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Prima che arrivi l’8 marzo…

Creato il 07 marzo 2012 da Abattoir

mercoledì 7 marzo 2012 di

Prima che arrivi l’8 marzo…

Foto di Andrea Ventura

Testo di Laura Brida

Prima che arrivi l’8 marzo, accompagnato dalla solita serie di pronunciamenti sull’esegesi mitologica dell’occorrenza, vorrei condividere con voi lo strazio che provo nel constatare giorno per giorno il basso livello morale ed etico di noi italiani.

Della corruttela che accomuna la nostra classe politica e quella dirigente se ne parla spesso.

Del libertinaggio sguaiato della nostra “upper class” se ne parla sogghignando, anche perché quando il potere mostra qualche debolezza carnascialesca incute meno timore.

Un silenzio spietato cala invece quando si accenna al basso livello di moralità di tutti noi italiani.

La parola “moralità” è irritante, il primo impulso è quello di allontanarsi infastiditi, come se questo lemma fosse ormai imbastardito dall’uso eccessivo.

Leggo da Wikipedia il significato della parola “morale”:

Il termine morale in funzione di sostantivo deriva dal latino moràlia ed ha significato quasi coincidente ad etica, oppure è essa stessa interpretata come oggetto dell’etica. In questo caso la morale rappresenta la condotta diretta da norme, la guida secondo la quale l’uomo agisce.

Il termine morale fa riferimento al greco εθος/ήθος, “èthos”, comportamento, costume, carattere, consuetudine. Da ήθος in funzione di aggettivo viene ηθικος che acquista anche il significato di principi delle caratteristiche della condotta umana che influiscono sulla collettività (ovvero moralis in latino). Il termine morale, quindi, assurge a valore di ciò che è attinente alla dottrina etica, oppure significa ciò che è attinente alla condotta e quindi suscettibile di valutazione e quindi di giudizio.

Quindi agire con moralità significa comportarsi secondo norme, costumi, consuetudini. Qual è quindi il livello di queste norme, costumi e consuetudini adottate da noi italiani?

Ormai siamo assuefatti all’atteggiamento di chi prova fastidio verso il povero e non verso la povertà, di chi prova insofferenza verso l’emarginato e non verso l’emarginazione, ma tra di noi cosiddetti “normali” come siamo messi?

Quali sono i nostri rapporti? Che qualità hanno?

Che relazione abbiamo con i nostri familiari, i nostri figli e i nostri partner?

Il nostro rapporto di coppia quanto è maturo? Quanto è fragile il nostro compagno o la nostra compagna? Quanto i suoi comportamenti più malati sono sollecitati dalla nostra cultura?

In Italia, gelosia e desiderio di controllo sono considerati quasi sinonimi di “amore passionale”, si stenta a comprendere che queste due pulsioni sono segnali di devianza e di malessere psichico. Difficilmente, chi prova questi impulsi riesce a mettersi in discussione, perché considerati “normali” nella nostra cultura.

Queste nostre anomalie culturali vengono spesso utilizzate per tratteggiare “simpaticamente” il carattere della nostra cultura “latina” e questo aiuta a sottovalutare il problema.

Qui torno all’otto marzo e al suo significato profondo. Molti dicono che è una festività obsoleta, ma forse non sanno quello che pochi osano riconoscere; nascere donna in Italia vuol dire nascere con un deficit conclamato.

Oltre alle svariate limitazioni imposte dalla società esterna alla famiglia (lavoro, studio, etc.), c’è un dato che colpisce come un pugno allo stomaco: in Italia la prima causa di morte per le donne tra i 16 e i 44 anni è l’omicidio, il fenomeno è così massiccio da meritarsi il neologismo “femminicidio”, nato in Messico in seguito ad alcune stragi di donne.

Ogni tre giorni una donna in Italia viene uccisa per mano del proprio partner.

Gli esperti dicono che il fenomeno è in preoccupante crescita.

Per avere tutti i dati, vi invito a leggere una pubblicazione molto interessante:

http://www.casadonne.it/cms/images/pdf/pubblicazioni/materiali/femminicidio_2010.pdf

Vi lascio con quest’ultima domanda: cosa possiamo fare per migliorare il livello morale di questa nostra nazione?

Buon 8 marzo a tutti/e.

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