Noi umani spesso facciamo l’errore di non imparare dalla storia, anche quando questa è recente. La guerra civile nel Levante non è così lontana. Con la Siria che sprofonda in violenze sempre più gravi, la guerra civile libanese di 15 anni fa dovrebbe fornire delle lezioni spaventose circa cosa possa accadere quando la struttura di una società si sfalda. Quando il Risveglio Islamico – conosciuto anche come Primavera Araba – ha avuto inizio nel dicembre del 2010, abbiamo visto persone protestare per rivendicare i propri diritti. Abbiamo assistito all’emergere di movimenti civici che richiedevano libertà, democrazia, dignità e auto-determinazione. Qui in Iran abbiamo guardato a questi sviluppi con piacere. Dopo tutto, un movimento civico che domandava le stesse cose che molti arabi vogliono oggi è ciò che ha portato alla creazione della nostra Repubblica Islamica nel 1979. Nell’ultimo trentennio, l’Iran ha costantemente sottolineato che è compito di tutti i governi rispettare le richieste del proprio popolo. Abbiamo mantenuto tale posizione nel momento in cui il Risveglio Islamico ha preso vita, senza alcuno spostamento asimmetrico che dipendesse dalla localizzazione di tali movimenti civici. Abbiamo sostenuto il cambiamento per soddisfare le necessità della popolazione, fosse in Siria o in Egitto o altrove.
Ma cosa vogliono gli altri membri della comunità internazionale per la Siria? Sfortunatamente, vi sono state risposte conflittuali nei confronti di tali movimenti che si estendevano nel mondo arabo. Un esempio lampante di suddette contraddizioni riguarda il Bahrain ed il modo in cui alcuni Stati hanno risposto alla repressione delle rivolte qui avvenuta. La risposta europea alla crisi siriana è stata particolarmente contraddittoria. Poco, o nulla, è stato detto circa la crescente presenza di estremisti armati in Siria. Anche se preoccupati per la crescita dell’estremismo in Afghanistan, lontano migliaia di chilometri, i leader europei sembrano non curarsi del fatto che presto potrebbero avere un Afghanistan alle porte di casa. Per riprendere le parole del mio rispettabile amico Kofi Annan, che recentemente ha lasciato l’incarico di inviato speciale delle Nazioni Unite nel conflitto siriano dopo aver visto i suoi sforzi pacificatori continuamente minati, mezzi militari da soli non potranno porre termine alla crisi, ed una agenda politica che non sia né inclusiva né dettagliata fallirebbe egualmente.
L’Iran cerca una soluzione che sia nell’interesse di tutti. La società siriana è un bellissimo mosaico di etnie, fedi e culture, e verrebbe fatta a pezzi se il Presidente Bashar al-Assad cadesse inaspettatamente. L’idea che, in quel caso, vi sarebbe un’ordinata transizione di potere è una illusione. Anche se gli sforzi di Annan per porre termine alla crisi sono conclusi, il suo piano in sei punti per un cambiamento politico è vivo e vegeto. Perché semi della discordia continuano ad essere piantati quando la situazione potrebbe essere risolta razionalmente, attraverso saggezza e provvidenza? Coloro che appoggiano la violenza in Siria non comprendono che qualsiasi cosa ricerchino con la loro azione non si materializzerà. Un brusco cambiamento politico senza una roadmap per gestire la transizione porterà esclusivamente ad una situazione precaria che potrebbe destabilizzare una delle più delicate regioni del mondo. L’Iran è parte della soluzione, non il problema. Come il mondo ha potuto vedere negli ultimi decenni, noi abbiamo agito quale forza di stabilizzazione in Iraq e Afghanistan, due ulteriori paesi musulmani caduti nel disordine. La stabilità della regione è fondamentale per la pace e la tranquillità del mondo.
Alcune potenze mondiali ed alcuni Stati della regione dovrebbero smettere di usare la Siria come terreno di lotta per regolare i conti o sgomitare per l’influenza. L’unico modo per uscire dallo stallo è quello di offrire ai siriani l’opportunità di ricercare una strada essi stessi. Prendendo in considerazione il piano di sei punti di Annan, l’Iran spera di raccogliere i paesi che la pensano allo stesso modo per implementare tre punti essenziali: assicurare un immediato cessate-il-fuoco per fermare lo spargimento di sangue, inviare aiuti umanitari alla popolazione siriana e preparare il terreno per il dialogo al fine di risolvere la crisi. Con la presente, io annuncio che l’Iran è pronto ad ospitare un incontro tra le nazioni che s’impegnano ad implementare immediatamente i tre punti nella speranza di porre fine alla violenza. Come parte del nostro impegno a risolvere la crisi, ribadisco inoltre la disponibilità a facilitare colloqui tra il governo siriano e l’opposizione e ad ospitare un tale dialogo. Per di più, in linea con il piano Annan, dichiaro nuovamente il supporto dell’Iran a riforme politiche in Siria che permettano alla popolazione siriana di decidere del proprio destino. Ciò include l’assicurare che essi abbiano il diritto di partecipare alle imminenti libere e giuste elezioni presidenziali sotto supervisione internazionale.
Mentre il sacro mese del Ramadan si avvicina alla sua conclusione, prego che i siriani possano rompere il digiuno in pace e stabilità il prima possibile – per il proprio interesse e per quello del mondo.
(Traduzione dall’inglese di Chiara Felli)