Presentazione – Associazione italiana residenza/risorse per la salute mentale

Creato il 30 ottobre 2011 da Raffaelebarone

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Associazione italiana residenza/risorse per la salute mentale

Associazione. Mettersi insieme, camminare insieme si sono dimostrati negli ultimi trent’anni, da quando sono state messe in discussione la esclusione e la reclusione delle persone affette da grave sofferenza psichica, necessari per portare avanti un progetto di cura e di integrazione sociale centrato sulla persona in difficoltà, sulle sue relazioni familiari e sociali, sui suoi inalienabili diritti umani e di cittadinanza.

E mettersi insieme e lavorare uniti: operatori della psichiatria con vari livelli di professionalità e responsabilità, pazienti, familiari, organizzazioni del volontariato, cooperative sociali, esponenti della politica e della cultura. Certo nel rispetto delle differenze di collocazione, delle articolazioni scientifiche e culturali e della diversa posizione e responsabilità nei confronti della sofferenza psichica. Ma cercando nel dialogo e nel confronto continuo di superare barriere comunicative, consolidate gerarchie di poteri, corporativismi che finivano per determinare quasi sempre l’annullamento individuale e sociale del paziente e dell’esperienza umana della perdita di salute mentale.

Quindi un’associazione che pone al centro del suo progetto e del suo operare la possibilità di mantenere la persona in stato di disagio psichico, anche il più grave, all’interno della comunità sociale di appartenenza, prevenendo le cadute invalidanti e promuovendo acquisizioni di capacità e diritti.

Italiana. Un’associazione che si propone di esprimere la sua esperienza e i suoi saperi su tutto il territorio nazionale. Radicandosi nelle realtà locali e nei suoi molteplici linguaggi ma senza rinunciare a proporre progetti e prospettive di ampio e generale respiro che abbiano nello stato e nei suoi apparati normativi e regolativi l’interlocutore negoziale per politiche di promozione di salute mentale democratiche e comunitarie. Un’associazione quindi che si propone di unificare le esperienze operative e trasformative delle realtà della provincia e delle città di periferia con quelle delle grandi aree metropolitane, del profondo sud e del profondo nord, delle regioni povere e delle regioni ricche del paese. In questo senso I’AIRSAM è nata a Bergamo per iniziativa di un primo gruppo di operatori della psichiatria, di pazienti, familiari e di operatori del volontariato nel 1995, ha celebrato il suo primo congresso a Matera l’anno successivo con l’elaborazione della Carta di Matera, ancora oggi vero atto e strumento fondativo, e si è sviluppata negli incontri  corali e partecipati di Reggio Emilia e di Roma. E tra i vari congressi ha promosso fertili momenti di incontro con finalità formative e valutative. Ha costituito una sua struttura organizzativa con un presidente, un segretario e un suo direttivo nazionale rappresentativo dei tutte le realtà loc

Residenze. Risiedere, abitare i luoghi, vivere lo spazio casa. Non essere abitati dai luoghi, non essere costretti in spazi non propri, non essere annullati dalle istituzioni della cura. Dopo lo spazio privato del sé, in stretta connessione con esso, lo spazio pubblico e interattivo dell’abitare e della casa diventa elemento determinante per la costituzione dell’identità della persona, per lo sviluppo della sua tenuta e armonia o per il prodursi di fragilità e distorsioni. E poi lo spazio dell’abitare è luogo elettivo, specifico e protetto, rispetto alla vastità del mondo, delle relazioni con gli altri, a partire dei più prossimi, siano essi i familiari o coloro che in stato di supplenza temporanea si prendono cura. E anche qui sappiamo quanto le relazioni sono vitali per la crescita della persona e quanto se carenti o inadeguati possano determinare sofferenza, bisogni inappagati, male mentale.

Le residenze per la salute mentale sono uno strumento necessario per la cura, quando non si rende più possibile per vari motivi il permanere nella proprio originario spazio abitativo. Sono strumento suppletivo, sussidiario, transitorio. Non possono essere pensate come strumento definitivo, anche se questo non per forza deve portare alla conclusione che sempre e comunque debba essere recuperato l’originario spazio abitativo. Si possono costruire, all’interno di progetti terapeutici dimensionati sui bisogni dei soggetti sofferenti e in difficoltà, nuovi spazi abitativi, nuovi luoghi del vivere ricchi di relazioni significative, capaci di offrire un buon equilibrio fra l’istanza insoddisfatta di protezione e la ineliminabile aspirazione all’autonomia.

