodi di vita vissuta che toccano le corde più sensibili del nostro duro cuore (leggi: di cui francamente non ce ne frega una mazza) a spiegazioni su come interpretare i segnali che il corpo ci manda e che non sono “vai a fare la cacca, vai a bere, mettiti un maglione perché stai sentendo freddo, smettila di correre perché non sei Mo Farah” ma sono l’espressione del nostro sentire. Dopo aver letto questo testo scientifico in lizza per il premio del Lancet, smaschereremo in un battibaleno mariti fedifraghi, fidanzate ninfomani, probabili sex addicted, mentitori cronici, innamorati timidi, falsi adulatori. Necessario.
NOUMENO: cosa c’è dietro questo libro? Qualche centinaia di migliaia di Euro di contratto, direte voi. Anche. Ma io voglio andare a fondo, voglio scoprire cosa spinge Barbara D’Urso a scrivere dei libri. Qualche centinaia di migliaia di Euro di contratto, direte di nuovo voi. D’accordo, vero.
Ma.
La poetica D’Ursiana è il risultato di una profonda ricerca interiore. Come T.S. Eliot che si rivolgeva alla moglie con uno struggente “Parla. Parlami.” che cercava di trafiggere il muro dell’incomunicabilità, anche Barbara, quando a Pomeriggio 5 chiede a Raffaella Fico di parlarle della sua relazione con Mario Balotelli, cerca di togliere i veli che nascondono, cerca di rompere i silenzi che portano a distruggere le relazioni e che, sicuramente (a parte un bel paio di corna da entrambe le parti) hanno portato a distruggere anche quella tra Balotelli e la Fico. Quando Ibsen in Casa di Bambola mette di fronte Nora e il marito Torvald in occasione dell’estrema decisione della donna di lasciare tutto e pensare a se stessa, non fa altro che emulare i confronti dialettici tra gli ex del Grande Fratello che Barbara invita generosamente nel suo salotto pomeridiano. Cosa altro possono essere i collegamenti da Avetrana, da Garlasco, con perfetti sconosciuti che dicono la loro, con gli assassini che si difendono in diretta televisiva, con l’ignoranza che trasuda da ogni poro, se non la sublimazione della tragedia umana, della disumanizzazione che esce dalla nicchia e impera, prepotente e devastante su quello che resta di noi?
Quindi, ancora una volta grazie Barbara. Per il tuo acume, per la tua vitalità, per come ci insegni a vivere, per quello che leggerti ci può regalare, grazie di aver scritto un altro libro, Aprile era troppo lontano e io sentivo il bisogno di immergermi nuovamente nelle bucoliche atmosfere dei flashback della tua vita vissuta. Grazie per essere così semplice, per essere così vera, grazie per avermi costantemente aggiornato sulle condizioni dell’utero di Carmen Russo e delle colichette del figlio di Eva Henger. Grazie. Ti voglio bene.
Sto mentendo. Ma per fortuna sono dietro allo schermo di un computer e non me lo puoi leggere in faccia.