Sappiamo bene che il diritto la pensa diversamente, e pure io la penso diversamente. Secondo legge, la prescrizione è un «non» giudizio. In altre parole, al di là del fatto che il giudice possa anche motivare in ordine alla responsabilità penale dell’imputato, e nel contempo dichiarare la prescrizione del reato, è anche vero che quando lo Stato dichiara la prescrizione, dichiara di non essere più interessato a giudicare quella persona. E questo perché principio fondamentale vuole che l’imputato non può vivere a tempo indeterminato sotto la spada di Damocle della giustizia. Perciò la giustizia rinuncia al giudizio, e dunque quel fatto non è più considerabile penalmente rilevante.
Bene. Se questa è la verità, bisogna anche suggerire che la prescrizione è a tutti gli effetti una sanzione che la legge pone a carico della macchina della giustizia, o perché è inefficiente o perché è lenta. Nel caso di Travaglio, la giustizia si è rivelata lenta… Anzi, lentissima per un procedimento che avrebbe dovuto esaurirsi massimo in un anno. Talmente lenta che per un banale reato di diffamazione mezzo stampa (a danno di Previti), il giudice dell’appello, ha impiegato un anno per depositare la motivazione che confermava la condanna, decretando la prescrizione del reato a carico di Travaglio, per il quale il giornalista ottenne in primo grado 5 mesi e dieci giorni di reclusione, con una riduzione in appello ad appena 1000 euro di multa.
Travaglio dunque non pagherà la multa, e non andrà certamente in carcere (sarebbe stata anche un’esagerazione). Insomma, i due demoni da sempre stigmatizzati dal giornalista (in quanto strumenti che permetterebbero ai mascalzoni di scampare alle giuste manette) gli sono stati provvidenziali e d’aiuto nella sua lotta al berlusconismo, forse perché viviamo in uno Stato di diritto e non in una repubblica delle banane, come invece sovente traspare dai suoi articoli. Del resto, il primo – l’appello, da lui ritenuto uno «scontificio» – gli ha cancellato il carcere. Il secondo – la prescrizione – gli ha invece cancellato il reato. Che si vuole di più dalla vita?
Intanto, anche l’esempio fulgido di Travaglio evidenzia un fatto incontestabile. La nostra giustizia è una macchina inefficiente, ed è lasciata troppo spesso al pieno arbitrio del magistrato di turno. Il quale nel caso del processo a carico di Travaglio, ha chiesto – come prescrive la legge – un tempo predeterminato per motivare la sentenza di condanna, e cioè sessanta giorni. Il problema è che egli ha inspiegabilmente e illogicamente disatteso anche questo tempo, provvedendo alla motivazione ben oltre i novanta giorni massimi previsti dal codice; e cioè in un anno. Determinando così la prescrizione del reato anzidetto. E allora mi chiedo: chi pagherà questa lentezza? Ovviamente nessuno. E ancora: dove sta in questo esempio (che non è l’unico né è isolato) il diritto della persona lesa? Quel diritto che proprio persone come Travaglio, Di Pietro e compagnia cantante denunciano come danneggiato davanti alle ipotesi di lodo Alfano, processo breve e legittimo impedimento? Dove sta? È una domanda che sarebbe interessante porre al giornalista, ai suoi amici e persino ai magistrati troppo riflessivi.
Autore: Il Jester » Articoli 1379 | Commenti: 2235
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Tags: condanna travaglio prescritta, diffamazione stampa, Marco Travaglio, prescrizione, previti, reato diffamazione, Travaglio Potrebbero interessarti anche:-
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free
finalmente ci ha pensato la nemesi…. Chi di spada colpisce….
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Il Jester
Certo che lo vorrei proprio vedere facendo 7 puntate sulla sua prescrizione…
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