Quindi strutture residenziali fortemente radicate nel territorio di appartenenza, in costante collegamento con la rete sociale dei soggetti ospitati e con la rete dei servizi della cura. Strutture residenziali dinamiche e riabilitative, capaci di rendere l’essere ospitati momento trasformativo in cui si sperimentano nuove relazioni, spazi di tolleranza e consapevolezza, convivenze, aperture di libertà e di socialità, per contenere l’angoscia e ridurre l’invadenza dei sintomi ma anche per valorizzare nuove e vecchie qualità, nuovi e vecchi talenti.

E allora strutture residenziali differenziate e commisurate sui bisogni e sui percorsi dei suoi ospiti- pazienti, a vari gradienti terapeutici e assistenziali e con vari equilibri fra aspetti sanitari e “alberghieri”. E così avremo residenze strutturate secondo il modello della comunità terapeutica, residenze sanitarie assistite a più alto gradiente assistenziale, comunità alloggio con assistenza parziale sulle 12 ore o a fascia oraria che permettono di sperimentare tempi di libertà e autogestione; avremo, e ne vorremmo avere tanti, appartamenti popolari e no, comunali e no, nei quali le persone ospitate possano sperimentare nuovi livelli di autonomia e benessere, seppure supportati, per quanto è utile, da gruppi di operatori della psichiatria o della cooperazione sociale.

Non vorremmo avere nuovi manicomi, non importa se piccoli o grandi, in cui le persone sofferenti vengono depositate, custodite e abbandonate, senza futuro e senza speranza. Ci risuona ancora in mente la frase di Basaglia quando diceva che “quando per un paziente il problema diventa solo il posto dove metterlo” si è in presenza di un fallimento terapeutico che riguarda il futuro del paziente, l’autostima dei curanti, la fisionomia della struttura.

Quando l’AIRSAM venne costituita era ancora aperto il problema della chiusura definitiva degli Ospedali Psichiatrici e le residenze dovevano anche servire a permettere questa grande opera di salute mentale. Nel frattempo dal lavoro dei servizi territoriali andava selezionandosi una popolazione di pazienti che poneva urgenti bisogni di residenzialità. Oggi il bisogno di residenzialità riguarda sempre meno le persone ricoverate negli O.P. e sempre più, e con una crescita preoccupante, i nuovi utenti dei servizi di cura.

Questa evoluzione pone all’attenzione di tutti la preoccupazione che le residenze siano realmente strumenti di un progetto terapeutico trasformativo e aperto al mantenimento dei diritti sociali e di cittadinanza e non divengano, insieme ad altri, i nuovi luoghi dell’annullamento e della cronicità disabilitante. E che siano concepite all’interno di teorie e prassi operative che continuamente si misurino con la possibilità di mantenere a casa propria le persone sofferenti, curando i sintomi, modificando comportamenti, supportando le famiglie e rinegoziando relazioni familiari e rapporti sociali. Finendo così per limitare all’indispensabile il ricorso alle strutture residenziali.

E Risorse. Con il convegno di Roma del febbraio del 2000 si è deciso di affiancare alla parola residenza la parola risorse. Se ne può comprendere la ragione.

Il problema delle risorse nel campo della psichiatria è sempre stato un problema cruciale. Dalla riforma in avanti vi è sempre stata la convinzione negli operatori di lavorare in una situazione di risorse carenti, non certe, iniquamente distribuite. Certamente questa valutazione era a volte più una sensazione che un dato di fatto; e questo dipendeva dalla difficoltà del compito, la cura della malattia mentale senza reti protettive forti (le mura del manicomio), dalla difficile posizione di innovatori in cui ci si veniva a trovare e dalla situazione di incertezza politica e sociale, quando non proprio di ostilità, in cui ci si trovava ad operare. Ciononostante molta strada è stata fatta e la rete dei servizi psichiatrici è stata costruita in modo più o meno omogeneo su tutto il territorio nazionale. Una rete certo non adeguata in cui la carenza di strutture residenziali pubbliche era certamente l’evidenza più marcata e la maggiore fonte di preoccupazione.

