La Primavera Araba non ha avuto gli stessi esiti in tutti gli Stati.
Se in Egitto, seppur tra qualche perplessità, sembra essersi riuscita ad affermare una voglia di cambiamento, la situazione è ben diversa in Qatar, per il quale Giampaolo Tarantino, su Limes, ha parlato di una vera e propria riscossa sunnita.
A farne le spese, ovviamente, è chi, in quella rivoluzione, ha creduto.
È di qualche mese fa la notizia della condanna a quindici anni di carcere del poeta Muhammad al-Ajami, per «attentato a simboli dello Stato e incitamento a sovvertire il potere». Qual è la sua colpa? Le cause non sono state rese note in via ufficiale: l’arresto e i due processi (conclusisi rispettivamente con una condanna all’ergastolo, il primo, e a quindici anni il secondo) si sono svolti nella più totale segretezza. Secondo altri attivisti del Qatar, le ragioni potrebbero essere riconducibili al Poema del gelsomino, scritto nel 2010 e nel quale al-Ajami critica aspramente l'Emiro del Qatar e le azioni di repressione in atto nei Paesi arabi:
«Siamo tutti la Tunisia di fronte all'élite repressiva».
Ieri, Amnesty International, ha lanciato un appello per richiedere la liberazione di Muhammad al-Ajami, in carcere già dal 2011.
Come nel caso dello scrittore azero Akram Aylisli, la cui storia abbiamo raccontato qualche giorno fa, Sul Romanzo invita i propri lettori, gli scrittori, gli intellettuali e i cittadini italiani a fare propria la causa di Muhammad al-Ajami, firmando l'appello di Amnesty International.
Che la letteratura sia difesa a oltranza.
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