Miseria e dolore infinito accompagnavano il tetro corteo del capitalismo sia nei villaggi del Caucaso, nelle capanne del Turkestan, che nelle desolate contrade della campagna finno-lappone. Il governo zarista non mancava di procedere alla fucilazione degli esponenti della popolazione locale nel caso di resistenza alla sua autorità. Decine di fiorenti villaggi montani furono ridotti a cumuli di rovine e mucchi di cenere. Il fumo provocato dagli incendi riempiva le gole dei monti. S’abbattevano boschi, venivano rasi al suolo villaggi, venivano calpestate le seminagioni, venivano saccheggiate le proprietà dei montanari per ripagarli d’aver osato difendere la propria terra. Le terre tolte agli indigeni venivano assegnate agli ufficiali russi, ai possidenti ed ai Kulaki. Migliaia di case padronali venivano depredate per arricchire le magioni dei Basc’Kiri sille rive del Volga; nel Caucaso, in Crimea, nell’Asia Centrale sorgevano nuove splendide tenute di proprietà dello zar e dei granduchi. Questa nuova ”riforma agricola” nelle provincie assoggettate contemplava l’istituzione della servitù della gleba. Pietro I l’instaurò nella zona pre-Baltica, Caterina II in Ucraina, Nicola I la rafforzò nel Caucaso. Dietro ai generali russi ed alle gerarchie militari muovevano i possidenti russi, s’accodavano gli industriali ed i mercanti. Le nuove provincie si affollavano di soldati, di gendarmi, d’impiegati. Assieme a loro si faceva avanti il prete ortodosso che consacrava con la croce il diritto dell’oro e della baionetta. La violenza militare ed il banditismo venivano sostituiti da un’oppressione economica ancora peggiore. Le provincie acquistate si trasformarono in colonie del capitalismo e divennero le principali fornitrici di materie prime e di combustibile per i bisogni della crescente potenza industriale della Russia. La Russia zarista era stata definita da Lenin:”Prigione dei popoli”.
P E R Q U E S T O N A C Q U E L E N I N
Conobbi un operaio.
Analfabeta.
Non masticava
neppure il sale dell’alfabeto.
Ma egli aveva sentito
parlare Lenin,
ed egli
sapeva tutto!
Ascoltai
il racconto
di un contadino della Siberia.
Espropriarono,
difesero con le baionette,
e, come un paradiso,
si divisero il villaggio.
Essi non avevano letto
e ascoltato Lenin,
ma erano
dei leninisti.
Vidi montagne:
su esse non cresce neppure un arbusto.
Soltanto
le nuvole
cadevano
sulle rocce.
Ed a cento verste,
sull’unico colle,
i cenci
luccicavano
del simbolo di Lenin.
Dicono:
questi sono ornamenti.
Le ragazze
li mettono
per civetteria.
Non è uno spillo infisso
con quel distintivo
il cuore brucia la camicia,
pieno d’amor per Ilic.
Ciò
non si può
spiegare con gli uncini
della teologia slava,
e non è dio
che a lui
ordinò : - sii l’eletto!
Con passo umano,
con braccia operaie,
con la propria testa
egli percorse
questo cammino.
-VLADIMIR MAJAKOVSKIJ-