Con il prevalere di una cultura dell’efficienza e della distribuzione delle risorse di tipo “aziendalistico” che tutto riduce a costi, centri di costo, produttività, redditività, secondo le logiche economiche della grande produzione di beni materiali e dei mercati, le cose si sono ulteriormente complicate. Il bene salute e a maggior ragione il bene salute mentale, diritto inalienabile e universale di tutti i cittadini della Repubblica, deve essere garantito, tutelato e promosso con equità e con la ricerca della massima efficacia. E allora nella polarità efficacia- efficienza diviene centrale l’efficacia delle cure e l’efficienza e la buona distribuzione delle risorse (risparmio compreso) non possono essere regolate dalle logiche “aziendali”. Esse debbono trovare fondamento nei principi culturali ed etici dell’economia della solidarietà e della sussidiarietà sociale che non abbiano nel profitto l’elemento determinante e dinamizzante. D’altra parte è stato lo sviluppo stesso della psichiatria riabilitativa a forte impatto sociale a mettere in luce quanto siano importanti le risorse sanitarie e non sanitarie per realizzare progetti trasformativi quali gli inserimenti lavorativi e per portare avanti pratiche di integrazione e inclusione sociale per tutti i soggetti deboli. Quindi risorse definite per i progetti di riabilitazione psicosociale che richiedono disponibilità e mezzi di sicuro non meno ampi e certi che l’ospedalizzazione o l’inserimento in strutture residenziali orientate alla custodia. E risorse economiche messe a disposizione dalle istituzioni della politica, dell’economia profit e non profit, dalla comunità sociale per ridurre la marginalità sociale delle persone con disagio psichico e di tutti i soggetti deboli. Per dirla con uno slogan per far si che le persone sofferenti possano non essere più un peso ma divenire una risorsa per la comunità.

Un’ultima considerazione sul tema delle risorse. Con un malinteso e con grave errore di prospettiva quando si parla di risorse si pensa ai soldi; ed è evidente quanto questo malinteso sia alimentato dalle logiche aziendali. E’ esperienza consolidata ed evidenza scientifica che nel campo della salute mentale, di tutta la sanità e in generale di tutta l’area attinente i servizi alla persona la risorsa principale è data dagli operatori. Allora diventa fondamentale l’investimento che si fa (le risorse che si impiegano) per la tutela degli operatori, per la loro formazione permanente ed adeguata alla complessità del compito, per la loro adeguatezza quantitativa, per prevenire angosce e rischi di un lavoro ad alta intensità di esposizione personale.

E allora la tutela della risorsa-persona-curante diventa risorsa-beneficio per la persona in cura.

Per la Salute Mentale. In questi anni correttamente si è spostato il centro di quanto riguarda il benessere psichico o la sua perdita dalla psichiatria, dai suoi codici e dalle sue istituzioni, alla comunità sociale, alle sue capacità di tutelare la salute mentale dei suoi cittadini e più spesso ai fattori di rischio insiti nelle distorsioni del suo funzionamento. I servizi della psichiatria necessari alla prevenzione, alla cura e alla riabilitazione sono diventati una parte, esperta e importante, del discorso comunitario attinente la salute mentale. Questo spostamento di fuoco, anche se in fase ancora iniziale, ha permesso di valorizzare nel campo della salute mentale l’importanza della qualità della vita delle persone, della prevenzione dei fattori di emarginazione, della messa in atto di politiche contro l’esclusione e il pregiudizio. In questa prospettiva i servizi per la salute mentale, con il loro radicamento, la loro accessibilità e la loro capacità di curare e di accompagnare, lungi dal perdere peso e riconoscimento, acquistano ancora di più valore e responsabilità, perché coinvolti direttamente in questa dimensione sociale e comunitaria della salute mentale.

Documento elaborato da Angelo Guarnieri e pubblicato nel libro “Cantieri aperti: società locale e salute mentale” di Raffaele Barone  Edizione L’Accademia della Piazza 2002


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