Magazine Fantasy

Presentazione: "Bittersweet" di Rhoma G.

Da Connie_furnari


“Bittersweet, qualcuno come te…”Rhoma G.

Trama:Grace è un'infermiera e lavora a Seattle, Josh è un affermato broker di New York. Le loro esistenze non potrebbero essere più diverse e i loro caratteri più lontani. Lei è dolce, un po' introversa, tanto altruista e nasconde un segreto. Lui è scontroso, un po' egocentrico, tanto egoista e nasconde un segreto. I due ragazzi condividono un passato che, per certi versi, li ha uniti in modo indissolubile anche se ancora non lo sanno. Un passato che tornerà a sconvolgere le loro vite. Secondo Grace esistono vari tipi di lividi; ci sono quelli sul corpo, ma anche quelli dell'anima, per esempio. E per questi, non esiste unguento che riesca a curarli. Per Grace era questo Josh, un livido sull'anima. Una chiazza scura sulla pelle lattea. E per quanto lei provasse a mandarla via, non ci riusciva. Solo Josh avrebbe potuto farlo, perché lui era il male ma era anche la cura. Un terribile incidente farà rincontrare i due ragazzi, un tempo nemici, e farà capire loro che la vita dà sempre una seconda possibilità, bisogna solo avere il coraggio di accettarla.
Biografia:Rhoma G. ha cominciato a scrivere racconti all’età di tredici anni, e sebbene la vita l’abbia poi indirizzata da tutt’altra parte, non ha mai messo di coltivare il sogno di diventare scrittrice. Divoratrice di libri e scrittrice per passione, considera la lettura il mezzo per vivere tante avventure diverse, e la scrittura il tramite tra il mondo reale  e i personaggi creati dalla sua fervida immaginazione. Vive col marito in una città di mare, ama viaggiare e nutre una smodata passione per i film di Hitchcock.
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Stralcio:‘Non è successo niente’lo ripetei a me stessa almeno duecentocinquantamilavolte quella notte e, naturalmente, non me ne convinsi. Il mattino successivo, dopo non aver chiuso occhio neppure per un momento, ero sull’orlo di un abisso.Faticavo a stare in piedi, per il sonno, per la testa, che ancora scoppiava, e per idubbi che mi assillavano.Che avrei fatto incontrandolo quella mattina?Come mi sarei comportata?Avrei fatto l’indifferente?Facendo finta di non essere sconvolta.Avrei negato il forte sentimento che mi legava a lui?C’erano così tante fattori da considerare. Primo fra tutti, avevo baciatol’uomo di un’altra. Anche se l’altra era Maureen, non avrei dovuto.Come avrei reagito se un’altra donna avesse baciato il mio uomo?L’avrei presa a testate sulle gengive, poi mi sarei accanita sul suo didietro condegli scarponi da trekking.Certo, sette anni prima, avevo agito allo stesso modo, ma ero stata distrattada com’era andata a finire dopo, e non avevo avuto il tempo di crogiolarminello scrupolo di coscienza.Anche Josh era da biasimare. Non avrebbe dovuto baciare altre labbra se nonquelle siliconate di Maureen.Quante altre ne aveva baciate, non considerando le mie?Una quantità imprecisata stando alle sue amicizie di letto.Perché si ostinava a restare con quella oca bionda?Uno spettacolo di teatro alternativo russo, in lingua originale, sarebbe statopiù comprensibile da interpretare rispetto a questa situazione.Del resto: “È complicato.”«Buongiorno, Jerry.»«Ehi, Grace, sicura che sia un buon giorno? Hai una faccia.»La immaginavo proprio la mia faccia. Occhiaie, zampe di gallina, coloritospento. Dovevo essere tanto, ma tantoaffascinante.«Ho dormito male e soffro per un gran mal di testa» mi massaggiai le tempie.«Prendi due aspirine, tesoro, siamo appena all’inizio!»«Lo so, non me lo ricordare ti prego, vado subito ad impasticcarmi.»Lasciai il mio collega intento a controllare la lista dei pazienti in terapia quellamattina, e mi avviai verso la macchinetta del caffè. Le aspirine le avevo già intasca, ormai non uscivo più senza. La porta della stanza di Josh era aperta, nonguardai in quella direzione di proposito. La sensazione che mi stesse osservandoperò fu netta sulla mia pelle.Dopo il caffè, diedi disposizioni a due inservienti circa l’arrivo di tre nuovipazienti, quindi raggiunsi Jerry per il primo round di terapie.Josh era il quarto della lista quella mattina. Avrei voluto che il suo turno nonarrivasse mai. Invece, intorno alle nove e trenta, toccò a lui. Entrai nella stanzaper ultima con l’intento di posticipare il più possibile l’effetto che mi avrebbefatto vederlo dopo la notte precedente.«Buongiorno, come andiamo?»Jerry era di ottimo umore, come sempre, io stentavo perfino a muovere le labbra.«Bene» esclamò con decisione «molto bene» e sorrise. Quel raggio di sole eraun regalo per me, non certo per Jerry. Sperava gliene regalassi uno altrettantoradioso, e che lo guardassi con gli stessi occhi lucidi e carichi di promesse cheaveva lui. Occhi felici di vedermi. Non riuscii a fare né l’una né l’altra cosa. Milimitai ad un cenno del capo che lo deluse profondamente, poi andai a mettermial mio lato di competenza. Il raggio di sole si spense, oscurato da unosguardo nebuloso.Cosa si aspettava?Che gli gettassi le braccia al collo come avevo fatto la sera prima?Che gli dicessi che lo amavo e che non avevo mi smesso di farlo in quei setteanni?Altri due minuti di quello sguardo da cucciolo ferito e l’avrei fatto.Maledetta me!«Ciao, Gresy» ‘non farlo! Non guardarmi così, non parlarmi così, non chiamarmi così.’Il suo viso pallido, la sua espressione triste, la sua voce calda…Quanto tempo avrei resistito?Maledetta me.«Ciao» mormorai fingendomi distratta dalla disposizione dei cuscini sotto allasua gamba. L’effetto Bamby era sempre in agguato. «Iniziamo con la gambadestra?»«Sì, anche se penso che ormai sia a posto con quella. Non è vero, Josh?» distrattodal mio essere distratta ci mise un po’ a rispondere. «Josh? La gamba»«Ehm, sì Jerry, la gamba… sono a posto» il suo entusiasmo era pari a zero «mifa male la sinistra stamattina.»«Adesso gli diamo un’occhiata, dovresti cominciare a muoverti con le stampelle:perché rimandi sempre? Fra una settimana esci e...»«Una settimana?» interloquii incredula. Non ero stata capace di trattenermi.«Credevo restassi qui fino a metà mese.»«L’ho saputo stamattina dal dottor Ascot. Le lastre, la risonanza... è tutto nellanorma. Sono guarito. Ho solo bisogno di attività motoria» si stava giustificandocon me.«Logico, attività motoria» mi sentivo una perfetta idiota. «Sono davvero feliceper te.»Di sicuro, quella che avevo stampata sulla faccia, era proprio l’espressione diuna persona felice.La fisioterapia durò appena dieci minuti. Nel giro di mezz’ora, Josh, si sarebbetrasferito in palestra per continuare gli esercizi con le macchine. Potenziamentomuscolare e stretching. Si sarebbe dedicato a questo per il resto dellapermanenza in reparto. Una volta fuori, avrebbe eseguito delle sedute pressoun centro specializzato. Jerry, gli avrebbe raccomandato il nuoto.«Ci vediamo dopo allora» il mio collega, sempre più pimpante, era sempre cosìquando un paziente era prossimo a considerarsi guarito, si congedò. L’avreiseguito a ruota. «Faccio una pausa per un caffè. Ci ritroviamo alla “322” tracinque minuti.»«Okay» lesta, mi avviai anch’io alla porta. Non volevo restare da sola con lui. -Ti aspetto di là.-«Grace» purtroppo, il mio piano di fuga fallì «aspetta un attimo» miseramente.«Devo andare» risposi, il tono freddo e distaccato. «Hai sentito Jerry?»«Sta prendendo il caffè adesso, potresti sistemarmi le lenzuola, per favore?»Diedi una rapida occhiata e, in effetti, lenzuola e copriletto erano ammonticchiatiin un angolo. Mi avvicinai al letto e cominciai a darmi da fare con latrapunta, anche se sapevo che quella richiesta era solo una scusa.«Perché non mi parli?»«Al momento non ho niente da dire» risposi mantenendo gli occhi fissi su ciòche stavo facendo.«Potresti almeno guardarmi.»Ignorai la richiesta.«Gresy?» Mi prese una mano e mi costrinse a fermarmi. «Gresy, ti prego, nonfare così.»Alzai gli occhi.«Così, come?»«L’indifferente. Come se ieri notte non fosse mai accaduta»«Hai ragione, è esattamente ciò che sto facendo, perché ieri notte non è maiaccaduta.»Scattai in piedi e cercai di liberarmi dalla sua stretta. Tutto inutile. Afferrò loscollo della mia uniforme e alzò il busto, il necessario per posare la sua boccasulla mia. Il distacco, la freddezza, l’indifferenza si dissolsero come neve al sole.Non fu un bacio lunghissimo, non per questo fu meno caldo e passionale, enon per questo non lo ricambiai con trasporto.«Dillo di nuovo» mi sfidò allontanandosi da me il necessario per guardarminegli occhi.«Cosa?»«Che questo tra noi non è mai accaduto.»Mi passai la lingua sulle labbra, volevo cancellare ogni traccia del suo sapore.Fu inutile. Lui era sulla mia lingua, sul mio palato, fra i denti, nella gola, nellapancia, forse anche fra le dita dei piedi c’era una traccia di Josh.Era dentro di me, era attorno a me. Era in ogni cellula del mio corpo, era inogni alito del mio respiro. Era nel mio sangue, nella mia carne. Era nel miocuore e nella mia anima. Era nella mia vita. Lo era sempre stato. Solo che oraera chiaro come il sole.«Questo, non è mai accaduto» ripetei ostinata, forzando me stessa a ignorare isuoi occhi da cucciolo ferito.Nell’attimo stesso in cui terminai la frase, gli buttai le braccia al collo. Mi lasciaitravolgere, avvinghiandomi alla sua nuca come fosse una boa in mezzoall’oceano.Sentii le sue mani calde, erano sempre calde le sue mani, risalire lungo la nuca, ipolpastrelli massaggiarmi la cute e il respiro, conoscevo l’odore del suo respiro, solleticarmile narici. Avrei voluto che quel momento non finisse mai.Dio, quanto lo amavo.Infinitamente, perdutamente.E più il mio cervello diceva alla mia lingua di uscire dalla sua bocca, più il miocuore s’incaponiva a obbligarla ad attorcigliarsi alla sua.La lotta tra “ragione e sentimento” durò fino a quando Josh, toccò il puntonevralgico, causa del mio mal di testa, e mi riscossi da quel sogno perfetto.

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