Profondo rosso nella regione Lazio.
La situazione degli ospedali a Roma è drammatica: al S. Giovanni, al Casilino, ci sono ambulanze ferme, in attesa che si liberino le barelle nel pronto soccorso.Anzichè essere operative per raccogliere le emergenze sul territorio, sono bloccate per ore: un dano da 15 milioni di euro, per le ore di fermo (calcolato dalla CGIL in regione).E il problema è anche nelle sale del pronto soccorso: al S. Camillo, la sala d'attesa è piena, mancano i cuscini, le coperte per persone che rimangono lì per ore, in attesa della visita e del posto letto.Passano le ore e le barelle intasano anche i corridoi.E col taglio degli ospedali in provincia la situazione andrà a peggiorare: 24 sono gli ospedali da chiudere.Molti servono zone lontane dalla città, come quello di Bracciano e Subiaco: significa che in caso di emergenza occorrerà più tempo per essere raggiunti dai soccorsi (o per essere soccorsi), e sappiamo quanto siano importanti i primi minuti di intervento (in casi di infarto, ad es.).Ma ci hanno pensato in regione, quando hanno fatto il piano di rientro?O forse hanno fatto solo promesse, come quella non mantenuta delle 5 piste di elisoccorso (per trasportare velocemente i malati verso gli ospedali). Ne sono pronte solo 3.Hanno fatto in fretta a fare solo i decreti. Ma da qui alla costruzione delle piste e alle autorizzazioni necessarie ce ne corre.Si calcola che 500000 persone si riverseranno dalla provincia negli ospedali di Roma: come faranni i medici? Che servizio riceveranno i cittadini?E pensare che la regione ha milioni di euro in "beni da reddito": poderi, case, casali, castelli donati negli anni agli ospedali romani, poi finiti in gestione alle Asl e infine alla regione Lazio.Basterebbe far fruttare questi beni, per ripianare il debito (e magari tagliare qualche convenzioni coi privati), per riprendere le assunzioni e il turn over.Soltanto, servirebbe una politica capace di far fruttare i beni che amministra.Ne parla Iacona nella sua presentazione della puntata, sul Fatto:
La prima volta che insieme alla redazione ho visto il lavoro di Lisa Iotti, una delle nostre inviate di Presadiretta, sono rimasto impressionato. Li-sa era andata a girare i regali che nei secoli scorsi le famiglie ricche del Lazio avevano fatto agli ospedali della Regione e che oggi, nel disastrato bilancio della sanità, risultano sotto la voce di “beni da reddito”, cioè da far fruttare. Davanti a noi scorrevano le immagini di estensioni immense di terre, boschi, pascoli ed enormi aziende agricole, di castelli, persino di interi borghi del 700, e ancora, mille appartamenti nel centro storico di Roma, il più caro di Italia. Ebbene, si tratta di un patrimonio pubblico immenso che si continua a sperperare. Stasera a Presadiretta vi faremo vedere come questo patrimonio sia stato in parte già svenduto, ben al di sotto dei prezzi di mercato, dove gli unici che non ci guadagnano mai sono gli enti pubblici, il bene comune, l’interesse di tutti, mentre finanziarie, banche e i soliti “clientes” quelli sì, con ricarichi del 100 per cento. E poi c’è quello che ancora rimane nella proprietà della Regione Lazio e c’è da piangere a vedere come tutto questo viene mantenuto: case del 700 che entri dentro e sembra di stare nella scalinata di una casa popolare, talmente tutto è distrutto, con i palazzi che cadono a pezzi; appartamenti affittati a 25 euro al mese ed un elenco di centinaia di “beni da reddito” che fruttano chi 35 euro; aziende agricole abbandonate, le terre non coltivate, le stalle a pezzi e le grandi case rosse a due piani chiuse. Beni che dovrebbero fruttare e che invece producono altri budget in rosso, altri debiti .E attorno a questo osso da spolpare nascono società di consulenza , di gestione dei fondi immobiliari e, queste non mancano mai, agenzie regionali. La Risorsa SRL, per esempio, nasce nel 2004 , sotto Storace governatore, anche con il compito di censire e finalmente valorizzare i “beni da reddito” delle ASL. AVEVA UN PRESIDENTE, un direttore, un consiglio di amministrazione, una trentina di dipendenti, tanto per essere precisi, ci costava tre milioni di euro all’anno e poi l’ha chiusa Renata Polverini pochi mesi fa, per chiara inutilità. Ora, magari potremmo sopportare tutto questo, se il debito della sanità del Lazio non fosse di 10miliardi di euro, il più alto di Italia, se gli ospedali pubblici della capitale non fossero al collasso, con i pronto soccorso pieni zeppi di gente che stazione lì dentro anche per giorni, perchè solo a Roma sono stati tagliati negli ultimi anni piu’ di 2000 posti letto, con il blocco del turn over e il personale ormai cronicamente sottorganico in tutti i reparti. Quando stasera vedrete all’opera i medici e gli infermieri del pronto soccorso dell’ospedale San Camillo, uno dei più importanti della capitale, vi renderete conto che cosa significa lavorare oggi negli ospedali pubblici. Altro che E.R.! Ma questi sono i risultati di anni di malapolitica , che adesso dobbiamo pagare tutti, miliardi di euro di debiti sulle nostre spalle.