Magazine Pari Opportunità

Prendi una donna, trattala male

Da Femminileplurale

Non è solo un verso di una (orrenda) canzone di Ferradini, ma sembra che ormai sia diventata una vera e propria legge che regola i rapporti di coppia, difesa molto spesso da entrambe le parti: “se ti mostri interessato ti mostri debole, mentre solo chi domina le propie sensazioni e, soprattutto, la loro manifestazione esteriore, può ottenere ciò che vuole”. La domanda a cui vorrei tentare di dare una risposta è: c’è qualcosa, in questa dinamica, che va oltre il millenario rapporto di coppia e ha a che fare con le dinamiche sociali e politiche contemporanee? A prima vista un vero legame non sussiste, perchè le due sfere di esistenza sono tenute ben lontane dalla falsa distinzione tra “vita privata” e “vita pubblica”. Tuttavia, se si ignora questa divisione ideologica, mi sembra di poter individuare chiaramente una linea rossa che collega lo sfaldarsi dei rapporti interpersonali affettivi con la precarietà costante nella quale siamo costretti a vivere. Lo stesso meccanismo attraverso il quale il sistema del lavoro funziona è, infatti, fondamentalmente ostile ad ogni possibile conoscenza personale che sia degna di chiamarsi tale.

Prendi una donna, trattala male

Per essere “competitivi”, ovvero per poter essere in grado di mordere nella giungla d’asfalto, dobbiamo essere disposti ad accettare la costante possibilità di un cambiamento radicale che interessa la città o la nazione di residenza, il quale non solo presuppone notevoli scomodità materiali come la ricerca di una nuova casa, la burocrazia legale e il cambiamento delle nostre abitudini quotidiane nel caso in cui si vada all’estero, ma ha anche l’effetto, ben più dannoso, di renderci soli. Si tratta di una spada di Damocle contemporanea che ci rende isolati, costretti a vivere lontano dalle persone con le quali abbiamo avuto un rapporto di reciproca conoscenza e che in fin dei conti creano quel fondamento necessario alla vita di ogni animale sociale. Il sistema è cosciente di questa frattura, e ci sottopone dei surrogati alle suddette relazioni i quali sono un’ulteriore prova di quanto questa rottura appaia, nella sua gravità, agli stessi occhi di chi la sta infliggendo. Il sistema non è abituato a fornire carote dopo le bastonate, e il fatto che in questo caso ciò avvenga è indice della gravità di questo colpo. Elementi come i social network e le cene aziendali sono emblematiche di questo slittamento: si è passati dalla cerchia di amici ad una serie di piccole foto ordinate alfabeticamente su una pagina internet. Faccine che chattano, annientando non solo l’espressività del linguaggio ma anche la sua possibilità di essere veicolo di sensazioni, oltre che di informazioni; faccine che si distinguno l’una dall’altra rispondendo a domande sui gusti personali, che poi vengono impacchettate e spedite alle compagnie pubblicitarie.

In questo panorama, cosa resta delle relazioni che si vorrebbero definire sentimentali? Se si afferma che i rapporti di produzione entrano prepotentemente in quelli interpersonali, sembra di fare un’affermazione che già nel 1865 era obsoleta, poi però non ci si spiega perchè, nelle grandi città, non si riesca a conoscere una persona che sia rimasta in un luogo per più di 6 mesi, e si finisce per dare la colpa alla “società fortemente globalizzata“. Il problema è che, così come nel mondo del lavoro dobbiamo essere disposti a stare sempre sull’orlo di un baratro di precarietà, il quale presuppone una nostra sostituzione in qualsiasi momento, magari a vantaggio di un candidato che essendo più “flessibile” di noi permette al datore di lavoro di sfruttarlo meglio e più comodamente, anche nel mondo delle relazioni affettive funziona così. “Non bisogna dare certezze, non bisogna dimostarre interesse, agisci come se la persona che ti ha di fronte potesse perderti da un momento all’altro, per sempre”: questo è verissimo dal punto di vista funzionale, perchè ormai i rapporti funzionano effettivamente come quelli delle sit-com americane, e il sistema dell’industria culturale è riuscito in questo campo ad ottenere una delle sue vittorie più clamorose, rendendo la vita materiale uno specchio della sovrastruttura fantasmagorica che è chiama a generare. Ma per chi è dotato ancora di un sano spirito critico, questa dinamica non può che apparire, a mio parere, come una reiterazione, perpetrata nella vita sentimentale, di quell’oppressione che caratterizza il mondo del lavoro.

Prendi una donna, trattala male

La presa di coscienza che tu, amante, puoi in qualsiasi momento, e senza ragioni valide, essere sostituito da un altro pretendente che ha come caratteristica principale quella di essere più disposto di te ad essere dominato, e quindi faresti meglio e non “investire” troppo in una relazione e a trattale male il partner per avere in mano lo scettro del comando, non è un conseguimento della cosiddetta “maturità emotiva”, ma è solo l’accettazione apologetica di una dinamica di sfuttamento che punta ancora una volta a trasformare gli uomini in vincitori e vinti, forti e deboli, carnefici e vittime.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :