Anche se forse non a tutti risulta evidente, è da tempo assodato che il delicato equilibrio sociale sul quale si regge la convivenza dei gruppi linguistici nella nostra provincia potrebbe venire sensibilmente alterato dal progressivo afflusso di stranieri determinati a trovare durature possibilità di vita sul territorio. Il motivo non è però qui deducibile in base alle considerazioni che vengono fatte valere quando pensiamo alla generica relazione tra persone in arrivo (provenienti da luoghi molto diversi, peraltro) e una non meglio precisata popolazione locale. Trovandoci già in un luogo abitato storicamente da più gruppi linguistici (ufficialmente riconosciuti soltanto tre) entrano infatti in gioco rapporti molto più complessi, reazioni soggette a una chimica del tutto particolare, e non tenerne conto sarebbe gravissimo.
Ecco per esempio come un sito molto attento nel seguire tali sviluppi ha commentato la recente risposta negativa di Elio Vito, Ministro per i rapporti col Parlamento, riguardo una interrogazione posta dal senatore Oskar Peterlini, secondo il quale i test di lingua previsti per il rilascio del documento Ce (da quasi un anno indispensabile a ottenere un permesso di soggiorno di lungo periodo) avrebbero dovuto svolgersi in provincia di Bolzano anche in tedesco: “In questo modo un presunto “interesse nazionale” impedirà anche in seguito un’equilibrata ed effettiva integrazione dei nuovi sudtirolesi, in quanto essi dovranno sì essere in grado di padroneggiare la lingua dello Stato, ma non il tedesco e il ladino. Ciò produce una manifesta gerarchia linguistica. Questa miseria dimostra ancora una volta come la nostra autonomia non sia in grado di garantire un sufficiente spazio di manovra persino all’interno degli ambiti che sarebbero essenziali al fine di puntellare le esigenze locali (den Südtiroler Bedürfnissen) con una legislazione all’altezza della situazione. Che lo sviluppo della società sudtirolese venga diretto in modo così determinante da Roma e che a farne le spese sia il plurilinguismo non è un problema da sottovalutare. La bomba a orologeria continua a essere innescata” (http://www.brennerbasisdemokratie.eu/?p=8504).
Personalmente non condivido il linguaggio apocalittico con il quale è stata scritta questa nota (la metafora eccessiva della “bomba a orologeria” ricorda l’altrettanto eccessiva immagine della “marcia della morte” utilizzata negli anni cinquanta dal Canonico Michael Gamper). Resta vero però che il problema specifico sussiste. Il plurilinguismo – non solo la sua tutela, quanto soprattutto il suo incremento – è il presupposto non trattabile dal quale può unicamente procedere il nostro futuro “patto di stabilità”. Anche coinvolgendo in questo tipo di progetto gli immigrati. Su questo fronte non si devono perciò rischiare cedimenti.
Corriere dell’Alto Adige, 16 luglio 2011